Da “L'abdicazione
della politica” di Ezio Mauro, sul quotidiano la Repubblica del 12 di
aprile 2016: (…). Il referendum non è un disturbo, nel nobile procedere del cammino
legislativo sovrano. È un'articolazione di quel potere, un suo completamento
altrettanto nobile e legittimo e una sua integrazione attraverso la fonte
popolare diretta, voluta dalla Costituzione proprio per consentire all'elettore
di non essere soltanto un "designatore" ma di poter esercitare (oltre
alla scelta dei suoi rappresentanti) lo ius activae civitatis, cioè il diritto
di intervenire con la sua opinione su un tema controverso e dibattuto che
riguarda la soddisfazione di un interesse pubblico. (…). Il potere dunque deve
imparare, settant'anni dopo, che il "buon cittadino" è tale quando va
alle urne per scegliere tra le proposte concorrenziali dei diversi partiti e
dei loro rappresentanti (se possibile non con liste bloccate), ma anche quando
usa la scheda referendaria per controllare-correggere-abrogare una scelta delle
Camere, nel presupposto che esista un forte interesse popolare alla
ri-discussione di quel tema e di quella legge: interesse certificato dalla
soglia dei 500 mila elettori o dei 5 consigli regionali necessaria per chiedere
il referendum, insieme con l'intervento di una minoranza parlamentare pari a un
quinto.
La democrazia che ci siamo scelti si basa dunque sulla compresenza
delle due potestà, diversamente regolate, concorrenti e tuttavia coerenti nel
disegno costituzionale così com'è stato concepito. Non c'è dubbio (e da qui
nascono ogni volta le riserve dei governi e dei capi-partito) che il referendum
porta in sé (…) il principio di contraddizione democratica. Anzi i suoi critici
condannano questa potestà suprema ma saltuaria, intermittente, il carattere
occasionale e fluttuante delle maggioranze che ogni volta si formano nell'urna,
la riduzione della politica ad una logica binaria tra il sì e il no, la
semplificazione e la radicalità del contendere, la parzialità della consultazione,
la disomogeneità territoriale nella sensibilità ai problemi che stanno alla
base del quesito referendario, la mobilitazione in negativo che deriva
necessariamente dal voto per abrogare. Ma al centro di tutto sta la questione
fondamentale che si trovò davanti la Costituente e che rimane viva, vale a dire
la tensione tra gli istituti di democrazia diretta e i loro titolari (i
cittadini) e gli istituti che derivano dalla democrazia rappresentativa, cioè
le Camere, il governo, i partiti costituiti in legittima maggioranza con la
responsabilità dell'esecutivo da un lato, e di guidare il processo legislativo
dall'altro. La risposta su questo punto non può che essere radicale, assumendo
l'obiezione per rovesciarla in nome delle ragioni in base alle quali l'istituto
referendario è entrato nell'ordinamento costituzionale: il referendum è
programmaticamente - si potrebbe dire istituzionalmente - un elemento di
disarmonia regolata e intenzionale del sistema, a controllo di se stesso. (…). Non
si tratta di contrapporre popolo e Parlamento, rappresentanti e rappresentati.
Ma di conservare coscienza di una costruzione del meccanismo democratico che
prevede una funzione di controllo e di correzione dell'intervento legislativo
sottoposta a specifiche condizioni e tuttavia costituzionalmente autorizzata,
con il beneficio democratico di un occasionale trasferimento controllato di
potere tra governati e governanti e con l'articolazione della competizione
politica in forme diverse dalle elezioni generali: per temi specifici invece
che su programmi generali, con l'intervento esplicito di gruppi di interesse e
di pressione e di movimenti più che di partiti. Potremmo parlare di
un'integrazione dell'offerta politica e dei processi decisionali, che in tempi
di disaffezione non è poco. (…). Invitare a non votare è un'abdicazione della
politica, come se non credesse in se stessa. Anche perché l'astensionismo
invocato oggi rischia da domani di diventare la malattia senile di democrazie
esauste, appagate dalla loro vacuità, incapaci di essere all'altezza delle
premesse su cui sono nate.
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