Vado in questi giorni in ansiosa ricerca sul web –
per argomentarmi - dello “sdottorare” di personalità varie diversamente
acculturate. C’è chi “sdottora” azzeccagarbugliando l’inutile e l’inverosimile;
c’è chi “sdottora” filosofeggiando alla grande. È tutto un pullulare di geni ed
ingenui incompresi. Tema dello “sdottorare” di quei taluni è l’equipollenza del
non voto con la più corretta espressione di un “Si” o di un “No”. “Sdottorano”
non tenendo conto che in tal modo si assimilano ai tanti, tantissimi
manutengoli che abitano le ridenti contrade del bel paese. Ha scritto Marco
Travaglio in “Votare per contare” pubblicato
su “il Fatto Quotidiano” di ieri 14 di aprile: Anche se non si raggiungerà il
quorum, sarà la migliore risposta di milioni di cittadini che non si rassegnano
all’impotenza e vogliono conservare sovranità e dignità. È questo il
punto: “sovranità e dignità”. Che danno la “misura” giusta dell’essere
parte di una cittadinanza attenta e consapevole. Il rifiuto, da cittadini
consapevoli, di quelle esortazioni alla “fuga” dalle proprie responsabilità e
dal confronto dialettico che tanto hanno fatto inorridire – oggi lo si è
capito, falsamente – i più ai tempi del latitante di Hammamet o nel ventennio,
che ancora perdura, dell’uomo di Arcore. Detto ciò faccio il punto. Non ho la
competenza per “sdottorare” azzeccagarbugliando il più ed il meno; non ho la
competenza per “sdottorare” filosofeggiando sui massimi sistemi. Mi sento un
cittadino partecipe e consapevole dei propri limiti, ma che ambisce a rimanere
padrone assoluto del proprio destino. È come tale, allora, che le “sussurrate”
dei “consigliori” di turno mi scandalizzano. Poiché quella “fuga” indecorosa consigliata
nel confronto tra due schieramenti che sostengano tesi opposte su di un
argomento relativo al bene comune è scandalosamente la negazione di
qualsivoglia forma democratica di partecipazione. È che la partecipazione nell’Italia
del “cambiareverso” è divenuta di fatto un fenomeno da contenere se non da
combattere, poiché la partecipazione fa venire idee e fa sorgere inquietanti interrogativi.
C’è uno schieramento del “Si” e c’è
uno schieramento del “No”. È tra
queste due alternative che va giocata la partita. Tutte le fumisterie addotte
dagli “sdottorandi” della circostanza è un invito al disimpegno civico e
politico laddove si voglia fare intendere che in “fuga” dalle proprie
responsabilità si abbia in egual misura l’opportunità d’esprimere un “si” o un “no”
– nel caso, un’equipollenza ad un “no” vergognosamente negato e non espresso - che
concorrano a dare corpo e credibilità alla vita democratica del Paese. Ma non è
così. Chi in questi giorni “sdottoreggia” azzeccagarbugliando o filosofeggiando
come la “casalinga di Voghera” – Arbasino docet - lo fa con un
cabotaggio – mi verrebbe da dire meglio “carotaggio”, in considerazione della “quaestio”
– di cortissimo raggio, facendo finta di non vedere, non sapere e di non
sentire di come la forza del capitale in tutte le sue strutturazioni tenda a
devastare, con un’autentica azione di rapina, risorse naturali ed ambientali. Si
è detto in questi giorni che delle innumerevoli trivelle che operano nei nostri
mari tantissime sono di fatto inoperanti e che un prolungamento delle concessioni
consentirebbe ai padroni di esse di evitare le costosissime opere di bonifica
che sono di fatto necessarie al termine delle attività di estrazione. È questo
atteggiamento d’indifferenza degli “sdottoreggianti” d’oggi che preoccupa ed
irrita. Come se essi non fossero consapevoli, e non vedessero, e non sentissero
le scandalose vicende politiche nell’Italia che “cambiaverso” e scegliessero deliberatamente
di non pronunciarsi con un “Si” o
con un “No” ma scegliessero di non
parlare, come la terza delle famose “scimmiette”, per timore di disturbare i manovratori
della politica, riducendosi di fatto a manutengoli degli stessi. Sono convinto
che i “padri”costituenti abbiano pensato al referendum per i tanti come me che
