Oggi, 27 di maggio 2023, Lorenzo Milani - Firenze, 27 di maggio dell’anno 1923/Firenze, 26 di giugno dell’anno 1967 - avrebbe compiuto 100 anni. Ha scritto Tomaso Montanari in “E questo è il fiore di don Milani” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” di ieri, venerdì 26 di maggio:
(…). …don Lorenzo Milani avrebbe compiuto
cento anni. E di una cosa sono certo: se fosse ancora tra noi, parlerebbe
ancora con la sua lingua, insieme tenera e dura. La lingua del Vangelo: sì sì,
no no. Non direbbe che le armi salvano vite, ma che «le armi che voi approvate
sono orribili macchine per uccidere, mutilare, distruggere, far orfani e
vedove». E di fronte a chi vuole difendere l'etnia italiana, ripeterebbe: «Se
voi però avete diritto di dividere il mondo in italiani e stranieri allora vi
dirò che, nel vostro senso, io non ho Patria e reclamo il diritto di dividere
il mondo in diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori
dall'altro. Gli uni son la mia Patria, gli altri i miei stranieri». E, a
rischio cli essere additato come un pericoloso terrorista, certo reclamerebbe
ancora: «il diritto di dire che anche i poveri possono e debbono combattere i
ricchi». Più di tutto, però, combatterebbe («le uniche armi che approvo io sono
nobili e incruente: lo sciopero e il voto») contro l'ultima perversione della
scuola pubblica, quella di piegarla anche nel nome al "merito": la
definitiva trasformazione della scuola in «un ospedale che cura i sani e
respinge i malati», facendo «parti eguali tra diseguali». (…). Don Lorenzo
credeva nella santità della scuola: credeva che solo attraverso la scuola
avvenisse quel pieno sviluppo della persona umana che sia la Costituzione sia
il Vangelo indicavano come la via maestra. E quando si trovò, lui che aveva
studiato all'Accademia di Brera, a decorare coi suoi ragazzi la piccola chiesa
di Barbiana, il posto d'onore lo dette a questo piccolo, anonimo, santo
Scolaro: senza volto per essere il patrono di ogni studente e di ogni
insegnante che credano davvero nel loro lavoro di liberazione. Il priore fece
il disegno, e un ragazzo fu mandato a Firenze, a farsi donare da una vetreria
scarti di vetri cli ogni colore. «Don Lorenzo» racconta il suo allievo
carissimo Michele Gesualdi, «osservava l'avanzamento dei lavori... un giorno
vide che i ragazzi facevano i fiori petalo per petalo. "Non così",
disse, "nell'opera d'arte si guarda all' essenziale, i fiori si fanno con
un colpo cli spatola". E fece il suo... Così in quel prato sono rimasti i
fiori degli allievi: curati, precisi. E quelli del maestro, tipo macchia cli
colore». Don Lorenzo era «un maniaco dell'arte anonima, e del lavoro d'équipe»
(…): anche in questo, inarrivabile maestro d'amore. Di seguito, il testo “Fai strada ai poveri senza farti strada” dello scrittore e fotografo
della natura Francesco Bevilacqua – su cortese segnalazione della amica
carissima Agnese A. – pubblicato il 4 di maggio su www.facebook.com: Ho in evidenza da mesi, sulla mia scrivania,
un libricino di Chiarelettere del 2011 che raccoglie scritti di don Lorenzo
Milani, perché ho casualmente scoperto che il 27 maggio di quest’anno ricorrerà
il centenario della sua nascita. Intuivo l’urgenza dell’evento per l’evidente
attualità del pensiero “ribelle” del priore di Barbiana – un piccolo borgo di
montagna sul Mugello, in Toscana – nato a Firenze il 27 maggio 1923 e morto il
26 giugno 1967, a soli 44 anni, per un linfogranuloma, in odore di eresia e
sottoposto a processo, accusato di apologia di reato per aver istigato i
giovani a disobbedire l’obbligatorietà del servizio militare. La guerra, la
pace, la giustizia sociale erano temi brucianti negli anni del dopoguerra ed
egli ebbe l’ardire di stare dalla parte dei miti, dei poveri, dei
disobbedienti. So che sono in preparazione celebrazioni varie per don Lorenzo,
fra cui diversi libri che provano a ricostruirne personalità, pensiero,
missione. Ma sono certo che a tutto questo, egli avrebbe preferito ancora una
volta la ribellione, la disobbedienza, il fattivo stare dalla parte degli
ultimi. Come fece dalla sua piccola scuola rurale a Barbiana, dalla quale
partirono lettere sferzanti contro il perbenismo e le regole ingiuste di una
società ancora intrisa di autoritarismo, di disuguaglianze, di ingiustizie. Non
ho dubbi da che parte starebbe don Lorenzo Milani oggi: dalla parte della pace,
contro le fabbriche ed i trafficanti d’armi; dalla parte del pensiero libero e
non allineato, contro la disinformazione massificata ed il pensiero unico;
dalla parte di tutti coloro che nel mondo sono trattati come semplici esecutori
di ordini subliminali, che vivono nel bisogno senza mai avere gli onori delle
cronache se non per qualche vacua polemica politica pronta a svaporare quando
al potere andranno gli altri, quelli che oggi protestano ipocritamente. Don
Lorenzo aveva lasciato la sua vita di borghese benestante per abbracciare il
Vangelo, aggiungendo allo spirito francescano la disobbedienza civile di
Thoreau e di Gandhi, il coraggio di mettersi contro la gerarchia della Chiesa,
di opporsi a regole ingiuste, come l’Antigone di Sofocle. Don Lorenzo si fece
povero fra i poveri, subì persecuzioni e vessazioni, ma non cedette sino alla
fine, segnata da quella sofferenza per la malattia che fu per lui adesione
piena al dolore del mondo, con una dignità ed una fierezza che solo i “cattivi
maestri” sanno avere. Potrei trarre dal libretto aperto qui accanto a me una
delle frasi famose di don Lorenzo, quelle che per qualche giorno,
nell’approssimarsi del centenario, sentiremo, ancora una volta ipocritamente
ripetere nelle TV e sui giornali. E invece voglio concludere con un brano dal
testo forse più bello di Don Lorenzo, quella “Lettera ad una professoressa” con
la quale denunciò la nefandezza dell’educazione scolastica: “Tentiamo invece di
educare i ragazzi a più ambizione. Diventare sovrani! Altro che medico o
ingegnere. Quando possederemo tutti la parola, gli arrivisti seguitino pure i
loro studi. Vadano all’università, arraffino diplomi, facciano quattrini,
assicurino gli specialisti che occorrono. Basta che non chiedano una fetta più
grande di potere come han fatto finora. Povero Pierino, mi fai quasi
compassione. Il privilegio l’hai pagato caro. Deformato dalla specializzazione,
dai libri, dal contatto con gente tutta eguale. Perché non vieni via? Lascia
l’università, le cariche, i partiti. Mettiti subito a insegnare. La lingua solo
e null’altro. Fai strada ai poveri senza farti strada.”
P.s. Alle ore 22,30 di oggi sul canale televisivo “Rai-Storia” (canale 54) il programma “Lettere da Barbiana”.
Grazie, Carissimo Aldo, per questo post straordinario che non poteva mancare... Abbiamo ancora molto da imparare dalla non comune testimonianza di Vita Vissuta da Don Milani. Apprezzo immensamente la sua enorme sensibilità, il suo infinito amore verso i poveri e gli ultimi e il suo grande coraggio, che lo sostennero quando fu mandato sotto processo dallo Stato e messo all'indice dal Sant'Ufficio... Grazie ancora e buona continuazione.
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