"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 15 aprile 2016

Lalinguabatte. 18 “Referendum: votare per contare”.



Vado in questi giorni in ansiosa ricerca sul web – per argomentarmi - dello “sdottorare” di personalità varie diversamente acculturate. C’è chi “sdottora” azzeccagarbugliando l’inutile e l’inverosimile; c’è chi “sdottora” filosofeggiando alla grande. È tutto un pullulare di geni ed ingenui incompresi. Tema dello “sdottorare” di quei taluni è l’equipollenza del non voto con la più corretta espressione di un “Si” o di un “No”. “Sdottorano” non tenendo conto che in tal modo si assimilano ai tanti, tantissimi manutengoli che abitano le ridenti contrade del bel paese. Ha scritto Marco Travaglio in “Votare per contare” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri 14 di aprile: Anche se non si raggiungerà il quorum, sarà la migliore risposta di milioni di cittadini che non si rassegnano all’impotenza e vogliono conservare sovranità e dignità. È questo il punto: “sovranità e dignità”. Che danno la “misura” giusta dell’essere parte di una cittadinanza attenta e consapevole. Il rifiuto, da cittadini consapevoli, di quelle esortazioni alla “fuga” dalle proprie responsabilità e dal confronto dialettico che tanto hanno fatto inorridire – oggi lo si è capito, falsamente – i più ai tempi del latitante di Hammamet o nel ventennio, che ancora perdura, dell’uomo di Arcore. Detto ciò faccio il punto. Non ho la competenza per “sdottorare” azzeccagarbugliando il più ed il meno; non ho la competenza per “sdottorare” filosofeggiando sui massimi sistemi. Mi sento un cittadino partecipe e consapevole dei propri limiti, ma che ambisce a rimanere padrone assoluto del proprio destino. È come tale, allora, che le “sussurrate” dei “consigliori” di turno mi scandalizzano. Poiché quella “fuga” indecorosa consigliata nel confronto tra due schieramenti che sostengano tesi opposte su di un argomento relativo al bene comune è scandalosamente la negazione di qualsivoglia forma democratica di partecipazione. È che la partecipazione nell’Italia del “cambiareverso” è divenuta di fatto un fenomeno da contenere se non da combattere, poiché la partecipazione fa venire idee e fa sorgere inquietanti interrogativi.
C’è uno schieramento del “Si” e c’è uno schieramento del “No”. È tra queste due alternative che va giocata la partita. Tutte le fumisterie addotte dagli “sdottorandi” della circostanza è un invito al disimpegno civico e politico laddove si voglia fare intendere che in “fuga” dalle proprie responsabilità si abbia in egual misura l’opportunità d’esprimere un “si” o un “no” – nel caso, un’equipollenza ad un “no” vergognosamente negato e non espresso - che concorrano a dare corpo e credibilità alla vita democratica del Paese. Ma non è così. Chi in questi giorni “sdottoreggia” azzeccagarbugliando o filosofeggiando come la “casalinga di Voghera” – Arbasino docet - lo fa con un cabotaggio – mi verrebbe da dire meglio “carotaggio”, in considerazione della “quaestio” – di cortissimo raggio, facendo finta di non vedere, non sapere e di non sentire di come la forza del capitale in tutte le sue strutturazioni tenda a devastare, con un’autentica azione di rapina, risorse naturali ed ambientali. Si è detto in questi giorni che delle innumerevoli trivelle che operano nei nostri mari tantissime sono di fatto inoperanti e che un prolungamento delle concessioni consentirebbe ai padroni di esse di evitare le costosissime opere di bonifica che sono di fatto necessarie al termine delle attività di estrazione. È questo atteggiamento d’indifferenza degli “sdottoreggianti” d’oggi che preoccupa ed irrita. Come se essi non fossero consapevoli, e non vedessero, e non sentissero le scandalose vicende politiche nell’Italia che “cambiaverso” e scegliessero deliberatamente di non pronunciarsi con un “Si” o con un “No” ma scegliessero di non parlare, come la terza delle famose “scimmiette”, per timore di disturbare i manovratori della politica, riducendosi di fatto a manutengoli degli stessi. Sono convinto che i “padri”costituenti abbiano pensato al referendum