"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 12 maggio 2023

ItalianGothic. 47 Raniero La Valle: «Il fascismo trascorre da un'epoca all'altra e da un emisfero all'altro, incurante di essere chiamato in un modo o nell'altro: e permane anche da noi».


Ha scritto Giacomo Papi - alle pagine 52/54 - nel Suo pregevolissimo lavoro editoriale che ha per titolo “Italica” – Rizzoli editore (2022), pagg. 447, euro 20 – che: (…). I fascisti furono l'arma di cui i ricchi - il re, l'aristocrazia, i proprietari terrieri, i preti e la borghesia industriale - si servirono per proteggersi dall'assalto dei poveri che, grazie al socialismo, stavano conquistando posizioni (tra il 1919 e il 1921 i salari erano aumentati del 30 per cento, l'orario di lavoro era stato ridotto a 8 ore e si discuteva di tassare i sovra profitti di guerra).

Ma il re, l'aristocrazia, gli agrari, i preti e la grande borghesia furono anche lo strumento di cui Benito Mussolini si - servì per conquistare il potere dopo avere creato un esercito irregolare, le squadre d'assalto, che dal 1920 colpì uomini e sedi delle organizzazioni operaie: nel luglio a Trieste fu incendiato il Narodni Dom (il centro della  cultura  slovena),  in  novembre  fu  assaltato  Palazzo  d'Accursio  a  Bologna  per  tentare  di  impedire  l'insediamento  della  giunta  socialista. (…). Con l’appoggio e la protezione delle forze dell'ordine e della magistratura, Mussolini era riuscito ad amalgamare spinte diverse -nazionalismo, futurismo, dannunzianesimo, clericalismo, conservatorismo tradizionale - dando vita a un impasto politico originale in grado di assorbire le rivendicazioni sindacali nelle corporazioni, costruire la macchina dello Stato unitario e formare la burocrazia pubblica che ancora oggi la fa funzionare, utilizzando in modo programmatico la violenza squadrista e fondando una nuova estetica basata su parole d'ordine mai ascoltate, architetture mai viste e addirittura nuove città, radio e cinegiornali, i mezzi di comunicazione che in quegli anni, per la prima volta, stavano diventando di massa. È questa l'attualità del fascismo: quando la democrazia annaspa e sembra più lenta delle accelerazioni della storia, una sintesi autoritaria e mediatica è sempre possibile. (…). Nell'arco del Ventennio i salari scesero negli anni Venti, stagnarono negli anni negli anni Trenta e si ripresero soltanto nel 1939, poco prima della guerra. Non diminuirono i reati: tra il 1921 e il 1930 - lo certificò l'ISTAT già al tempo - aumentarono quasi tutti, in particolare le truffe (erano state 20.170 tra il 1911 e il 1920, salirono a 328.339 tra il 1921 e il 1930) e le lesioni (tra il 1911 e il 1920 le condanne erano state, 854.220, tra il 1921 e il 1930 1.058.666). In più, senza contare le deportazioni e le guerre, il regime fucilò 42 persone, quasi due all'anno, e imprigionò 4.596 oppositori facendoli condannare a 27.753 anni di carcere o confino. (…). Di seguito, “A quali fascismi s’ispira la destra al governo” di Raniero La Valle pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 6 di maggio 2023: (…), Giorgia Meloni non è una nostalgica del fascismo del 1943 o del 1938. Invece è rimasta ferma a quello del 1922, cioè alla cultura che venendo da lontano ha generato il fascismo del Novecento e da questo è stata assunta nella sua forma peggiore, una cultura con cui la storia stessa ha stabilito una rottura epocale con la guerra antifascista e antinazista conclusasi con la Liberazione. Di molti filoni negativi di quella cultura si erano fatti araldi i fascismi europei e poi latino-americani, e si fanno eredi ancora oggi quelli superstiti. Qui ne ricordiamo solo tre che sono stati determinanti del corso storico e delle tragedie cui esso è pervenuto. Il primo è il pensiero della diseguaglianza per natura tra gli esseri umani. Essa viene dalla società signorile che discriminava tra signori e servi, è passata attraverso il regime di cristianità, ha legittimato la conquista dell'America e il genocidio degli Indios nella loro inferiorità rispetto agli Spagnoli (si sospettava non avessero l'anima), è stata teorizzata da Hegel nella distinzione tra popoli della natura e popoli dello spirito, da Nietzsche per il quale "gli uomini non sono tutti eguali. E neppure devono esserlo!", fino a Croce che contrappone gli “uomini” che appartengono alla storia e uomini della natura, uomini capaci di svolgimento e di ciò incapaci", i quali ultimi "zoologicamente e non storicamente sono uomini", motivazione questa di tutti i razzismi passati e presenti: è chiaro quindi perché i cultori dell'integrità della "Nazione" militano contro "la sostituzione etnica" e sognano il blocco navale contro i migranti. Il secondo è il pensiero della sovranità incondizionata. Essa viene dall'età degli antichi Imperi, è passata attraverso la definizione di Marino da Caramanico della sovranità come la sovranità del potere che non riconosce alcun altro potere "superiorem" (souverain), al di sopra di sé, è stata teorizzata da Hobbes che nello Stato moderno vede un mostro biblico, il Leviatano, che uscendo dallo stato di natura e facendosi, come dice Ferrajoli, "lupo artificiale", monopolizza la violenza e promette sicurezza in cambio della libertà, per giungere fino allo Stato etico del nazismo e a Giovanni Gentile; è chiaro quindi perché i sovrani-sti ce l'hanno con l'unità europea e preferiscono obbedire alla Nato e al Pentagono piuttosto che sposare il multilateralismo costituzionale e appellarsi al sistema di sicurezza dell'Onu. Il terzo è il pensiero di guerra. Esso viene dagli albori della nostra cultura, dal frammento di Eraclito che fa della guerra "il padre e il re di tutte le cose", passa attraverso la teologia medioevale della guerra giusta, sopravvissuta fino a papa Giovanni; e mentre la guerra è esaltata dallo stesso Hegel quale igiene dei popoli e antidoto al loro "infiacchimento" allo stesso modo in cui "il movimento dei venti preserva il mare dalla putrefazione come vi ridurrebbe i popoli una pace durevole o perpetua", essa è teorizzata dal generale prussiano Von Clausewitz, è assunta, col Nemico, da Carl Schmitt quale "criterio del politico", informa il "credere obbedire combattere" del fascismo, è recuperata dopo la Guerra fredda nel conflitto del Golfo e giunge fino alla "competizione strategica" di Biden che "culmina nella sfida con la Cina" e al "vinceremo" di Zelensky; è chiaro quindi perché chi manda le armi nella gara che sta devastando l'Ucraina e convoca poi le imprese per restaurarla, ignora il ripudio costituzionale della guerra e recita due parti in commedia, di distruzione e ricostruzione. Si può aggiungere che tradire la Costituzione è un rischio che va ben oltre il non riconoscervi l'antifascismo, perché dalla vecchia cultura viene anche la concezione del lavoro come spregevole, tanto che all'inizio era addossato ai servi e risparmiato ai signori, e attraverso una lunga storia è arrivato a noi come lavoro schiavo, lavoro merce, sempre alienato e sfruttato, mentre la Costituzione, come ci ricorda proprio il Primo Maggio, lo mette a fondamento stesso della Repubblica democratica. Ed è tutto questo il fascismo che sopra o sotto traccia trascorre da un'epoca all'altra e da un emisfero all'altro, incurante di essere chiamato in un modo o nell'altro: e permane anche da noi. La novità è che, dopo il1945, si è rivelato che un'altra storia è possibile.

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