Rientrando dalla conferenza di Monaco, che concedeva alla Germania nazista l’occupazione della regione cecoslovacca dei Sudeti, il premier francese Edouard Daladier fu accolto come un vincitore del Tour de France. «Les cons!» (c...oni), mormorò di questo pubblico esultante che vedeva scongiurata la guerra (che invece fu solo rinviata di un anno). Ovazioni – come ai tempi della vittoria di Wellington su Napoleone – anche in Inghilterra per Neville Chamberlain, il politico dell’appeasement, contrario a «trasformare il proprio ombrello in una spada». Il treno del Duce, dal Brennero a Roma, fu accompagnato dalle grida «Pace! Pace!»; donne inginocchiate mostrava noi neonati in fasce; un trionfo, come alla proclamazione dell’Impero – ma l’universo mentale di Mussolini si stava restringendo, perché «la dittatura calcifica le arterie», commenta il nostro Accademico di Francia Maurizio Serra (…). A Monaco, la delegazione italiana era stata ospitata, il 29 settembre 1938, nel palazzo del Kronprinz di Baviera, Chamberlain e Daladier – arrivati separatamente («non c’era bisogno di concordare la resa») – in alberghi a cinque stelle. L’organizzazione tedesca si era rivelata, inaspettatamente, caotica, e la delegazione italiana dovette offrire una risma di carta da Fabriano con cordoncini tricolori. Mussolini era in stivali di caporale della Milizia, francesi e inglesi in abiti civili; Goering in uniforme bianca, e si cambiava tre volte al giorno. Ci fu una cena, cui Daladier e Chamberlain fecero il gesto di non partecipare, e fu silenziosa; niente champagne, ma il Sekt, lo spumante tedesco – tanto Mussolini era astemio; autisti e inservienti incartarono petti di pollo in gelatina e lingua di manzo (c’era già il razionamento). Alle 19.30, a San Pietro, il Papa aveva invocato la pace; a sera, si firmò l’accordo: il Fürher aveva accertato la desistenza delle democrazie, rassicurate dal suo “ruggito”: «Non voglio quei cechi, neanche uno!»; ma aveva detto a Daladier che non aveva “ancora” visto Parigi - lo avrebbe fatto un anno e mezzo dopo. Ottenute le nuove frontiere della Cecoslovacchia e dunque il rinvio (di sei mesi) della sua satellizzazione, i tedeschi si ritirarono, lasciando a Daladier e Chamberlain l’incarico di dare la notizia ai cechi, esclusi dalla conferenza, e tenuti in albergo sotto la sorveglianza della Gestapo; erano le 2 del mattino del 30, e “il vecchio asparago” Chamberlain sbadigliava ostentatamente; Daladier “seccato” si ritirò a sua volta, lasciando il compito all’ambasciatore Alexis Leger (“negro”, lo definì Hitler; era uno scrittore delle Antille, futuro Nobel con lo pseudonimo Saint-John Perse). (Tratto da “E la pace si fermò a Monaco” di Daria Galateria pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” di ieri, 21 di febbraio 2025).
“Amnesie&StoricheSvistePenose”. “Sulla Russia troppi silenzi dagli storici”, intervista si Sara Scarafia allo “storico” Lucio Villari pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 20 di febbraio 2025: (…). Professore, le parole del capo dello Stato lo hanno esposto a duri attacchi da parte della Russia. C’è una verità storica in quello che ha detto Mattarella a Marsiglia? «Assolutamente sì a patto di non travisare le sue parole. Il presidente ha detto che come accaduto nel 1939, quando la Germania dopo aver firmato il patto Molotov-Ribbentrop invase la Polonia, anche nel 2022 è stato invaso uno stato sovrano».
