"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 3 maggio 2022

Dell’essere. 40 Edith Bruck: «Il mio sogno era quello di avere un negozio in cui vendere pane e fiori. Il pane perché è indispensabile, i fiori perché sono la bellezza».

Ha scritto Michele Serra in “Lo scontro finale”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 28 di aprile 2022: (…). …un impiccio, non piccolo, che forse potrebbe far riflettere, nel caso riattivassero il cervello, perfino Putin e il suo entourage di purificatori “anti-individualisti”. Quando Patrushev (Nikolai Patrushev, segretario del Consiglio di sicurezza della Federazione Russa n.d.r.) indica nella “priorità del privato sul pubblico” il peccato capitale dell’Occidente, si ride di gusto. Perché il pensiero corre subito agli oligarchi, e al più grande furto di beni pubblici mai visto nella storia umana per mano di pochissimi privati di mano lesta. È per loro conto che il signor Patrushev e il suo boss governano la Russia, depredata di tutto senza che un’ombra, dico un’ombra di capitalismo virtuoso abbia spartito almeno una parte del gigantesco bottino con il popolo derubato. Sono nati tanti panfili, poche fabbriche: questo il modello di potere in auge in quel disgraziato Paese. Non avremmo mai creduto, da giovani, che lo scontro finale sarebbe stato tra capitalismo e feudalesimo. Oggi, 3 di maggio, la scrittrice Edith Bruck – ebrea di origine ungherese, a 13 anni rinserrata nel ghetto e successivamente deportata ad Auschwitz – compie 91 anni. Di seguito, “La guerra ci fa regredire”, intervista di Roberto Zichittella alla scrittrice riportata sul settimanale “Famiglia Cristiana” del 24 di aprile ultimo: (…). Edith, parliamo di questa guerra? «Sì, parliamone. Questo mondo è molto triste, l'uomo non impara nulla, ripete i suoi errori. Vederlo alla mia tenera età di 90 anni è una cosa desolante. Quello che accade in Ucraina è più di una guerra, è una barbarie. Assistiamo all'invasione dei barbari, che uccidono chiunque passa, senza tener conto della violenza contro le donne, i bambini e gli anziani. Non ci sono parole, è mostruoso. Una volta ho raccontato che nel lager ho visto giocare a calcio con la testa di un bambino, ma era così incredibile che la gente rideva, però capitano cose del genere anche oggi. Stiamo andando indietro con la storia».

Il presidente ucraino Zelensky ha detto che è peggio della Shoah. Lei che l'ha vissuta sulla sua pelle e d'accordo? «No, quel paragone è stato un errore, non c'entra per niente. Allora i nazisti avevano pianificato a tavolino l'annientamento degli ebrei, ora per fortuna non sta accadendo questo».

Segue le notizie dall’Ucraina ogni giorno? «Sì, vedo i telegiornali e sento le notizie che mi porta Olga (l’assistente domestica n.d.r.). I suoi familiari vivono a Leopoli, la chiamano più volte al giorno e ogni tanto scappano nei rifugi. I suoi nipoti sono molto spaventati. Questa guerra ci interessa perché si combatte alle porte dell'Europa, vicino a noi, ma è un grave errore disinteressarsi delle guerre lontane. Nel mondo globalizzato ci riguarda quello che accade in Siria o in Afghanistan, non dobbiamo scordarci di questi conflitti. Spesso di accorgiamo di alcuni conflitti solo quando ci arrivano in casa i profughi».

Con gli ucraini siamo stati accoglienti? «Sì, li abbiamo accolti a braccia aperte, ho visto veramente grandi slanci di solidarietà. Ma poi ho anche pensato che questo è accaduto perché gli ucraini sono bianchi, biondi, belli. Li sentiamo più simili a noi ed è facile identificarsi con loro. Mentre gli altri profughi li respingiamo alzando muri e barriere di filo spinato, oppure augurando loro di affogare, come ho sentito dire in televisione da una donna. Queste cose mi feriscono profondamente, è come una coltellata. Dovrebbe essere così per tutti, ma forse io lo sento di più perché ho sofferto molto, ho subito molta violenza. Mio marito mi diceva di non prendere tutto sulle mie spalle, ma non posso farne a meno».

Di questa guerra c'è qualche episodio che l'ha particolarmente sconvolta? «Mi sconvolge tutto, ma la menzogna è la cosa più terribile, perché confonde la gente. Mi spaventa la disinformazione totale in Russia, dove la maggior parte delle persone non sanno che cosa accade, viene tutto negato o nascosto. Si rigettano le accuse sull'avversario, si seminano dubbi. La menzogna è un altro delitto e la storia è seminata di menzogne».

