"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 22 maggio 2022

Dell’essere. 41 «Quelle maledette armi con cui, invasori e invasi, sperano di vincere la guerra».

 

 
Tratto da “L’atroce bellezza del soldato morente” di Tomaso Montanari pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 20 di maggio 2022: (…). …se oggi mi è tornata in mente questa tela (sopra, “Soldato morente”, secolo XVII, di incerta attribuzione n.d.r.) magnifica non è per la sua attribuzione, ma per il suo significato. Un soldato morto, o forse meglio sul punto di spirare. In una caverna, tra teschi e ossa: come un san Giorgio sconfitto dal drago. Composto come un ballerino, cui potrebbero appartenere quelle leziosissime scarpe col fiocco. È quasi l'alba, il cielo si rischiara. Ma la lanterna ha finito l'olio, si spegne: il soffio vitale è esaurito. E le bolle, in primo piano, parlano dell'umana fragilità, della facilità di spezzare una vita. In queste settimane ho pensato ogni giorno ai civili, ai genitori e ai figli, ai maestri e ai medici dell'Ucraina sotto le bombe. Ai disertori: perché è benedetto chi dice no alla guerra, in ogni modo e in ogni forma. Ma questo quadro è un epicedio per chi è caduto in armi. Quelle maledette armi con cui, invasori e invasi, sperano di vincere la guerra. Belle, scintillanti, eleganti: come una bara che chiude per sempre corpo e anima di questo soldato steso ad aspettare la morte. Ma più bello delle armi è il soldato: i suoi capelli ribelli da ragazzo, il suo profilo elegante, la sua mano ossuta e troppo grande - come succede agli adolescenti che non hanno finito di crescere. Bello: ma di una bellezza atrocemente rapita dalla morte. Come non vederci i corpi senza vita dei soldati russi, mandati al massacro da un tiranno mostruoso. E quelli dei soldati ucraini, che né il loro governo né i nostri riescono a salvare. Sono tutti uguali nella morte. Perfino quelli dei mostri che combattono su entrambi i fronti. I nazisti del battaglione Azov col sole nero sull'uniforme, e i ceceni che sembrano posseduti dalla morte anche da vivi. Ma davvero di fronte a un corpo così qualcuno riesce a parlare di eroismo e di patria, di bandiere e libertà? Ideali per vivere, non per morire. Lasciamo che a celebrarli con parole colme di menzogna siano i capi dei governi: che a morire non vanno. Noi sostiamo in silenzio, accanto a quei corpi. Tutti sdraiati così, mentre il sole sorge inutilmente e la lanterna della vita si spegne. Ha scritto Michele Serra in “Come taniche vuote”, pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del 15 di maggio 2022: Di tutte le notizie di guerra, molte delle quali di infernale brutalità, questa dei cadaveri dei soldati russi lasciati a terra come taniche vuote, e non reclamati da Mosca, è forse la più crudele. Non ci fossero numerose testimonianze dirette, di molte fonti diverse, si stenterebbe a credere che per davvero si possa compiere un simile tradimento dei propri figli. Perché di questo si tratta: ragazzi di vent'anni mandati a morire dai loro padri e dimenticati nella polvere e nel fango. Riportare in patria quei corpi, e consegnarli alle famiglie, significherebbe ammettere che i morti russi sono molte migliaia, forse dieci volte più delle cifre ufficiali. La cura dei morti è antica come la civiltà umana. Esprime pietà per chi abbandona la vita e contiene, al tempo stesso, la speranza che il viaggio continui in un altro mondo. Soprattutto per questo in tutte le culture le pratiche di sepoltura sono così accurate: è un lungo viaggio, e ci si deve presentare in ordine. Specialmente per chi ha fede, o dice di averla, abbandonare ai corvi e ai topi un cadavere è un sacrilegio. Chissà se ha qualcosa da dire in proposito il patriarca Cirillo, ammesso che trovi il tempo, tra una benedizione della guerra "in difesa dei valori tradizionali" e una maledizione dell'Occidente corrotto, di fare finalmente il prete, e ricordarsi di portare i sacramenti ai defunti, e dare loro sepoltura. Perché quei cadaveri abbandonati fanno pensare, inevitabilmente, che dei valori tradizionali, ai capi della Russia, non importi un bel niente. Paradossale che tocchi a noi miscredenti ricordare al patriarca il suo mestiere.

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