“La sportiva spagnola Beatriz Flamini ha
infranto il record di permanenza sotto terra: 509 giorni. Alla sua uscita non
sapeva nulla quindi della lite tra gli ego-vandali Renzi e Calenda; nulla di un
prigioniero ucraino decapitato da soldati russi, bestie senza neanche la scusa
del radiocollare scarico; nulla di quei dipendenti Ama che coi mezzi aziendali
si appartavano con le prostitute, dando involontariamente ragione a chi
sosteneva che il servizio di raccolta dell'immondizia da un po' di tempo
sembrasse andare a puttane; nulla dell'arresto della donna di Messina Denaro
che diceva al boss "Il mondo non ti capisce": capirai che scoperta,
quello scriveva in codice apposta; nulla della frase sibillina della Madonna
piangente apparsa a Trevignano: "Se bella vuoi apparire un po' devi
soffrire", grazie a cui molti hanno mangiato la foglia, nonostante
l'abbondanza di gnocchi. "Certo, come no", ha esclamato incredula la
Flamini, "manca solo che il Dalai Lama abbia chiesto a un bimbo di
succhiargli la lingua". Vabbè, alla fine è voluta tornare sotto terra”.
(Tratto da “Meglio restare sotto” di
Dario Vergassola, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 28
di aprile 2023).
“L’avanspettacolo”. Dal quotidiano “la
Repubblica” di ieri, mercoledì 3 di maggio 2023, la “Venditrice di Palazzo Chigi” di Marco Belpoliti: (…). La
scena si svolge all'interno di Palazzo Chigi, centro nevralgico del potere tout
court, nelle stanze del Palazzo, come lo chiamava Pasolini, tra gli arredi che
l'operatore si guarda bene di inquadrare. La camera è fissa sul Capo, sulla sua
persona, sui suoi gesti; non indugia su mobili, soprammobili, specchi, decori,
quadri. Lei va, cammina, si sposta, percorre le stanze del potere, le
attraversa velocemente, quasi di corsa. La postura trasmette determinazione e
fermezza. Usa le mani con veemenza accompagnando le parole con gesti che
comunicano volontà: utilizza la mano destra tesa mentre le scandisce, poi
entrambe le mani asserendo; gli indici sono punti esclamativi rivolti verso il
basso o in alto per sottolineare ciò che afferma: è una maestra che sta
spiegando la lezione agli allevi. Il tono assertivo è netto; scandisce i
passaggi salienti: numeri, percentuali. Usa un'espressione precisa per
descrivere il proprio stato d'animo: "Una scelta di cui vado profondamente
fiera". Fierezza. La cadenza in cui si esprime contempla sia la volontà
d'imprimere nello spettatore una sensazione di forza che quella di convincere
propria della venditrice - una Wanna Marchi, un po' più sobria. Pur esibendo
una grande sicumera Giorgia sa che deve convincere chi la guarda: sono
elettori, forse persino tifosi, ma allo stesso tempo clienti da blandire con
cifre e dati, per quanto snocciolati in modo rapido e veloce: incentivi,
miglioramenti, aumenti, redditi bassi, benefit, detassazione, sicurezza, centri
estivi, assegno unico, disabilità. L'ultima perorazione è per la celebrazione
del 1° maggio "con i fatti e non con le parole", afferma - in realtà
non ha ancora fatto quello che sta esibendo: siamo alla pubblicità preventiva,
sono parole e non ancora fatti. Noi lavoriamo anche oggi, ha esordito
all'inizio di questo piano sequenza, per altro spezzato in almeno tre riprese
successive. Il congedo è un piccolo coup de théâtre: "Avanti così. Buon 1°
maggio!". Quindi aggiunge: "E adesso al lavoro!". Apre la porta
e dietro, nella stanza, ci sono i ministri del suo governo. È la classe che
l'attende: quieta silenziosa, ordinata. Si sistema la sedia e si siede, afferra
la campanella e la suona con gesto sicuro. Solo un veloce sguardo soddisfatto
alla camera da presa che l'inquadra. Ora la lezione può cominciare. Anche lei
alla fine sale in cattedra, anche lei ha la propria scrivania, da Presidente. Ha
scritto Michele Serra ieri - e sempre sul quotidiano “la Repubblica” - in “Propaganda pubblica”: Meloni
fa benissimo ad autoprodurre video promozionali. Si promuovono da soli anche
illustri sconosciuti, narcisi senza arte né parte, influencer di terz'ordine, perché
non dovrebbe farlo la presidente del Consiglio, che ha qualche ragione in più
per curare la propria immagine pubblica? La cosa grave è la prontezza con la
quale i telegiornali - specie quelli del servizio pubblico - hanno rilanciato
senza fare una piega quel prodotto concepito e confezionato per la propaganda,
come se a qualificare ciò che chiamiamo "giornalismo" non fosse la
capacità di proporre contenuti propri: altrimenti non è giornalismo, è farsi
contenitore passivo di contenuti altrui. I video autoprodotti sono pensati per
correre nella prateria dei social, che diavolo c'entrano i telegiornali? So che
è solo una domanda retorica. La Rai è piegata da sempre a un vassallaggio
umiliante nei confronti dei partiti, che sono di fatto i suoi padroni. Mette a
disposizione le sue telecamere, da anni, per raccogliere ogni sera il ridicolo
diadema di dichiarazioni appaltate agli onorevoli portavoce, frasetta per
frasetta, il nulla organizzato e soprattutto la negazione del concetto stesso
di "lavoro giornalistico". No, non è giornalismo portare microfono e
telecamera nel tinello dei politici. È un servizio a domicilio, come i rider
che portano la pizza. Va detto che mandare direttamente in onda i video di
Palazzo Chigi, o dei partiti in genere, potrebbe essere un risparmio. Si
evitano i costi di una troupe a disposizione di Tizia e di Caio. Si rimane
comodamente in redazione, tamburellando con le dita per ingannare il tempo, e
si aspetta che ogni singolo leader, ogni singolo partito, mandi il suo video già
pronto per la messa in onda.
Nessun commento:
Posta un commento