Ha scritto Diego Bianchi in “Che Storia” pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del
28 di aprile 2023: «I resistenti non erano tutti uguali. I partigiani rossi volevano
un'Italia modello Unione Sovietica», ha dichiarato il presidente del Senato,
Ignazio Benito La Russa, non pago della meschina figura fatta con le
dichiarazioni su Via Rasella e le Fosse Ardeatine, nell'ormai acclarata,
orgogliosa e ignorante incapacità di tacere la propria insofferenza per il 25
Aprile alle porte. Dato che La Russa è la seconda carica dello Stato, non c'è da
stupirsi se un ministro a caso tra i tanti, Lollobrigida, chiede che il 25
Aprile non sia «una data divisiva», anche se non si capisce bene a chi si
rivolga, visto che a chi ha giurato sulla Costituzione antifascista di questo
Paese non dovrebbe mai venire un simile dubbio, tanto è chiara la storia da cui
quella Costituzione è nata, e in opposizione a cosa. La settimana che va dal 25
Aprile al Primo Maggio, per la destra di questo Paese è sempre stata la vera
settimana di passione, la via crucis laica di chi in quei due giorni non ha mai
provato l'emozione di scendere in piazza a festeggiare la propria storia più
virtuosa, le proprie conquiste e quella libertà tanto invocata che senza
Liberazione non ci sarebbe stata mai. Eppure costoro si ostinano, ogni anno in qualche
modo, spesso con imbarazzante creatività dialettica, spalleggiati oggi più che
mai da un ossequioso coro di livorosi cronisti organici, ad azzardare
l'impossibile, negando e reinventando la storia senza rendersi nemmeno conto di
bestemmiare quella patria di cui tanto cianciano. Chissà che cosa avrebbe
risposto Pertini a La Russa, tanto per citare il primo partigiano
"rosso" che mi viene in mente, ma tant'è, questi sono i tempi da
vivere nella consapevolezza che anche La Russa presidente del Senato passerà, e
il 25 Aprile resterà. Tuttavia, picconare le basi civili di questo Paese, nel
momento in cui si arranca nell'impossibilità di star dietro alle promesse fatte
in campagna elettorale, oltre a venire nostalgicamente naturale, nell'immediato
può avere la sua convenienza. La Russa e i suoi epigoni di governo, dal premier
in giù, troveranno sempre, per fortuna, qualcuno a ricordare loro
istintivamente che cosa fu il fascismo, la Resistenza, la Costituzione, e nel
farlo si toglieranno energie e attenzioni ad altre cause più impellenti e
attuali, spostando ogni volta il dibattito indietro, nel passato da cambiare,
anziché verso un futuro incerto, ancora tutto da costruire, tra una campagna
elettorale e l'altra. Di seguito, “Così
Ignazio Benito si è preso l’originale della Costituzione” di Tomaso
Montanari – esperto di Storia dell’Arte, Rettore della “Università per gli
Stranieri” di Siena - pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di ieri, lunedì 8 di
maggio 2023: Il senso di Ignazio Benito La Russa per la Costituzione. Quello che gli fa dire che non c'è scritto
da nessuna parte, nella Costituzione, che la
Costituzione stessa sia anti-fascista. Che è come dire che nel Vangelo non c'è
scritto da nessuna parte che sia cristiano. Ma anche quello che lo ha indotto,
per festeggiare il 75° anniversario della Repubblica nata dalla Resistenza, ad
appropriarsi dell'originale della Carta, per esporlo nel "suo"
Palazzo Giustiniani, in una mostra aperta in questi giorni. Il camerata
presidente del Senato ha chiesto e ottenuto quel preziosissimo palladio della
Repubblica dal Ministero della Cultura a trazione Fratelli d'Italia: nonostante
il pesantissimo e unanime "no" del Comitato tecnico scientifico per
gli Archivi, presieduto dall'autorevole archivista Diana Toccafondi, già
vicepresidente del Consiglio superiore dei Beni culturali, e di cui fanno parte
altrettanto autorevoli personalità come Micaela Procaccia e Stefano Moscadelli.
