“Guerra&Massacri”. Pagine di un “post” che
riportano alla memoria lo scrittore americano Kurt Vonnegut (Indianapolis, 11 di
novembre dell’anno 1922 – New York, 11 di aprile dell’anno 2007). Lo ha
ricordato Alessandro Robecchi in “Effetti
collaterali. L’irredimibile merda della guerra infetta ogni cosa” su “il
Fatto Quotidiano” del 6 di aprile 2022: “Non
c’è niente di intelligente da dire a proposito di un massacro”,
scriveva Kurt Vonnegut (Mattatoio n. 5). Aveva ragione, niente pare doloroso e
prevedibile come il fiume di parole che insegue in questi giorni i poveri
fantasmi di Bucha, civili innocenti ammazzati con le mani legate, o torturati,
o fucilati e lasciati lì, un po’ per monito e un po’ per mettere un timbro
sull’impunità di chi fa a guerra. E già ticchetta l’osceno ping pong dei
paragoni, un chiedersi attonito se Bucha valga My Lai, o l’Iraq, o Srebrenica,
o Aleppo, perché una barbarie, poi, pare un po’ meno barbara se la metti vicino
ad altre barbarie, se in qualche modo l’archivi; come se storicizzare fosse un
po’ cauterizzare le ferite, e – alla fine – farsene una ragione. La guerra è
una faccenda che appartiene alla Storia, e si cristallizza lì, senza insegnare
a nessuno il modo di non fare altre guerre, peraltro. Ma la guerra è anche una
faccenda terribilmente personale, se finisci morto o torturato in una strada
del tuo paese. Tra questi due estremi – tra il cinismo del Grande Disegno
Geopolitico Globale e il terrore gelato dell’attesa di un colpo in testa, le
mani legate dietro la schiena – lì, nel mezzo, sta tutta l’irredimibile merda
della guerra. Meccanismo poderoso, che muove strategie e imperi, e interessi, e
miliardi di tonnellate di gas, o petrolio, o armi, o soldi, dollari, euro,
rubli – e dove poi rimane stritolato un innocente da qualche parte, magari
faceva il panettiere, o la moglie, o il figlio, o gente che scappava. Nell’orribile
caleidoscopio di immagini che scorre in questi giorni, ci sono stati mostrati
anche i presunti colpevoli, chi lo sa se poi sono loro, ma insomma, dei
ragazzotti siberiani dell’unità 51460, facce da liceali ripetenti, militari
della Jacuzia, lassù, lontanissima da Kiev. Chissà se si riuscirà ad accertare
le responsabilità vere, personali, in quei solenni teatri che sono le aule
della Corte Penale Internazionale dell’Aja sui crimini di guerra (della quale
peraltro Russia, Cina e Stati Uniti, non hanno mai voluto aderire, o non hanno
ratificato i trattati). E non dovremo stupirci se poi, a un certo punto,
sentiremo rimbalzare una delle frasi simbolo del Novecento, la più schifosa:
“Ho solo eseguito degli ordini”. E dunque tutto pare già scritto e già tutto
sfuma nelle nebbie delle propagande incrociate, nell’ostensione dei martiri in
prima pagina, che mischia un doveroso “è giusto sapere” a un nuovo terrificante
uso di quei morti: più armi! Più missili! Più carrarmati! Insomma, “più guerra”
– è la risposta – non “meno guerra”; e quindi più barbarie. Così succede che la
guerra infetta ogni cosa. In guerra fanno carriera i peggiori, gli istinti più
orribili vengono premiati, incoraggiati, l’assenza di pietà è un notevole
valore, come si è visto in ogni posto dove sia passata. E dietro, nelle
retrovie – anche questo si sa da sempre – fanno affari i più cinici, quelli che
scommettono sul prolungarsi del conflitto, che cementano nazionalismi, che
soffiano sul fuoco, che vendono armi, eccetera eccetera. Tutte cose che si
sanno, ed eccoci, oplà, ricaduti nel grande gioco della Storia, in cui le vite
dei caduti civili e innocenti scompaiono di nuovo, smettono di essere vite
reali, storie personali, e diventano statistiche, casi di scuola da rimbalzarsi
addosso per sostenere tesi, o teorie, o ricostruzioni, e ognuno avrà il suo
massacro di riferimento, che coi poveri massacrati non c’entra più quasi
niente, anche se la guerra sono loro. Alla stessa data il quotidiano “la
Repubblica” ha ricordato Kurt Vonnegut con l’“Orazione laica per la pace”, ovvero riportando il Suo discorso
tenuto alla “Barnstable High School” di Barnstable nel Massachusetts il 23 di ottobre
dell’anno 1969. Tempo, quello, che viveva gli indimenticabili orrori del Vietnam.
Non
è questo il momento per un lungo e pomposo discorso. Il nostro messaggio sta
nel fatto che siamo qui. La nostra presenza dice tutto quello che c'è da dire:
"Fate finire il massacro". Non ci saranno applausi. Non abbiamo nulla
da festeggiare. Siamo qui perché i nostri leader hanno commesso errori che
hanno avuto conseguenze agghiaccianti: mutilazioni, morte e corruzione. Siamo
qui per aiutare i nostri leader a fare in modo che la tragedia non continui in
eterno - e che la soluzione finale non sia il genocidio o una bomba
all'idrogeno. Siamo qui per dare una mano. Il nostro presidente ha ricevuto i
migliori consigli dei rispettabili militari, gente coraggiosa. Facciamogli
sentire pure la voce dei rispettabili civili. Anche noi siamo gente coraggiosa.
