"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 12 aprile 2022

Notiziedalbelpaese. 59 Michele Serra: «Scoprirsi impreparati o inadatti, a qualunque età, può spalancare le porte dell'autocoscienza».

 

Ci provo a venir fuori dal pelago burrascoso della guerra. Me ne offre l’occasione Pino Corrias il quale, su “il Fatto Quotidiano” di ieri lunedì 11 di aprile 2022, ci offre la cronaca di un avvenimento importante ed istituzionale – avvenuto nell’emiciclo del Senato – che misura l’esiguo spessore delle persone che sono state chiamate a reggere le sorti del bel paese. Di codesti personaggi d’avanspettacolo ne ha scritto – per tutt’altre ragioni - Michele Serra sul quotidiano “la Repubblica” del 9 di aprile ultimo col titolo “E se saltassero un turno?”, giusto per dire di quali enormi, stratosferiche “cavolate” siano capaci gli illustri personaggi che occupano gli scranni alti del parlamento: (…). Lo stacco tra una tragedia storica e il siparietto serale dell'onorevole che in sei secondi, magari nel tragitto tra Montecitorio e il ristorante, deve dire la sua sulla tragedia storica, è abissale. Per giunta aggravato dalla qualità, generalmente alta, dei servizi degli inviati di guerra con il giubbotto antiproiettile. È probabile che almeno la metà dei dichiaranti colga la difficoltà di comparire, senza preavviso, in coda al macello: sente la trascurabilità della parte che il copione gli assegna. E preferirebbe, in cuor suo, saltare un turno, anche due o tre. Ma il tran tran ormai pluridecennale non lascia tregua, l'onorevole Tizio teme che, se lui rinuncia, invece Caio parla, ognuno ha il suo posto assegnato, in quel carosello: è uno sporco lavoro, ma qualcuno dovrà pure farlo. La politica è un mestiere difficile, dunque non si vuole infierire su chi, magari per spirito di servizio, si presta ad apparire, come il cucù dal suo orologio, nei tigì della sera. Può essere d'aiuto, però, rivedersi il giorno dopo (è molto professionale, rivedersi), e concludere che era meglio imboccare un vicolo e non farsi trovare dalla troupe; o lamentare un mal di testa o un mal di denti invalidante, come fanno gli studenti impreparati per rimandare l'interrogazione. Scoprirsi impreparati o inadatti, a qualunque età, può spalancare le porte dell'autocoscienza. Il titolo della “cronaca” di Pino Corrias è “Casellati meglio della mia amica Mara”: Ho sempre considerato Giovanna Maria Vittoria Alberti senatrice Casellati, fresca di candidatura al Quirinale per conto della Destra patriottica, una risorsa della Repubblica. Fonte di buon umore nei momenti più cupi. E anche stavolta – nel pieno del massacro in corso – non ci ha deluso. Anzi si è superata, quando ha celebrato, con qualche lacrima, Giampaolo Pasolini, autore delle “Ceneri di Giangi”, sommo intellettuale dell’altro secolo, ma così sommo che se lo avesse mai incontrato una sera a Padova, certamente avrebbe chiamato aiuto e forse anche i carabinieri. Ascoltando la sua bella prolusione, mi sono ricordato della mia amica Mara che in quanto a non sapere nulla del mondo e vivere contenta, mi sembrava, fino a ieri, insuperata e insuperabile. Vi racconto. Non avendo mai letto un libro intero in vita sua, la mia amica Mara, signora d’attico romano, esperta d’aperitivi e chiacchiere, si mise in testa di iscriversi a un corso di teatro contemporaneo per diventare attrice. Al saggio di ammissione portò una poesia che aveva sentito una volta a scuola e che lesse con voce tonante, come immaginava si dovesse fare. Diceva così: “Eì fu. Siccome immobile/dato il mortal sospiro/ stette la spoglia immemore/orba di tanto spiro/così percossa, attonita/la terra al nunzio sta”. Eccetera. A fine recita, tra risatine, colpi di tosse e occhi al cielo, i commissari le chiesero come mai, carissima signora, portava proprio quel bagaglio di poesia risorgimentale al saggio di teatro contemporaneo. E lei, che non sapeva niente di niente, sciaguratamente rispose: “Mi ha incuriosito perché è dedicata a Manzoni”. “In che senso dedicata”? E lei: “Alla fine della poesia c’è proprio la dedica: A Manzoni”. Due starnuti e un piccolo applauso salutarono la rivelazione. “C’è il punto!”, esclamò il più impaziente tra i commissari. “Che punto?” “Dopo la A maiuscola c’è il punto!”. “E allora?” chiese lei irritata dal trascurabile dettaglio. “Allora quella A col punto sta per Alessandro. Il nome del poeta”. Mara sbalordì, arrossì, uscì. Per entrare direttamente negli annali. Toccherà anche alla nostra Nicoletta Letizia Alata Alberti senatrice Casellati. Peccato che neanche gli occhi sbarrati di Tracia Maraini, vedova di Agostino Moravia, amica di Giampaolo Pasolini, le abbiano suggerito di fermarsi, respirare, trovare il modo di arginare la sua stessa rovina con le scuse e la fuga. Invece niente. Imperturbabile è rimasta. Cocciutamente ignara. Come fu ai tempi in cui proclamò che davvero Ruby Rubacuori era la nipote di Mubarak, guadagnandosi la medaglia di “Zia di Ruby”. O quando venne pescata a volare sui voli di Stato, usati come suo personale vaccino anti Covid, per andare a casa o al mare senza incontrare l’odioso virus e i monatti al seguito. Sarebbe bello, se mai si riuscisse di trovare un suo portavoce non ancora licenziato (ne ha fatti fuori sette) per chiedere un appuntamento e presentarle Mara. Diventerebbero amiche al cento per cento: lo so, ma non ho le prove. E, per come suggerisce Michele Serra, gli onorevoli (?) “saltassero un turno?”. Giammai!

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