“L’imprevedibilità del male”, titolo della intervista di Michele Neri al politologo e filosofo Roger Berkowitz pubblicata sul settimanale “d” del quotidiano “la Repubblica” del 25 di gennaio 2025: È impegnativo mettersi nei panni di uno storico del 2100 che voglia descrivere la società del 2025. Tra fake news, immagini, video, identità e corpi contraffatti, che una tecnologia scatenata rende sempre più difficili da riconoscere come finzione, chi avrà a disposizione l'infinito archivio di documenti relativi al nostro presente dovrà forse rinunciare alle categorie di vero e falso. Le conseguenze future non sono prevedibili, ma gli effetti che hanno su di noi le bugie digitalmente ottimizzate, sì. In gioco non è soltanto la nostra vita di consumatori - per cui non ci accorgiamo (e forse non c'interessa più) se un cantante sia umano o creato dall'intelligenza artificiale - o di seduttori: a chattare con noi sui siti d'incontri è un altro in carne e ossa o un doppio artificiale? La falsificazione della realtà incide sulla vita democratica, a partire dalle campagne elettorali affidate ai bot, vere macchine di disinformazione. Il consumo di contenuti online triviali (spesso frutto di contraffazione) ha come conseguenza quel "marciume cerebrale" che, nella versione anglosassone brain rot, è diventata la parola del 2024 per l'Oxford English Dictionary. Ma l'effetto più pericoloso l'aveva già descritto cinquant'anni fa la storica e politologa tedesca Hannah Arendt: in un mondo in cui il falso prolifera, il rischio non è tanto che le persone credano alle bugie, ma perdano la fiducia nell'esistenza della verità. È illuminante e anche confortante rileggere oggi il suo pensiero e nessuno è più titolato a farlo del politologo e filosofo Roger Berkowitz, fondatore e direttore dell'Hannah Arendt Center for Politics and Humanities presso il Bard College nello Stato di New York.
Cosa possiamo imparare dalle parole di Haonah Arendt? «Lei sosteneva che si può vivere senza giustizia, ma non senza verità. Premessa del saggio Verità e politica è che la verità di cui abbiamo bisogno è quella che scopriamo al di fuori della politica; ed è fondamentale perché assicura l'esistenza di una realtà condivisibile. Se ora noi due possiamo dialogare è perché vediamo il mondo nello stesso modo: è questa comunanza a permetterci di avere una terra su cui camminare e un cielo sopra le nostre teste. Garanti di verità non sono le istituzioni politiche, ma legge, scienza, filosofia, giornalismo... Il problema nasce quando politicizziamo queste istituzioni, allora non soltanto la politica diventa opinione ma anche la legge, la medicina, la storia. Così non condividiamo più terra e cielo e la vita insieme diventa impossibile».
Perché? «Perché capitano due cose. I politici sostengono di parlare la lingua della verità: è assolutamente vero che dobbiamo guidare auto elettriche, oppure sono inutili; viva le atomiche, no dobbiamo liberarcene; è fondamentale aiutare l'Ucraina, anzi no... Le presentano come verità ma sono opinioni. Dall'altra parte, gli scienziati cominciano a dire: poiché vi abbiamo dimostrato che la terra si sta scaldando, dobbiamo fare questo e quello... Pensando che la verità scientifica porti all'azione, smettono di essere portatori di verità».
Lei ha criticato le citazioni approssimative di Arendt che abbondano sui social. Semplificare i contenuti perché siano digeribili è un motivo della proliferazione del falso? «Semplificare è propaganda: non ha niente a che vedere con ciò su cui Hannah Arendt insisteva e cioè che le persone dovessero iniziare a pensare, l'opposto di fidarsi ciecamente. È leggendo libri, e non citazioni manipolate, che puoi elevarti oltre i pregiudizi. Lo stesso avviene oggi con il pensiero scientifico che diffonde dati e numeri alterati - perfino sul clima - perché il messaggio sia più persuasivo. Modificare il sapere in iniziativa politica rende la gente scettica di fronte a ogni tentativo di affermare la verità».
La fruizione costante di immagini incide sulla capacità di distinguere le bugie? «La tecnologia non è la causa, ma il sintomo. Il problema, e anche di questo aveva già scritto Hannah Arendt, è che un numero sempre più grande di persone vive sola e ha perso ogni senso di religione, casa e scopo nella propria esistenza e ha quindi bisogno delle verità proposte dall'ideologia più semplice. La propaganda offre questa narrativa elementare. Le foto sono sempre state giudicate più efficaci della parola scritta, crediamo di più alla loro veridicità. Con immagini e video falsificati dall'Ai, le persone diventeranno più ciniche su quel poco che re-sta del mondo in comune».
Cosa si può fare? «Non credo che la soluzione arrivi dalla tecnologia, con una AI buona che ci difenda da quella cattiva segnalando i contenuti falsi. Occorre dare un senso alla vita delle persone che ora sono spaventate; farle sentire parte di una comunità, così che rifiutino di credere alla narrativa fake».
Siamo entrati nell'era Trump 2. Che effetti potrebbe avere? «Trump ha vinto perché è visto come più vero dell'establishment. Ripete bugie su bugie, propagande senza verità; nessuno si fida più della politica tradizionale e il fatto che Biden abbia perdonato il figlio non migliorerà le cose. Il pubblico da tempo non crede alle verità dei politici come di scienziati o climatologi: se ha scelto Trump è perché, anche se esprime idee assurde e razziste, lui ci crede davvero. Gli altri dicono soltanto ciò che credono di dover affermare. Con il suo essere un borioso negazionista della realtà, Trump smaschera il modo in cui l'establishment ha negato la verità».
Con quali conseguenze per gli Stati Uniti? «Stiamo creando un Paese basato su bugie contrapposte: il pericolo è che si solidifichino in due blocchi che portino alla guerra civile».
Cosa pensa di brain rot come parola dell'anno? «Non viviamo nell'epoca del brain rot da quando c'è Instagrarn, ma da 150 anni, con la propaganda e le ideologie»
Riusciranno gli storici del 2100 a risalire alla verità su di noi? «Esistono verità diverse Quella logica resisterà: due più due farà quattro. Anche quella morale, credo: meglio seminare il bene del male. È quella fattuale a essere in crisi: le nostre azioni, i vestiti o il colore dei capelli sarà cambiato dall'intelligenza artificiale che metterà in rete mille versioni che confonderanno gli osservatori Anche qui ci sostiene il pensiero di Arendt; nel 1949 parlò dell'esistenza di vuoti di oblio, dove i fatti precipitano per essere cancellati pe sempre. Si riferiva ai campi di concentramento. Ma nel 1963, dopo le testimonianze al processo di Eichmann cambiò idea: disse che i vuoti d'oblio non esistono; per quanto potere hai, non potrai cancellare i fatti, perché nel mondo ci sarà sempre una persona per raccontare la storia. Anche se ce la mettono tutta, non cancelleranno un fatto importante del presente».
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