Nessun oratore potrà risollevarvi il morale stasera, perché nessun oratore può
dire l'unica cosa che vorreste sentire: "In Vietnam c'è la pace".
Sarebbe possibile elettrizzare alcuni di voi con un discorso carico d'odio
verso gli alti papaveri dell'esercito e le grandi aziende che stanno facendo
palate di soldi con questa guerra. Ma stasera qui non c'è posto per l'odio. È
una serata magica. Milioni di persone sono radunate in assemblee come questa da
un capo all'altro degli Stati Uniti, e il sentimento della serata è l'amore. Le
parole d'amore che stiamo dicendo col nostro essere qui sono queste: "Fate
finire il massacro". Quelli che ci disprezzano per le nostre parole
assolutamente cristiane dicono così: "Lasciate proseguire il massacro. Voi
non sapete quello che sanno i militari". Così dicono. Be', noi di morte ce
ne intendiamo quanto i militari. Non c'è bisogno di fare l'accademia a West
Point o a Fort Benning per imparare a conoscere la morte. Noi alla morte siamo
contrari, non favorevoli. Fate finire il massacro. E come la mettiamo con i
sudvietnamiti che verranno uccisi dai nordvietnamiti se ci ritiriamo? Aiuteremo
anche loro a venire via. Possono venire qui da noi, e assaggiare per la prima
volta la libertà. Non mi interessa ripercorrere la triste storia di questa
guerra. Era una guerra civile. Non siamo stati attaccati sul nostro territorio.
Abbiamo scelto da che parte schierarci nella guerra civile e abbiamo attaccato.
È stato un errore terribile, che ha avuto come risultato migliaia e migliaia di
morti inutili. Siamo qui per dire al nostro presidente che non ci vergogneremo
se ammetterà che è stato un errore. L'imbarazzo che ne deriverà possiamo
tollerarlo. Quello che ci sembra intollerabile è che l'errore vada avanti in eterno.
Siamo qui per salvare delle vite. Siamo qui anche per salvare il nostro onore.
Siamo qui per evitare una vittoria ottenuta col genocidio. Tutti i paesi
commettono errori. Solo i paesi profondamente liberi e onesti possono bene
ammetterlo. Le dittature non lo fanno mai. In Vietnam noi abbiamo commesso un
errore madornale. Stasera stiamo dicendo al mondo: "L'abbiamo fatta
grossa". Questo farà gongolare i comunisti di tutto il mondo. Quelli
gongolano di qualunque cosa. E anche dalla nostra parte c'è tanta gente a cui
piace gongolare. Benissimo: stasera gongoli pure chi vuole. Una grande orgia di
gongolamento: a me non importa nulla. A proposito di errori madornali: certo ne
ha commesso uno anche Hanoi quando ha elogiato pubblicamente la nostra mobilitazione.
Grazie mille, Hanoi. Be', sono esseri umani anche loro. Di errori ne facciamo
tutti. Hanoi. Ecco una parola sinistra. Hanoi fa questo. Hanoi fa quello.
Hanoi. In altri momenti ci sono state altre parole sinistre dello stesso tipo:
Roma, Berlino, Tokyo. E in altri periodi non era strano che gli americani
nominassero quelle città con terrore. Ci viveva tanta gente che la guerra aveva
portato alla follia. Adesso non sono più folli. Non è che gli abbiamo insegnato
a comportarsi bene. Semplicemente, il massacro è finito. Abbiamo tutto il
diritto di rabbrividire, oggi, quando pronunciamo la parola Hanoi. In Vietnam
sono successe cose orrende a persone innocenti - su istigazione di Hanoi. Non
credo a tante delle cose che dice il nostro governo sulla guerra. Ma che a Huè
siano stati trucidati migliaia di civili, dietro precisi ordini di Hanoi, a
questo ci credo. E credo anche che bombardiamo alla cieca, e che i nostri
berretti verdi abbiano ucciso a freddo un cittadino straniero. Sono convinto
che torturiamo i prigionieri, e che lo stesso faccia Hanoi. E via dicendo. La
guerra porta tutti alla follia. In altre parti del mondo,
"Washington" è una parola sinistra, ed è giusto che lo sia. Quindi
fate finire il massacro, in modo che i folli da entrambe le parti possano
ridiventare esseri umani perbene. Vorrei dire una cosa a proposito del
conteggio delle vittime. È questo il metodo con cui misuriamo la vittoria, non
avendone altri. Ogni giorno annunciamo: "Uccisi tot comunisti". Forse
dall'altra parte contano i corpi dei nostri soldati e annunciano: "Uccisi
tot capitalisti". I soldati uccisi erano poco più che bambini. Adesso sono
capitalisti o comunisti morti. Che cosa ridicola e falsa - e orripilante. Fate
finire il massacro. Noi viviamo in piccole comunità rurali, e per questo
abbiamo la fortuna di veder compiere atti di altruismo e coraggio quasi tutti i
giorni. Parlo delle nostre squadre di vigili del fuoco e soccorritori
volontari. Appena suona la sirena, eccoli che arrivano! Portano avanti la
tradizione dei minutemen, che Dio li benedica per questo. In passato, gli
americani hanno fieramente risposto con quasi altrettanta prontezza quando sono
stati chiamati a scendere in guerra. Il che giustamente viene chiamato
patriottismo. Alcuni americani, però, credono che questa sia l'unica forma di
patriottismo. Che cosa fa il patriota? Va in guerra. Roba da matti. Ci sono
mille altre cose che può fare un patriota. Noi siamo qui con lo scopo
patriottico di salvare delle vite. Se questo è tradimento, fatene buon uso.
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