(…). Perché gli storici sono rimasti in silenzio di fronte ai ripetuti attacchi al presidente della Repubblica? «Perché c’è una profonda difficoltà a ricostruire storicamente gli avvenimenti intercorsi tra la Seconda guerra mondiale e l’oggi. Il risultato è che rischiamo un nuovo conflitto globale per ignoranza o smemoratezza. Pochi ricordano per esempio che quando fu smantellata l’Urss venne siglato il cosiddetto atto fondatore tra la Nato e la Russia come garanzia di pace. E pochi ricordano che nel 1997 a Sintra, vicino Lisbona, si firmò un accordo che permetteva all’Ucraina di avere un collegamento con la Nato, anche in questo caso per promuovere la pace. Bisogna ripartire dalla storia per trovare una strada che metta fine ai conflitti».
Come legge le parole del presidente della Repubblica? Ha ricordato alla Russia che deve rispettare la sovranità di ogni Stato. «Putin deve accettare che non può più richiamarsi alla mitologia di una potenza sovietica che è finita, non può più fare pressioni. Non può come ha fatto nel 2022, ricalcando quello che fece la Germania nel ‘39, invadere “stati pacifici” come li chiamava Stalin. Se la storia serve a qualcosa questo è un monito».
A proposito di Stalin: qual è oggi il rapporto di Putin con l’eredità dello stalinismo? «Putin non lo ha mai richiamato apertamente, ma ho l’impressione che stia portando avanti una strategia di autoassoluzione, dimenticando che Stalin, oltre a uccidere milioni di persone, ha tradito i valori di libertà del socialismo. Ma l’autoassoluzione è una tendenza che in qualche modo sopravvive anche a sinistra. Il presidente russo, rimproverando ingiustamente al presidente Mattarella di aver dimenticato i milioni di russi morti per sconfiggere il nazismo, cosa che il capo dello Stato non ha in alcun modo fatto, vuole riconfermare il mito dell’Urss come potenza. L’intenzione è portare avanti la guerra con l’Ucraina fino a maggio di quest’anno per celebrare il 9, in occasione dell’ottantesimo anniversario della sconfitta del nazifascismo, quella che continua a raccontarsi come una vittoria».
Ha già invitato Trump per quella data. Perché il presidente degli Stati Uniti vuole questo asse con la Russia? «Trump ha bisogno di Putin per contenere la Cina che a sua volta vuole inglobare Taiwan, strategica per gli interessi di Musk. Il presidente degli Stati Uniti vuole creare un nuovo assetto di potenze mondiali».
Per questo marginalizza l’Europa? «Sì, in questo scenario la Ue non vale più niente per Trump. Per questo guardo con favore al presidente francese Macron che ha convocato i leader europei per dare una risposta. Anche questa decisione ha una radice storica».
Quale? «Fu proprio in Francia che nel 1997 venne sottoscritto l’accordo Nato-Russia. La Ue può ancora giocare la sua partita se però ascolta il monito del presidente Mattarella ma anche dell’ex presidente Bce Mario Draghi, che ha detto all’Europa che rischia l’isolamento».
Cosa può fare la Ue? «Recuperare intanto il progetto della Ced, comunità europea di difesa, un esercito comune che la sgancia dalla Nato. E soprattutto farsi portavoce di un tavolo di pace al quale Putin va invitato. L’Europa è rimasta una grande comunità di stati democratici e deve lavorare per difendere la democrazia. La Cina non è democratica, non lo è la Russia dove gli oppositori vengono avvelenati mentre gli Stati Uniti sono guidati da un bellicista, esibizionista del potere, che ha largo consenso».
La Ue dovrebbe invitare Putin a un tavolo di pace? «Riportare la Russia alle sue radici europee è l’unica strada per arginare il piano di Trump di neutralizzare la Ue. Pietro il Grande fece nascere la Russia come Paese aperto all’Occidente. Caterina II comprò l’intera biblioteca di Diderot, nei salotti dei romanzi di Tolstoj si parla francese. La Ue può lavorare a un tavolo che coinvolgendo Putin lo depotenzia».
Cosa si rischia altrimenti? «Basta guardare ancora alla storia. Se si rafforzano le autocrazie peraltro in possesso di armamenti nucleari può succedere di tutto. Non si può escludere un nuovo conflitto mondiale». (…).
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