non “sdottorano” “azzeccagarbugliando” e “filosofeggiando”, ma per tutte quelle
persone consapevoli che ambiscano a partecipare alla dialettica collettiva
argomentando la loro partecipazione con un “Si”
o con un “No”, per l’appunto, e disdegnando
la fuga dalle proprie responsabilità di cittadini. Ha scritto Marco Travaglio
nel rimanente del Suo “pezzo”: (…). A parte la bizzarria di un premier che
invita i cittadini a disertare le urne del referendum sulle trivelle
(commettendo fra l’altro un reato) e poi si meraviglia se le opposizioni
disertano l’aula, va detto che lì il voto era ormai scontato e inutile: la
legge non consente di emendare un testo costituzionale nelle ultime due
letture, ma solo di approvarlo o di respingerlo in blocco, e a Montecitorio la
maggioranza è blindata anche senza il soccorso verdino. Dunque le opposizioni
hanno voluto plasticamente mostrare che la Costituzione viene riscritta da una
sola parte contro le altre, tradendo lo spirito dell’Assemblea Costituente che
riuscì miracolosamente a fondere insieme culture politicamente contrapposte:
cattolica, liberale, repubblican-azionista, socialista e comunista. È questo
che ha irritato il premier, insieme al fatto di non poter fare il gesto
dell’ombrello (i soliti tweet contro gufi e professoroni) alle opposizioni dopo
averle battute. Come se fosse una partita di calcetto fra lui e il resto del
mondo. Il diritto-dovere di votare non gl’interessa. Anzi, la campagna di
sabotaggio del referendum la dice lunga sulla sua concezione della democrazia.
Oltre al merito della vicenda (le concessioni alla lobby petrolifera, una delle
tante che tengono in pugno il governo), c’è un intento didattico, pedagogico:
delegittimare il voto per disabituare gli elettori a recarsi alle urne, in
vista delle amministrative, del referendum costituzionale e delle politiche. I
partiti strutturati, soprattutto il Pd che è l’unico rimasto in piedi (il centrodestra
è polverizzato senza leadership né strategie), hanno capito che l’unico modo
per restare abbarbicati alla poltrona mentre intorno tutto crolla è quello di
scoraggiare il voto di opinione: quello libero e fluttuante dei cittadini che
vanno ai seggi per punire o per premiare, di volta in volta, chi se lo merita.
Ben sapendo che, per pochi che siano, a chi detiene il potere in sede nazionale
e locale non mancheranno mai i voti controllati, comprati, scambiati: quelli di
chi deve qualcosa a qualcuno. (…). Se riesce l’audace colpo dei soliti noti,
alle urne andranno solo i portatori di interessi, che ovviamente si terranno
ben stretto chi detiene il potere. Invece le forze di opposizione – screditate
dalla stampa al seguito come populiste, antipolitiche, gufe e pericolose – si
nutrono inevitabilmente di voti di opinione, disinteressati ai favori del
governo: l’unico sistema per prosciugarne il bacino elettorale è convincere
questa gente che “non c’è alternativa”, votare è inutile, tanto non muterà mai
nulla, l’Europa non permetterà un cambio di regime, dunque tanto vale starsene
a casa a mugugnare. Il tutto per abituarci al radioso futuro che ci riservano
l’Italicum e il nuovo Senato, ennesime riprove del fatto che votare non serve:
tanto alla Camera, per i 2/3, andranno deputati nominati dai capipartito col
trucco dei capilista bloccati, e al Senato sindaci e consiglieri nominati dai
consigli regionali. Un Parlamento ridotto ad aula sorda e grigia, anzi a
bivacco di manipoli. Infatti la parola d’ordine è una sola, categorica e
impegnativa per tutti: convincere gli elettori a pensare che non contano più
niente e a non votare, così davvero non conteranno più niente. Non è un caso se
domenica i presidenti della Repubblica, del Senato, della Camera, della
Consulta andranno doverosamente a votare al referendum sulle trivelle, mentre
il presidente del Consiglio incredibilmente starà a casa o andrà al mare come
Craxi. Per questo tutti i cittadini liberi che vogliono contare devono andare
alle urne (noi siamo per il Sì, ma l’importante è votare). (…).
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