Ha scritto Giacomo Papi - alle pagine 52/54 - nel Suo pregevolissimo lavoro editoriale che ha per titolo “Italica” – Rizzoli editore (2022), pagg. 447, euro 20 – che: (…). I fascisti furono l'arma di cui i ricchi - il re, l'aristocrazia, i proprietari terrieri, i preti e la borghesia industriale - si servirono per proteggersi dall'assalto dei poveri che, grazie al socialismo, stavano conquistando posizioni (tra il 1919 e il 1921 i salari erano aumentati del 30 per cento, l'orario di lavoro era stato ridotto a 8 ore e si discuteva di tassare i sovra profitti di guerra).
Ma il re, l'aristocrazia, gli agrari, i preti e la grande
borghesia furono anche lo strumento di cui Benito Mussolini si - servì per
conquistare il potere dopo avere creato un esercito irregolare, le squadre
d'assalto, che dal 1920 colpì uomini e sedi delle organizzazioni operaie: nel
luglio a Trieste fu incendiato il Narodni Dom (il centro della cultura
slovena), in novembre
fu assaltato Palazzo
d'Accursio a Bologna
per tentare di
impedire l'insediamento della
giunta socialista. (…). Con l’appoggio
e la protezione delle forze dell'ordine e della magistratura, Mussolini era
riuscito ad amalgamare spinte diverse -nazionalismo, futurismo, dannunzianesimo,
clericalismo, conservatorismo tradizionale - dando vita a un impasto politico
originale in grado di assorbire le rivendicazioni sindacali nelle corporazioni,
costruire la macchina dello Stato unitario e formare la burocrazia pubblica che
ancora oggi la fa funzionare, utilizzando in modo programmatico la violenza
squadrista e fondando una nuova estetica basata su parole d'ordine mai ascoltate,
architetture mai viste e addirittura nuove città, radio e cinegiornali, i mezzi
di comunicazione che in quegli anni, per la prima volta, stavano diventando di
massa. È questa l'attualità del fascismo: quando la democrazia annaspa e sembra
più lenta delle accelerazioni della storia, una sintesi autoritaria e mediatica
è sempre possibile. (…). Nell'arco del Ventennio i salari scesero negli anni
Venti, stagnarono negli anni negli anni Trenta e si ripresero soltanto nel
1939, poco prima della guerra. Non diminuirono i reati: tra il 1921 e il 1930 -
lo certificò l'ISTAT già al tempo - aumentarono quasi tutti, in particolare le
truffe (erano state 20.170 tra il 1911 e il 1920, salirono a 328.339 tra il
1921 e il 1930) e le lesioni (tra il 1911 e il 1920 le condanne erano state, 854.220,
tra il 1921 e il 1930 1.058.666). In più, senza contare le deportazioni e le
guerre, il regime fucilò 42 persone, quasi due all'anno, e imprigionò 4.596
oppositori facendoli condannare a 27.753 anni di carcere o confino. (…). Di
seguito, “A quali fascismi s’ispira la
destra al governo” di Raniero La Valle pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
del 6 di maggio 2023: (…), Giorgia Meloni non è una nostalgica del
fascismo del 1943 o del 1938. Invece è rimasta ferma a quello del 1922, cioè
alla cultura che venendo da lontano ha generato il fascismo del Novecento e da
questo è stata assunta nella sua forma peggiore, una cultura con cui la storia
stessa ha stabilito una rottura epocale con la guerra antifascista e
antinazista conclusasi con la Liberazione. Di molti filoni negativi di quella
cultura si erano fatti araldi i fascismi europei e poi latino-americani, e si
fanno eredi ancora oggi quelli superstiti. Qui ne ricordiamo solo tre che sono
stati determinanti del corso storico e delle tragedie cui esso è pervenuto. Il
primo è il pensiero della diseguaglianza per natura tra gli esseri umani. Essa
viene dalla società signorile che discriminava tra signori e servi, è passata
attraverso il regime di cristianità, ha legittimato la conquista dell'America e
il genocidio degli Indios nella loro inferiorità rispetto agli Spagnoli (si
sospettava non avessero l'anima), è stata teorizzata da Hegel nella distinzione
tra popoli della natura e popoli dello spirito, da Nietzsche per il quale
"gli uomini non sono tutti eguali. E neppure devono esserlo!", fino a
Croce che contrappone gli “uomini” che appartengono alla storia e uomini della
natura, uomini capaci di svolgimento e di ciò incapaci", i quali ultimi
"zoologicamente e non storicamente sono uomini", motivazione questa
di tutti i razzismi passati e presenti: è chiaro quindi perché i cultori
dell'integrità della "Nazione" militano contro "la sostituzione
etnica" e sognano il blocco navale contro i migranti. Il secondo è il
pensiero della sovranità incondizionata. Essa viene dall'età degli antichi
Imperi, è passata attraverso la definizione di Marino da Caramanico della
sovranità come la sovranità del potere che non riconosce alcun altro potere
"superiorem" (souverain), al di sopra di sé, è stata teorizzata da
Hobbes che nello Stato moderno vede un mostro biblico, il Leviatano, che
uscendo dallo stato di natura e facendosi, come dice Ferrajoli, "lupo
artificiale", monopolizza la violenza e promette sicurezza in cambio della
libertà, per giungere fino allo Stato etico del nazismo e a Giovanni Gentile; è
chiaro quindi perché i sovrani-sti ce l'hanno con l'unità europea e
preferiscono obbedire alla Nato e al Pentagono piuttosto che sposare il
multilateralismo costituzionale e appellarsi al sistema di sicurezza dell'Onu.
Il terzo è il pensiero di guerra. Esso viene dagli albori della nostra cultura,
dal frammento di Eraclito che fa della guerra "il padre e il re di tutte
le cose", passa attraverso la teologia medioevale della guerra giusta,
sopravvissuta fino a papa Giovanni; e mentre la guerra è esaltata dallo stesso
Hegel quale igiene dei popoli e antidoto al loro "infiacchimento"
allo stesso modo in cui "il movimento dei venti preserva il mare dalla
putrefazione come vi ridurrebbe i popoli una pace durevole o perpetua",
essa è teorizzata dal generale prussiano Von Clausewitz, è assunta, col Nemico,
da Carl Schmitt quale "criterio del politico", informa il
"credere obbedire combattere" del fascismo, è recuperata dopo la
Guerra fredda nel conflitto del Golfo e giunge fino alla "competizione
strategica" di Biden che "culmina nella sfida con la Cina" e al
"vinceremo" di Zelensky; è chiaro quindi perché chi manda le armi
nella gara che sta devastando l'Ucraina e convoca poi le imprese per
restaurarla, ignora il ripudio costituzionale della guerra e recita due parti
in commedia, di distruzione e ricostruzione. Si può aggiungere che tradire la
Costituzione è un rischio che va ben oltre il non riconoscervi l'antifascismo,
perché dalla vecchia cultura viene anche la concezione del lavoro come
spregevole, tanto che all'inizio era addossato ai servi e risparmiato ai
signori, e attraverso una lunga storia è arrivato a noi come lavoro schiavo,
lavoro merce, sempre alienato e sfruttato, mentre la Costituzione, come ci
ricorda proprio il Primo Maggio, lo mette a fondamento stesso della Repubblica
democratica. Ed è tutto questo il fascismo che sopra o
sotto traccia trascorre da un'epoca all'altra e da un emisfero all'altro,
incurante di essere chiamato in un modo o nell'altro: e permane anche da noi. La
novità è che, dopo il1945, si è rivelato che un'altra storia è possibile.
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