Che cosa le fa paura? «Il momento peggiore delle guerre è quando i dittatori stanno perdendo, e ormai Putin ha perso questa guerra, quindi c'è da aspettarsi il peggio. Io ricordo che fummo liberati dai campi nel gennaio del 1945 ma i nazisti continuarono a uccidere furiosamente e senza pietà fino in primavera, fino all'ultimo giorno di guerra».

È sicura della sconfitta di Putin? «Sì, Putin non immaginava questo attaccamento alla terra degli ucraini, disposti a morire per difendere il loro Paese. Putin ha fatto male i suoi calcoli, ha perso la faccia e perderà la guerra. Gli ucraini hanno fatto bene a resistere, anche se non mi piace che siano stati riempiti di armi dall'Occidente. Troppe armi allontanano la pace».

In Il pane perduto lei ha scritto dei "punti di luce" che le hanno dato speranza, in questa guerra vede dei punti di luce? «La luce siamo noi che mandiamo gli aiuti umanitari. Siamo noi che accogliamo i profughi a braccia aperte. La luce sono i bambini che mi scrivono, mi mandano disegni, mi ringraziano di quello che ho raccontato loro nelle scuole. Mi sento ripagata dal loro ascolto, se riesco ci scriverò un libro».

Come scrive? «Scrivo a mano, su un grande quaderno a quadretti. Ci vedo poco, ma scrivo dritto e la mano va avanti da sola. È stato qui Luigi Manconi, anche lui ipovedente, e mi ha chiesto che cosa farò da cieca. Gli ho risposto che mi basta non perdere di vista il tablet, il telefono, le gocce per gli occhi e il pacchetto di sigarette. Se non riuscirò più a scrivere, sarà la fine».

Scrivere fa bene? «Sì, è bello esprimersi. Butti fuori quello che hai dentro, ti svuoti dall'amarezza e dalla tristezza. La felicità non fa scrivere».

In questa stanza dove parliamo il 20 febbraio 2021 è venuto a trovarla il Papa, rimasto impressionato dal suo libro Il pane perduto. Vi sentite spesso? «L'ho rivisto a gennaio a Santa Marta. Mi ha regalato una sciarpa di cachemire molto bella e me l'ha messa sulle spalle dicendomi che dovevo proteggermi dal freddo. Così mi sono messa a piangere, perché i gesti e le parole di Francesco mi commuovono molto. Mi ha telefonato anche un paio di volte ed è bello perché io rispondo e lui mi dice "Sono Francesco''. Il Papa emana un grande calore umano, gli ho detto che il nostro è l'incontro di due umanità».

Lei non prova rancore per quello che ha sofferto? «Non ho sentimenti di rivalsa o di vendetta. Io abbraccerei il mondo, ogni essere umano va rispettato e accettato per quello che è. Non dico tollerato perché detesto questa parola. Se uno crede davvero, non può dire che Dio ha preferito questo a quello. Credere è qualcosa di molto serio e di interiore, non mi piace mischiare Dio in nessun misfatto dell'uomo, eppure abbiamo visto che nel nome di Dio si uccidono milioni di persone».

Ci sono ricordi che le fanno ancora male? «Crollo e piango solo quando penso al momento della separazione da mia madre e al ragazzo fascista che schiaffeggiò mio padre. Lì compresi era tutto finito. (…). Sai, il mio sogno era quello di avere un negozio in cui vendere pane e fiori. Il pane perché è indispensabile, i fiori perché sono la bellezza».

1 commento:

  1. "C'è una crudeltà dentro l'uomo, che fa paura. Il negazionismo mi fa paura, perché, se l'uomo non si confronta con i suoi misfatti, allora non imparerà mai. Infatti, l'uomo non impara mai niente e ricomincia da capo... Anche una goccia di bene è importante in questo mare nero... Quando i ragazzi mi scrivono e giurano che faranno testimonianza, quando io non ci sarò più, che hanno capito tutto, che non guarderanno più in modo distorto i loro compagni, questo mi ripaga di tutta la fatica che faccio da anni ". (Edith Bruck). " La mia forma di perdono è aver imparato a non odiare ". (Edith Bruck). " Edith Bruck riesce a coniugare la necessità di ricordare con la pulsione verso la vita. La voglia di proiettarsi nel futuro con la forza del vissuto". (Carlo Lizzani). È questa la caratteristica che amo particolarmente nella personalità meravigliosa e impareggiabile di Edith Bruck! Grazie per la condivisione di questo stupendo e prezioso post e buona continuazione.

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