Il “compagno” Enrico Berlinguer oggi, 25 di maggio
2022, avrebbe compiuto 100 anni. Tratto da “Il
giovane Enrico, il pane e la lotta” di Vindice Lecis, pubblicato su “il
Fatto Quotidiano” del 15 di maggio 2022: (…). In un’intervista alla Nuova Sardegna
del 15 gennaio 1984 al direttore Alberto Statera, a proposito dei moti del pane
del gennaio 1944, Berlinguer spiegava che si trattò "di una forte e
tumultuosa protesta della parte più povera della città, provocata soprattutto
dalla penuria dei generi alimentari di prima necessità ma anche dalla
permanenza in molti posti di comando di gerarchi fascisti, nonostante da mesi
fosse caduto il regime e la Sardegna fosse stata liberata". Aggiungeva
che "la massa principale era di donne e giovani dei quartieri popolari,
che allora erano il centro di Sassari". A questo proposito ricordava
"bene anche la montatura imbastita da molti capi della polizia, che
inventando di sana pianta reati gravissimi mai commessi cercarono di
Scompaginare la forte organizzazione giovanile comunista che si era formata nei
mesi precedenti nella nostra città". Il sindacalista Nino Manca, in un
libro curato da Tore Patatu (edito nel 1993 dalla Libreria Dessì) tratteggiò in
modo vivace la poverissima Sassari e quanto accadde nei "moti del
pane" all'indomani della caduta del fascismo in una città stretta tra fame
e inquietudine. Eravamo, scrive Manca, una "massa di persone in età giovanile,
assolutamente inesperta nell'organizzare manifestazioni o dimostrazioni di
qualsiasi natura, e ancora più incapace di organizzare e gestire manifestazioni
così dure e così aggressive come furono quelle di allora". Enrico
Berlinguer era il capo del circolo giovanile comunista in via San Sisto,
descritto da Giuseppe Fiori nella sua Vita di Berlinguer (Laterza, 1989) come
"un budello fradicio con odore di cavoli e lardo a spina sul Corso".
In quella sede la sera del 12 gennaio una ventina di ragazzi dei rioni popolari
ascoltano il segretario del circolo. Berlinguer è uno studente di 22 anni,
prossimo alla laurea in legge, figlio di Mario, uno dei leader del Partito d'azione
e nipote di Enrico, che fu esponente di una famiglia di piccola nobiltà agraria
e avvocato repubblicano garibaldino, deputato dell'Unione amendoliana e
fondatore della Nuova Sardegna. Quei giovani comunisti - tra cui Nino Manca,
Nino Pinna, Pietro Carta, Giuseppe Cossu, Paolo Achenza e molti altri -
discutono della manifestazione dell'indomani 13 gennaio. E si dividono i compiti,
compreso quello di mostrare – e sarebbe stata la prima volta dopo il fascismo -
un grande drappo rosso confezionato da un certo Ricci abitante in via Alghero.
