Accade sempre più spesso di scoprire che in un paese immemore quale è il cosiddetto “bel paese” siano altre istituzioni a farsi carico di una ricerca storica e della sua più ampia diffusione. Nel caso, la cosiddetta “settima arte” apre spiragli ed illumina passi, protagonisti e paesaggi di una storiaccia trascorsa. Dobbiamo merito e gratitudine quindi a Marco Bellocchio che nel Suo “Rapito” – presentato all’ultimo festival di Cannes - ha dischiuso una pagina della storia italica affondata e convenientemente taciuta.
Ne ha scritto Fabio Ferzetti in
“Edgardo rapito e battezzato”
pubblicato sul settimanale “L’Espresso” in edicola da ieri, domenica 28 di
maggio: Chi ha visto “Marx può aspettare” sa che a casa Bellocchio col
battesimo non si scherza. Il gemello di Marco, Camillo, nacque tre ore dopo il
futuro regista e la madre, temendo morisse, lo fece subito battezzare. Tre
volte già che c’era, i Bellocchio erano molto devoti. A somministrare i
sacramenti a Edgardo Mortara, piccolo ebreo nato nel 1851 a Bologna, è invece
una domestica cattolica che vedendolo febbricitante e sentendo i genitori
pregare lo battezza di nascosto segnandone il destino. Pochi anni dopo un
maresciallo, peraltro mite e premuroso (eccellente Bruno Cariello), bussa a
casa Mortara, una vasta dimora borghese piena di stanze e di bambini: siamo nel
1858, Bologna è Stato Pontificio, Edgardo (Enea Sala) ormai appartiene alla
Chiesa. Seguono vane suppliche all’Inquisitore (un Fabrizio Gifuni scintillante
di perfidia), irruzione di sgherri nerovestiti, rapimento notturno del bimbo
caricato su una carrozza sferragliante tra De Amicis e Poe, fuga a Roma con
sosta nel Duomo di Senigallia, dove Pio IX era stato battezzato. E al piccolo
Edgardo in lacrime appaiono le prime immagini di un mondo ignoto, minaccioso
quanto affascinante. Il Battesimo di Gesù, un Cristo in croce, San Sebastiano.
Lo strappo si è consumato. A nulla varranno le denunce e lo scandalo
internazionale, le pressioni dei Rotschild, le angosce del cardinale Antonelli
(Filippo Timi). Il piccolo Edgardo cresce sulle ginocchia di Pio IX, ultimo
Papa Re (un ineffabile Paolo Pierobon). Nella Casa dei Catecumeni, fra altri
piccoli cristianizzati a forza, scopre l’astuzia, la simulazione, la morte (c’è
anche un bambino malato). E il fasto, la potenza, le seduzioni di quella fede
così diversa. Quando, adulto, si troverà di fronte il fratello, tra i
bersaglieri che irrompono a Porta Pia, Edgardo (Leonardo Maltese) è ormai un
altro. Un sacerdote cattolico, sia pure scosso da violenti lampi di rivolta. Un
“traditore” insomma, altro tema caro a Bellocchio. Un’anima spezzata intorno a
cui questo regista, capace come nessuno di indagare la dimensione carnale della
politica, tesse una complessa polifonia di voci, sentimenti, visioni: i
genitori, divisi a loro volta (Fausto Russo Alesi e Barbara Ronchi); gli ebrei
romani, stretti tra sotterfugi e sottomissione (Paolo Calabresi); le strategie
(e i grotteschi incubi) del pontefice; naturalmente il Risorgimento, mai in
primo piano. In un gran teatro che rimescolando nazione e famiglia, religione e
identità, scava nel profondo, dando a questo dimenticato “caso Dreyfus”
preunitario un’urgenza e un impatto inesorabili. L’ennesima grande prova di un
regista che non finisce di stupire. E per il nostro cinema una - laicissima -
benedizione. Di seguito, «“Pio
IX ha rapito un ebreo”. Lo storico Kertzer: “Fu la sua fine”», colloquio di
Tommaso Rodano con lo storico-antropologo David Kertzer riportato su “il Fatto
Quotidiano” del 27 di maggio 2023: Protagonista ignota, tra i tornanti della
storia d'Italia, c'è una serva minorenne di nome Anna Morisi, detta "la
Nina". Analfabeta, poverissima e cattolica, Anna presta servizio presso i
Mortara, una modesta famiglia di commercianti ebrei. Siamo a Bologna, la seconda
città dello Stato Pontificio, corre l'anno 1858. La sliding door che cambia il
corso del Risorgimento si compie la notte del 23 giugno: la gendarmeria bussa
alla porta di Momolo Mortara e di sua moglie Marianna. Il maresciallo Pietro
Lucidi, con cortesia formale e percepibile imbarazzo, spiega le ragioni della
