"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 19 maggio 2022

Lamemoriadeigiornipassati. 33 «Franco Battiato era nato a Ionia, una città che non esiste».

 

Il 18 di maggio dello scorso anno Franco Battiato ci lasciava. Nella tristissima circostanza la scrittrice siciliana Nadia Terranova Lo ricordava in “Il dio greco del vulcano, irregolare e imprevedibile” dalle pagine del quotidiano “la Repubblica” - nell’edizione di Palermo - del 19 di maggio dell’anno 2021: Franco Battiato era nato a Ionia, una città che non esiste: è esistita per pochi anni, il tempo di dare i natali a un genio inclassificabile, visionario e libero. Poi, quella cittadina in provincia di Catania, sul mar Ionio e alle pendici dell’Etna, è tornata a essere due, Giarre e Riposto, ma ha continuato a vivere come luogo unico sulla carta d’identità di Battiato. Che, ricordiamolo, non era solo un cantante, ma un genius loci fra i miti e le leggende della Sicilia Orientale, come Scilla, Cariddi e le sirene. Ed era un artista dalle mille incarnazioni: il ballerino scomposto con il corpo da elfo, il filosofo con la barba bruna dei saraceni medioevali, una creatura inafferrabile la cui essenza era mobile fra i dipinti e le parole. Battiato pittore, cantautore, studioso, regista: irregolare in ogni disciplina, imprevedibile e profondo. Battiato era il dio greco del vulcano, il volto arabo della muntagna, il derviscio che danza due metri sopra le colate laviche. Battiato sta all’Etna come Cola Pesce allo Stretto, e forse ora possiamo pensarlo così, a salvare la Sicilia dalle sue mille catastrofi, i terremoti, le eruzioni, e dalle sue disgrazie peggiori, opposte e speculari: il compiacimento e l’incomprensione. Ci mancherà moltissimo, ma sappiamo dove andarlo a trovare. Il siciliano Emanuele Lauria, a quel tempo, Lo ricordava sulle pagine nazionali, sempre del quotidiano “la Repubblica” ed alla stessa data, così: "Maestro, vuole fare l'assessore?". "Presidente, io avrei una tournée europea". "Va bene lo stesso". Novembre 2012, cominciò così l'incredibile avventura politica di Franco Battiato: poco più di quattro mesi al Turismo con licenza di spaziare. Tanto che la sua delega, per capirci, si estendeva alle "meccaniche celesti". Andava così, in quello scorcio irripetibile, nel bene e nel male, della storia siciliana: a Palazzo d'Orleans un presidente comunista, omosessuale e col giubbotto antiproiettile, e attorno una giunta di star. Con Battiato c'era il fisico Antonino Zichichi: uno, l'artista, governava nelle pause dei concerti, l'altro si collegava dal Cern di Ginevra. Doveva fare la rivoluzione, Crocetta, e puntò sulle grandi firme. Abbattendo le distanze. Per avere l'autore di "Povera patria" salì con la sua blindata fino a Milo, nella villa alle pendici dell'Etna, dove concluse con successo un corteggiamento sfiancante. "Va bene, accetto, ma io non amministrerò: contaminerò": disse proprio così, Battiato, gettando nello sgomento l'Isola dei califfati e delle poltrone distribuite con il Cencelli. A Palermo, come detto, si faceva vedere ben poco. La prima volta mise le cose in chiaro: "Non voglio avere a che fare con i politici". Obiettivo ambiziosetto, per un assessore. La seconda volta mise da parte ogni circonlocuzione: "Qui si sono fottuti tutto". Riferimento colorito agli uffici squassati dal caso Giacchetto, il manager al centro dell'inchiesta su opachi e robusti finanziamenti per pubblicità, comunicazione, grandi eventi. Battiato era, ovviamente, immarcabile, malgrado i lodevoli tentativi del dirigente generale Alessandro Rais, uno degli uomini di cui Crocetta si fidava di più. Un alieno, quel cantautore dall'aria mistica, anche nel parlamento più antico d'Europa: un giorno si presentò a Palazzo dei Normanni senza cravatta, con una giacca di velluto e gli occhiali da sole new wave. Non lo fecero entrare. Lui trovò la cosa assurda e si lasciò andare in una dissertazione surreale, in cui alternava il dialetto catanese e citazioni di Ibn Hamdis, di Rilke, di Holderlin. Non aveva idee, aveva visioni: Lady Gaga al Politeama con l'orchestra turkmena, una Sicilia neofedericiana. Ma no che non poteva durare. Cominciarono a criticarlo per le assenze. Il presidente dell'Ars Giovanni Ardizzone lo bacchettò durante la discussione del Dpef, ma figuratevi uno come Battiato che rapporto potesse avere con il Dpef. Ebbe il tempo di annunciare un dossier sulle anomalie nella gestione dell'assessorato al Turismo prima del suo avvento. "Si sono fottuti tutto", appunto. Qualcuno pensò di querelarlo: "Non è che siccome si chiama Battiato può dire tutto". La straordinaria parabola dell'assessore Francesco Battiato, che nei ridicoli archivi di Palazzo d'Orleans trovi alla voce "tecnici", si interruppe d'improvviso il 27 marzo del 2013, con la leggendaria accusa alle "troie in Parlamento": quella frase Battiato la pronunciò a Bruxelles e risuonò negli emicicli di Camera e Senato. Indignazione generale che coinvolse persino Matteo Salvini, lo stesso che oggi pubblicamente lo piange e che allora lo definì sui social "Piccolo uomo". Lui, il Maestro, ignaro dei 400 lanci di agenzie che riportavano le reazioni indignate alle sue dichiarazioni, quella sera rispose al telefono da Bruxelles. "Non ci posso credere. Io non ce l'ho con le donne ma con chi si vende, con i politici corrotti". Un discorso in linea con quanto cantava in "Povera patria", dove i governanti sono definiti "perfetti e inutili buffoni". Troppo tardi. Crocetta non trovò la forza di difenderlo, lo sollevò dall'incarico e inviò una lettera di scuse ai presidenti di Camera e Senato. "Dissi a Rosario che non poteva cacciare Battiato, interpretando il pensiero di migliaia di siciliani. Ero deluso e triste, abbastanza convinto che Battiato fosse al di là del bene e del male", ricorda oggi Giancarlo Costa, uno dei più stretti collaboratori di Crocetta. Ma era finita, quell'esperienza. Si era chiusa un'epoca, visto che l'allora governatore ne approfittò per allontanare anche Zichichi, che in un memorabile discorso a Sala d'Ercole aveva narcotizzato la platea parlando di raggi cosmici e meccanica quantistica. Addio alla giunta delle star. E al posto di Battiato, Crocetta nominò la sua segretaria particolare, Michela Stancheris. La stagione dei portenti era già terminata.

Nessun commento:

Posta un commento