per i tanti come me che non “sdottorano” “azzeccagarbugliando” e “filosofeggiando”, ma per tutte quelle persone consapevoli che ambiscano a partecipare alla dialettica collettiva argomentando la loro partecipazione con un “Si” o con un “No”, per l’appunto, e disdegnando la fuga dalle proprie responsabilità di cittadini. Ha scritto Marco Travaglio nel rimanente del Suo “pezzo”: (…). A parte la bizzarria di un premier che invita i cittadini a disertare le urne del referendum sulle trivelle (commettendo fra l’altro un reato) e poi si meraviglia se le opposizioni disertano l’aula, va detto che lì il voto era ormai scontato e inutile: la legge non consente di emendare un testo costituzionale nelle ultime due letture, ma solo di approvarlo o di respingerlo in blocco, e a Montecitorio la maggioranza è blindata anche senza il soccorso verdino. Dunque le opposizioni hanno voluto plasticamente mostrare che la Costituzione viene riscritta da una sola parte contro le altre, tradendo lo spirito dell’Assemblea Costituente che riuscì miracolosamente a fondere insieme culture politicamente contrapposte: cattolica, liberale, repubblican-azionista, socialista e comunista. È questo che ha irritato il premier, insieme al fatto di non poter fare il gesto dell’ombrello (i soliti tweet contro gufi e professoroni) alle opposizioni dopo averle battute. Come se fosse una partita di calcetto fra lui e il resto del mondo. Il diritto-dovere di votare non gl’interessa. Anzi, la campagna di sabotaggio del referendum la dice lunga sulla sua concezione della democrazia. Oltre al merito della vicenda (le concessioni alla lobby petrolifera, una delle tante che tengono in pugno il governo), c’è un intento didattico, pedagogico: delegittimare il voto per disabituare gli elettori a recarsi alle urne, in vista delle amministrative, del referendum costituzionale e delle politiche. I partiti strutturati, soprattutto il Pd che è l’unico rimasto in piedi (il centrodestra è polverizzato senza leadership né strategie), hanno capito che l’unico modo per restare abbarbicati alla poltrona mentre intorno tutto crolla è quello di scoraggiare il voto di opinione: quello libero e fluttuante dei cittadini che vanno ai seggi per punire o per premiare, di volta in volta, chi se lo merita. Ben sapendo che, per pochi che siano, a chi detiene il potere in sede nazionale e locale non mancheranno mai i voti controllati, comprati, scambiati: quelli di chi deve qualcosa a qualcuno. (…). Se riesce l’audace colpo dei soliti noti, alle urne andranno solo i portatori di interessi, che ovviamente si terranno ben stretto chi detiene il potere. Invece le forze di opposizione – screditate dalla stampa al seguito come populiste, antipolitiche, gufe e pericolose – si nutrono inevitabilmente di voti di opinione, disinteressati ai favori del governo: l’unico sistema per prosciugarne il bacino elettorale è convincere questa gente che “non c’è alternativa”, votare è inutile, tanto non muterà mai nulla, l’Europa non permetterà un cambio di regime, dunque tanto vale starsene a casa a mugugnare. Il tutto per abituarci al radioso futuro che ci riservano l’Italicum e il nuovo Senato, ennesime riprove del fatto che votare non serve: tanto alla Camera, per i 2/3, andranno deputati nominati dai capipartito col trucco dei capilista bloccati, e al Senato sindaci e consiglieri nominati dai consigli regionali. Un Parlamento ridotto ad aula sorda e grigia, anzi a bivacco di manipoli. Infatti la parola d’ordine è una sola, categorica e impegnativa per tutti: convincere gli elettori a pensare che non contano più niente e a non votare, così davvero non conteranno più niente. Non è un caso se domenica i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera, della Consulta andranno doverosamente a votare al referendum sulle trivelle, mentre il presidente del Consiglio incredibilmente starà a casa o andrà al mare come Craxi. Per questo tutti i cittadini liberi che vogliono contare devono andare alle urne (noi siamo per il Sì, ma l’importante è votare). (…).

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