visita: è lì per prelevare un bambino di sei anni, il penultimo degli otto
fratelli. "Vostro figlio Edgardo è stato battezzato - scandisce -. Ho
ricevuto l'ordine di portarlo via con me". Era stata "la Nina",
molto tempo prima: ancora in culla, Edgardo aveva avuto la febbre per qualche
giorno e la giovane serva si era convinta che fosse sul punto di morire. Il verduraio
Cesare Lepori le aveva suggerito di battezzarlo, affinché la sua anima
innocente non finisse nel limbo. Di nascosto dai genitori, gli aveva versato
sulla fronte qualche goccia d'acqua, sussurrando una formula a memoria, con il
segno della croce. Sei anni più tardi, la storia sarà scoperta dall'inquisitore
del Sant'Uffizio bolognese, Pier Gaetano Feletti. Finirà per interessare
l'intera gerarchia pontificia, fino a Papa Pio IX: si stabilisce, in ossequio
al diritto canonico, che Edgardo Mortara dev'essere strappato ai suoi genitori,
portato a Roma, educato e cresciuto come un cattolico nella Casa dei
Catecumeni. È l'inizio di un'epopea che sconvolgerà la vita di una famiglia, il
destino di una nazione e gli equilibri di un continente. Una saga (…). Prima
ancora, l'aveva ricostruita magistralmente lo storico statunitense (e premio
Pulitzer) David Kertzer, nel libro The kidnapping of Edoardo Mortara (tradotto
da Rizzoli: Prigioniero del Papa Re). "I rapimenti di bambini nei ghetti
ebraici - spiega Kertzer - erano abbastanza frequenti già molto prima del caso
Mortara. Stavolta però il contesto è diverso, cambia tutto: siamo nel momento
decisivo del Risorgimento, il potere temporale è agli sgoccioli. Bologna è una
città da tempo insofferente al giogo papale, già nel 1848 si era ribellata e
aveva cacciato i suoi delegati per una breve stagione. La comunità ebraica, per
la prima volta, ha la possibilità di organizzarsi e reagire". Sono anche
gli anni della proliferazione della stampa liberale: grazie ai giornali italiani
ed europei il caso Mortara diventa uno scandalo internazionale. "E si
trasforma in uno strumento politico prezioso per Cavour - aggiunge Kertzer -
nel processo di costituzione dello Stato italiano. Anche perché persuade
definitivamente Napoleone III della natura anacronistica del governo pontificio:
le truppe francesi erano l'ultima garanzia del potere papale a Roma". Come
scrive lo storico nel suo libro, non c'era un solo soldato transalpino che non
conoscesse la storia del bimbo ebreo rapito per volontà del Papa. "Quella
di Pio IX è una figura davvero controversa. Era un uomo capace di grande ironia
e improvvisi scatti d'ira. Diventa pontefice nel 1846 succedendo a Gregorio XVI,
un autentico reazionario: all'inizio i liberali sono convinti che Pio IX possa
essere un modernizzatore, ma dopo la rivoluzione del '48 cambia tutto. Quando
torna dall'esilio è un papa diverso, involuto, convinto dell'irriformabilità della
Chiesa. Il suo atteggiamento nel caso Mortara è inflessibile. Anche il suo
segretario di Stato, il cardinale Antonelli, è consapevole che quell'ostinazione
avrebbe causato un disastro, ma Pio IX non arretra. Il suo Non possumus e poi
il dogma dell'infallibilità papale sono gli ultimi atti di un potere ormai debolissimo.
Anche il pontefice, in fondo, si rendeva conto della situazione. Un giorno dice
a Edgardo: 'Caro figlio mio, quanto mi sei costato...:". Questo è il
mistero più grande, o forse solo l'aspetto più struggente di una storia
familiare che si frantuma nel gigantesco mosaico della Storia: Edgardo Mortara,
manipolato e imbevuto della dottrina cattolica sin dal sesto anno di vita,
blandito dal Papa in persona, non tornerà mai più dai genitori, che per anni
hanno continuato a combattere per riportarlo a casa. Anche da adulto,
"libero" in teoria, resterà fedele ai suoi rapitori, alla Chiesa di
Roma. Diventa sacerdote, adotta il nome di Pio e la missione di portare nel
mondo il Vangelo che gli era stato imposto. (…). Non sappiamo fino in fondo
cosa sia successo dentro Edgardo, ma possiamo immaginarlo: per un bambino era
impossibile resistere a una pressione del genere".
Nessun commento:
Posta un commento