“UnaVitaNegata”. “Sila, la bambina senza pace” di Viola Ardone, pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” di ieri, venerdì 27 di dicembre 2024: Ti
chiamavi Sila, la tua capanna era una tenda, non eri nata a Betlemme ma in una
tendopoli a Khan Younis, nel sud della Striscia di Gaza, quello spicchio di
mondo in cui Israele e Hamas non sono capaci di accordarsi per il cessate il
fuoco, in cui ha smarrito ogni significato la parola pietà. “E vieni in una
notte al freddo e al gelo”, proprio come Gesù bambino, ma tu non scendi dalle
stelle, perché sei nata in guerra, sotto una cattiva stella, di quelle senza
coda, nessun re si è messo in cammino per te, e nessun capo di Stato, non hai
ricevuto alla tua nascita, solo tre settimane fa, né doni né auguri. Non un
angelo si è posato su quella miserabile mangiatoia a vegliare il tuo sonno. E
qualche dio, lassù, deve essersi dimenticato di te. Te ne sei andata così,
nella notte di Natale, mentre il resto nel mondo si scaldava attorno al
focolare delle cene, degli affetti famigliari, dei regali, del troppo e del
vano, delle promesse d’amore, delle speranze di pace. Sei nata in un villaggio
fatto di teli di plastica in cui sono stipate centinaia di migliaia di persone,
dove perfino le organizzazioni umanitarie stentano a consegnare cibo e
rifornimenti e manca pure il poco che servirebbe a riscaldarsi: coperte, abiti
caldi, legna da bruciare. Nella notte santa le temperature sono scese sotto i
nove gradi nella tenda dove vivevi con la tua famiglia, tuo padre ti ha avvolto
in una coperta, ti ha tenuto stretta, non è bastato. Per te la pace non è mai
esistita, perché questa parola, al contrario di quello che ci insegnano le
grammatiche, non è astratta ma concreta. Deriva dal latino pax, dalla radice
indoeuropea pag che si ritrova in pangere (fissare, pattuire) e pactum (patto).
Ma con te il mondo non è stato ai patti, e tu piccola Sila sei una delle
vittime di questo tradimento. Perché la “pace” non è un ideale anelito a un
mondo senza guerre, pace non è sostenere le ragioni dell’uno o dell’altro con
le parole o con le armi, pace non è quando sulla tua testa non fischiano le
bombe. Pace è una casa, pace è poter mangiare, pace sono le medicine per
curarsi, pace è non morire di freddo, pace è sapere ogni mattina che arriverà
la sera, per te e per i tuoi cari. Pace è quel “patto”, appunto, a cui bisogna
ritornare tutti i giorni, metterci dentro casa e cibo, e farmaci e sicurezza, e
acqua potabile ed elettricità, e famiglia e calore. Il mondo con te invece ha
infranto ogni promessa, ha tradito se stesso. Noi che viviamo sicuri nelle
nostre tiepide case, noi che troviamo tornando a sera il cibo caldo e visi
amici, dovremmo smettere di festeggiare ogni Natale, ogni compleanno, ogni
ricorrenza sacra o profana fino a che ci sarà ancora una bambina che muore per
il freddo in una tenda, “come una rana d’inverno”, mi viene da dire rubando un
verso a quella terribile poesia di Primo Levi. Perché le nostre povere parole
in prosa non sanno più dire, hanno perso la capacità di raccontare, guastate
anche loro dal potere desemantizzante della guerra che corrode ogni cosa. Dieci
morti, cento morti, mille morti, diciassettemila e cinquecento bambini morti a
Gaza in 14 mesi di guerra. Un bambino ogni mezz’ora. Un cimitero di bambini.
Come te, minuscola Sila, che te ne sei andata via nella notte di Natale a
cavallo di una stella. La nostra povera prosa ha dimenticato che la parola
bambino e la parola morte non dovrebbero mai stare nella stessa frase. Lo ha
dimenticato il mondo. Lo ha dimenticato anche il diritto internazionale, perché
per le vittime più incolpevoli di ogni guerra, da una parte e dall’altra della
storia, ci dovrebbe essere sempre salvezza. E invece tutto tace, e noi
osserviamo lo scorrere delle immagini, lo sfilacciarsi delle parole, il
consumarsi dei pensieri, ormai assuefatti, colpevolmente assenti. “Mentre pensi
agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso, / e di’: magari fossi una
candela in mezzo al buio”, ha scritto il poeta palestinese Mahmoud Darwish. E
noi magari potessimo essere per te, piccola Sila, come tante candele in mezzo
al buio.
N.d.r. Disturba l'immagine?
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