Ha scritto Italo Calvino in
“La bomba addormentata nel bosco” (racconto dell’anno 1954) riportato
sul quotidiano “la Repubblica” di ieri, venerdì 25 di maggio 2023:
Manovre
aeree: un aeroplano porta in volo un nuovo potentissimo tipo di bomba H.
Tranquilli ozi delle popolazioni che non ne sanno niente (ma pure qualcuno
presagisce qualcosa). Gli scienziati s'accorgono che per un errore di calcolo
quella bomba che hanno costruita è più potente ancora di quel che credevano:
farà cessare ogni forma di vita sulla terra. Corrono per dare l'allarme. L'aereo
volteggia nell'aria. Le popolazioni sono ignare. Gli scienziati corrono da un
ufficio all'altro dei ministeri. Un errore di manovra. La bomba viene sganciata
dall'aeroplano. La bomba precipita. Le popolazioni come se niente fosse. Gli
scienziati corrono. La bomba cade su una città. Tocca il suolo. Non esplode. Evacuamento
della città. Thrènoi di profughi. Scaricabarile delle responsabilità tra le
alte autorità nazionali. Biasimo a chi ha costruito una bomba così potente,
congratulazioni perché era così potente, biasimo perché non è esplosa,
congratulazioni perché non è esplosa ecc... La vita, in tutte le sue mille
svariate forme, esclama: "L'abbiamo scampata bella!" Nel mondo, dopo
lo spavento preso per la bomba, si proclama la pace universale. Grande sviluppo
produttivo. Cori di un'umanità perfettamente funzionale. Alla città dove era
caduta la bomba inesplosa e per molte miglia intorno per paura di radiazioni
mortali nessuno s'è mai più avvicinato per anni ed è cresciuta una fitta
foresta. È l'ultima foresta che è rimasta sulla terra data la completa
industrializzazione di tutti i continenti. Al margine d'essa gli entomologi
vanno con la rete a caccia di farfalle ma nessuno osa addentrarvisi. Tutta
questa storia è raccontata a una ragazza della nuova generazione che è capitata
per caso, per un guasto alla macchina, ai margini della foresta, da un vecchio
guardacaccia che le sbarra il passo. (Si apprende poi che questo vecchio è il
pilota che ha sganciato la bomba, e che ha passato il resto della sua vita a
farle la guardia). Il vecchio mette in guardia la ragazza dall'entrare nella
foresta. Ma a lei la foresta piace e vi si addentra. Nella foresta vagano
strane figure: sono persone diventate inutili nel mondo pacifico e che hanno
trovato rifugio là: generali, uomini di Stato, poliziotti ecc... La natura
libera. La paura della bomba che cova. Il mondo industrializzato ma che vive
proteso verso la foresta e la bomba una oscura religione. La ragazza si inoltra
nella foresta. Un miliardario s'è messo in testa che nella foresta c'è il
petrolio e vuole raderla al suolo anche a costo di scatenare la bomba. La
ragazza vuole liberare la foresta dalla bomba perché il mondo senza foresta non
è più mondo. Il miliardario si addentra nella foresta. La ragazza si addentra
nella foresta. Quegli aspetti che appaiono alla ragazza da paradiso terrestre,
appaiono al miliardario diabolici. Un uomo della foresta fa saltuarie
apparizioni. Per gli "uomini inutili" è un essere malefico. (In
realtà è un trovatello, abbandonato in fasce nella foresta come tanti oggetti
inutili e là cresciuto). Al miliardario l'uomo compare a confondere il suo
cammino, a farlo perdere nella foresta. Alla ragazza egli appare sempre a
salvarla nei momenti pericolosi. Gli "uomini inutili" si sono alleati
col miliardario. La ragazza trova anche lei i suoi alleati in tante altre
persone che scopre rifugiate nella foresta: rivoluzionari, negri, poeti, gente
obbligata a fuggire dal conformismo del mondo meccanizzato. Il miliardario sta
impiantando le sue trivellatrici nella foresta; ma misteriosamente, come se la
foresta l'avesse inghiottito, sparisce. (Probabilmente è l'uomo della foresta
che lo ha fatto fuori). Gli "uomini inutili" ne ritrovano lo
scheletro e lo portano fuori della foresta per aizzare il mondo civile a una