Vale la pena di riportare per intero il passo saliente di questo alto diniego:
"L'originale della Costituzione della Re-pubblica conservato all'Archivio
centrale dello Stato costituisce il documento fondamentale di garanzia dei
diritti civili e politici di ogni cittadino, oltre che dei principi che
regolano la vita della Repubblica. Già nel 2017, di fronte ad analoga richiesta
del Senato, il soprintendente pro tempore dell'Archivio centrale dello Stato
aveva richiamato il parere unanime espresso in via di principio dal Consiglio
scientifico dell'Istituto, "contrario al prestito della Costituzione;
documento caratterizzato da un forte valore simbolico, difficilmente stimabile
anche da un punto di vista assicurativo". La sua conservazione in una
apposita stanza dell'Archivio, dotata di speciali misure di sicurezza, assicura
che l'originale della Costituzione (come anche dei Trattati di Roma,
considerati il primo segno della nascita di una Unione europea e conservati
nello stesso locale) resti a garanzia per i cittadini, trattandosi, oltretutto,
dell'unico originale -fra i tre esistenti - inserito nella raccolta ufficiale
delle Leggi e dei Decreti. L'originale della Costituzione conservato
all'Archivio centrale dello Stato è una testimonianza giuridica e storica non
destinata alla fruizione estemporanea in una mostra. In precedenza né
l'Archivio centrale dello Stato, né la Direzione generale Archivi hanno
concesso in prestito l'originale, neppure al Senato che ne ha fatto due volte
richiesta per mostre (2017 e 2018). Manca, inoltre, il progetto scientifico
della mostra, indispensabile per il procedimento di autorizzazione". Come
ha risposto il superiore Ministero a queste sagge e ferme parole? Ovviamente
con un sonoro e fascistissimo "me ne frego!". E la Costituzione è
stata estratta dalla sua teca, alla quale si recarono come in pellegrinaggio,
senza nemmeno pensare di farla scomodare, i presidenti Ciampi e Napolitano. Ma
vuoi mettere con La Russa? Esistono altri due originali della Costituzione: uno
conservato presso la Camera e l'altro presso la Presidenza della Repubblica.
Quest'ultimo è stato prestato per ben due volte al Senato, e poteva ben
tornarci una terza. E invece no: Ignazio Benito ha voluto proprio l'intoccabile
numero uno. E se dovesse, iddio non voglia, bruciare o finir nell'acqua avremmo
perso il documento che garantisce i nostri diritti e le nostre libertà. Una
perdita simbolica, certo: ma non è forse su un simbolo che La Russa vuole
mettere le mani? Il messaggio è molto chiaro: "Io della Costituzione
faccio quello che voglio". Della carta su cui è scritta e firmata: ma non
solo. È fin troppo evidente l'odio per quel testo mirabile, che Aldo Moro in
Costituente chiama "una continua polemica antifascista". Ed è ben
noto come questa maggioranza si appresti a devastare quel progetto con la
manovra a tenaglia del presidenzialismo e dell'autonomia differenziata: due
armi letali già singolarmente, che se sommate diventano una bomba nucleare
capace di annichilire la Repubblica disegnata dai costituenti. Dalle elezioni
del 25 settembre 2022 non c'è dubbio che sia nata una maggioranza formalmente
legittima. Ma non si deve dimenticare che per le forze che sostengono questo
governo hanno votato 12 milioni di persone, mentre altri 14 hanno votato per le
altre forze e ben17 milioni si sono astenuti, hanno votato scheda bianca o
hanno annullato il voto. Una maggioranza che fosse onestamente consapevole di
questi numeri (e della indegnità della legge elettorale vigente) governerebbe,
certo: ma non dovrebbe nemmeno sognarsi di toccare la Costituzione di tutte e
tutti. E invece temo proprio che questo voler svilire, umiliare, banalizzare
l'originale della Carta non possa che preludere a un ben più grave e definitivo
sfregio. Mussolini ebbe a promettere una volta: "Noi faremo tabula rasa di
tutta la vita civile...". E Piero Calamandrei commentò: "Di tutte le
promesse del fascismo, questa sola è stata mantenuta".
Nessun commento:
Posta un commento