La notte diluvia, ma l'indomani molte centinaia di manifestanti percorrono in
corteo la città. Chiedono la distribuzione di pane, pasta e olio. Sassari è
stremata, povera, affamata. Nel descrivere lo spettacolo di miseria di molte
zone, Nino Manca racconta che in vicolo Sant'Elena, la famiglia di Pietro
Francesco Conti, ogni notte doveva tirare su con una carrucola il tavolo da
pranzo che rimaneva così sospeso per aria durante tutta la notte, muto spettatore
della miseria imperante, In quell'unico vano di 25 metri quadrati vi abitavano
in dodici: nonna e nonno, padre e madre, cinque figlie femmine e tre maschi. Torniamo
al corteo che arriva in piazza d'Italia che invoca tra le urla la rimozione del
prefetto considerato fascista. La polizia carica e i manifestanti si dirigono
allora verso la sede della Commissione Alleata. Berlinguer li guida. Il corteo
si scioglie tra le tensioni. La sera, durante una riunione urgente nel circolo
in via San Sisto 4, i dirigenti del Pci degli "adulti" appena rinato
- diretto da uomini che avevano fatto carcere e confino come Andrea Lentini che
nel 1920 era stato sindaco di Gonnesa - critica duramente l'avventurismo dei
giovani compagni che partecipando a queste manifestazioni, ammoniscono, fanno
il gioco dei fascisti, nascosti e sempre presenti. Ma il giorno dopo le
manifestazioni riprendono. Gli scontri più duri, questa volta con l'impegno
dell'esercito con carri armati leggeri, mitraglie, fucili, moschetti che
occupano tutta l'area del centro da piazza Castello a piazza Municipio fino a
porta Sant'Antonio. Il corteo con il drappo rosso con falce e martello, arriva
in via Mercato e in via Rosello, segue un'irruzione al mercato del pesce dove
il direttore dottor Marras venne colpito con un cestello. "Il poco che
trovano - ricostruisce Peppino Fiori - semola, pasta, zucchero e carbone è
immediatamente distribuito”. Un primo scontro avviene al corso Vittorio
Emanuele con i primi feriti e alcuni arresti. Due giovani sono liberati da tal
Mario Usai, che se li fa consegnare senza colpo ferire dai militari, fuggiti a
gambe levate. Durante un'incursione al panificio della ditta Arru-Fadda in via
Capo d'oro vengono sottratti cinque quintali di pane. L'assalto si ripete al mulino
Farbo-Naseddu e al magazzino Fara. Un concentramento si forma in piazza Santa
Caterina dove ci sono gli uffici annonari, spostandosi in piazza Municipale
presidiata dall'esercito. I manifestanti ricorda Nino Manca "superando la
barriera delle mitragliatrici la occupano, trovandosi a contatto fisico con i
soldati che si trovano mescolati con la folla dei dimostranti senza che nulla
di grave accada". Per i giovani comunisti sarà un duro risveglio il giorno
dopo. Criticati dal partito, sconfessati dalla Concentrazione antifascista,
sono oggetto anche di una repressione poliziesca. In galera finiscono molti di
loro tra i 43 arrestati. Tra questi appunto Enrico Berlinguer portato in
manette la mattina del 17 gennaio 1944 nella caserma dedicata al suo antenato
Gerolamo Berlinguer che nel 1835 aveva sbaragliato la banda del fuorilegge
Battista Canu. "Comunista convinto, studioso delle teorie leniniste, dopo
la caduta del fascio fu uno dei promotori e fondatore del Partito comunista a
Sassari - scrive in un rapporto il questore Dino Fabris, già funzionario della
famigerata e occhiuta Ovra. Nominato segretario della sezione giovanile, si
assunse il compito di spiegare le nuove idealità alla massa impartendo
periodiche lezioni di comunismo a un certo numero di gregari ... Fanatico
dell'idea, credette giunto il momento di applicare alla pratica le teorie più
spinte del partito". Berlinguer e i suoi compagni restano in carcere a San
Sebastiano cento lunghi giorni. Ne usciranno domenica 23 aprile 1944. Due mesi
dopo Berlinguer è già a Salerno col padre Mario dove conosce Palmiro Togliatti,
appena rientrato dal lungo esilio e dalla esperienza alla guida del Comintern. In
tanti anni continentali Berlinguer però non smise mai di coltivare i suoi rapporti
con la Sardegna e con Sassari. Ritornò più volte per partecipare a iniziative
politiche - l'inaugurazione della federazione di via Mazzini nel 1973 e diversi
comizi in piazza, l'ultimo nel 1982 - e occasioni private. Come per assistere
alla Faradda (la secolare festa dei candelieri) del 14 agosto, trascorrere le
sue vacanze a Stintino o passeggiare quasi intimidito dalla gente che lo saluta
tra piazza d'Italia, via Giorgio Asproni e viale Dante dove in una casa presa
in affitto era nato alle 3 del 25 maggio 1922. Così vicina alla chiesa di San
Giuseppe che il 30 giugno dell'anno prima aveva visto il padre Mario sposare
Mariuccia Loriga, figlia di Giuseppina Satta-Branca. E dove venne battezzato il
9 luglio con il nome di Enrico, come il nonno repubblicano.
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