battuta per catturare l'uomo della foresta. La ragazza e l'uomo della foresta
si amano. Il loro amore fa lussureggiante la foresta come in un'esplosione di
forze naturali. Gli uomini della civiltà meccanizzata si apprestano ad
abbattere la foresta ed evocano la bomba addormentata. Ma invece di avanzare
loro è la foresta che si espande: rami ed erbe si allungano nelle vie della
città, entrano nelle finestre. Gli uomini della foresta sconfiggono gli uomini
inutili. La foresta e il mondo meccanico si fondono. La ragazza e l'uomo della
foresta mostrano che la bomba H non c'è, non si sa dove sia andata a finire,
tutti ormai dicono che non è mai esistita, era solo una leggenda. Tutto è stato
leggenda, dice il coro finale di uomini donne animali piante pietre e metalli,
tutto quel mondo assurdo (cioè quello in cui siamo noi oggi) non è mai
esistito. Di seguito,
“Le armi a
Kiev costano soldi e vite. Chi lo nega dice bugie”, intervista di Giampiero
Calavà al generale Marco Bertolini –
“già comandante del Comando operativo
interforze e della Brigata Folgore, capo di stato maggiore Isaf in Afghanistan,
operativo in Libano, Somalia, Bosnia e Kosovo” - pubblicata su "il Fatto Quotidiano" del 18 di maggio 2023:
“Le armi costano, mandare le armi
a qualcuno costa".(…). …sostenere che gli invii a Kiev non
siano una spesa per lo Stato, come si prodiga a fare la premier Giorgia Meloni,
"è una sciocchezza e lo dice uno che è convinto non si spenda abbastanza
per le proprie forze armate, ultimo elemento di sovranità nazionale
rimasta".
Lei è stato anche candidato (non eletto)
alle Europee del 2019 proprio per Fratelli d'Italia… “(…). …sulla guerra ho le
mie idee e la strategia perseguita è completamente sbagliata”.
Intanto le armi, abbiamo detto, hanno un
costo e chi dice il contrario mente, giusto? Il governo ha stanziato nel dl
Lavoro 15 milioni per potenziare la filiera delle munizioni. “Ma certo che
queste operazioni hanno un costo, come lo ha la spesa sanitaria. Se poi si vuol
parlare di una valutazione fra costi e benefici io aggiungo che il governo Meloni
rispetto alla guerra sia in errore, ribadisco. Se l'obiettivo è quello di far
concludere il conflitto armato in Europa il prima possibile la strategia è del
tutto errata”.
Per lei le armi in Ucraina non bisognerebbe
inviarle, quindi, ma a che punto saremmo se nessuno l’avesse fatto? “La guerra
sarebbe finita da un anno con qualche centinaio di migliaia di morti in meno da
entrambe le parti, non mi sembra poco”.
Ammesso che abbia ragione, ma a che prezzo
per l'Ucraina? “Le guerre in Europa da secoli sono mosse per rivendicazioni territoriali,
è chiaro che le parti debbano, rinunciare a qualcosa sulla base di una
trattativa diplomatica. Che debbano sedersi attorno a un tavolo e discutere.
Altrimenti non se ne esce, ma la mia impressione è che non se ne voglia uscire”.
O che l'obiettivo sia un altro non
dichiarato, come rovesciare Putin. Anche se sembra del tutto irrealistico. O
no? “Non conosco così bene la società russa, non so se ce ne siano le
condizioni. Quel che mi pare chiaro è che in ottica geopolitica globale mantenere
l'Europa divisa dalle fonti energetiche russe alla lunga gioverà molto a
qualcun altro. Quella ucraina è solo la tessera di un conflitto molto più ampio
che coinvolge altri territori, come l'Armenia, l'Arzebaigian, il Kazakistan, la
Libia, la Siria ... e poi c'è la Cina che ha fatto fare la pace a Iran e Arabia
Saudita, questione sottovalutata”.
Crede che il mondo corra un pericolo
nucleare? “Voglio pensare che nessuno voglia veramente arrivarci, ma la linea
rossa è sempre più vicina. Per la Russia, la Crimea e il Mar Nero sono irrinunciabili,
per gli Stati Uniti è irrinunciabile un mondo unipolare guidato da Washinton. Districare
questa matassa inviando armi a chicchessia non è utile alla causa della pace,
mi pare chiarissimo. Purtroppo la bomba atomica non si
può disinventare”.
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