"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 8 aprile 2022

Eventi. 55 Kurt Vonnegut: «“Non c’è niente di intelligente da dire a proposito di un massacro”».

 

“Guerra&Massacri”. Pagine di un “post” che riportano alla memoria lo scrittore americano Kurt Vonnegut (Indianapolis, 11 di novembre dell’anno 1922 – New York, 11 di aprile dell’anno 2007). Lo ha ricordato Alessandro Robecchi in “Effetti collaterali. L’irredimibile merda della guerra infetta ogni cosa” su “il Fatto Quotidiano” del 6 di aprile 2022: “Non c’è niente di intelligente da dire a proposito di un massacro”, scriveva Kurt Vonnegut (Mattatoio n. 5). Aveva ragione, niente pare doloroso e prevedibile come il fiume di parole che insegue in questi giorni i poveri fantasmi di Bucha, civili innocenti ammazzati con le mani legate, o torturati, o fucilati e lasciati lì, un po’ per monito e un po’ per mettere un timbro sull’impunità di chi fa a guerra. E già ticchetta l’osceno ping pong dei paragoni, un chiedersi attonito se Bucha valga My Lai, o l’Iraq, o Srebrenica, o Aleppo, perché una barbarie, poi, pare un po’ meno barbara se la metti vicino ad altre barbarie, se in qualche modo l’archivi; come se storicizzare fosse un po’ cauterizzare le ferite, e – alla fine – farsene una ragione. La guerra è una faccenda che appartiene alla Storia, e si cristallizza lì, senza insegnare a nessuno il modo di non fare altre guerre, peraltro. Ma la guerra è anche una faccenda terribilmente personale, se finisci morto o torturato in una strada del tuo paese. Tra questi due estremi – tra il cinismo del Grande Disegno Geopolitico Globale e il terrore gelato dell’attesa di un colpo in testa, le mani legate dietro la schiena – lì, nel mezzo, sta tutta l’irredimibile merda della guerra. Meccanismo poderoso, che muove strategie e imperi, e interessi, e miliardi di tonnellate di gas, o petrolio, o armi, o soldi, dollari, euro, rubli – e dove poi rimane stritolato un innocente da qualche parte, magari faceva il panettiere, o la moglie, o il figlio, o gente che scappava. Nell’orribile caleidoscopio di immagini che scorre in questi giorni, ci sono stati mostrati anche i presunti colpevoli, chi lo sa se poi sono loro, ma insomma, dei ragazzotti siberiani dell’unità 51460, facce da liceali ripetenti, militari della Jacuzia, lassù, lontanissima da Kiev. Chissà se si riuscirà ad accertare le responsabilità vere, personali, in quei solenni teatri che sono le aule della Corte Penale Internazionale dell’Aja sui crimini di guerra (della quale peraltro Russia, Cina e Stati Uniti, non hanno mai voluto aderire, o non hanno ratificato i trattati). E non dovremo stupirci se poi, a un certo punto, sentiremo rimbalzare una delle frasi simbolo del Novecento, la più schifosa: “Ho solo eseguito degli ordini”. E dunque tutto pare già scritto e già tutto sfuma nelle nebbie delle propagande incrociate, nell’ostensione dei martiri in prima pagina, che mischia un doveroso “è giusto sapere” a un nuovo terrificante uso di quei morti: più armi! Più missili! Più carrarmati! Insomma, “più guerra” – è la risposta – non “meno guerra”; e quindi più barbarie. Così succede che la guerra infetta ogni cosa. In guerra fanno carriera i peggiori, gli istinti più orribili vengono premiati, incoraggiati, l’assenza di pietà è un notevole valore, come si è visto in ogni posto dove sia passata. E dietro, nelle retrovie – anche questo si sa da sempre – fanno affari i più cinici, quelli che scommettono sul prolungarsi del conflitto, che cementano nazionalismi, che soffiano sul fuoco, che vendono armi, eccetera eccetera. Tutte cose che si sanno, ed eccoci, oplà, ricaduti nel grande gioco della Storia, in cui le vite dei caduti civili e innocenti scompaiono di nuovo, smettono di essere vite reali, storie personali, e diventano statistiche, casi di scuola da rimbalzarsi addosso per sostenere tesi, o teorie, o ricostruzioni, e ognuno avrà il suo massacro di riferimento, che coi poveri massacrati non c’entra più quasi niente, anche se la guerra sono loro. Alla stessa data il quotidiano “la Repubblica” ha ricordato Kurt Vonnegut con l’“Orazione laica per la pace”, ovvero riportando il Suo discorso tenuto alla “Barnstable High School” di Barnstable nel Massachusetts il 23 di ottobre dell’anno 1969. Tempo, quello, che viveva gli indimenticabili orrori del Vietnam. Non è questo il momento per un lungo e pomposo discorso. Il nostro messaggio sta nel fatto che siamo qui. La nostra presenza dice tutto quello che c'è da dire: "Fate finire il massacro". Non ci saranno applausi. Non abbiamo nulla da festeggiare. Siamo qui perché i nostri leader hanno commesso errori che hanno avuto conseguenze agghiaccianti: mutilazioni, morte e corruzione. Siamo qui per aiutare i nostri leader a fare in modo che la tragedia non continui in eterno - e che la soluzione finale non sia il genocidio o una bomba all'idrogeno. Siamo qui per dare una mano. Il nostro presidente ha ricevuto i migliori consigli dei rispettabili militari, gente coraggiosa. Facciamogli sentire pure la voce dei rispettabili civili. Anche noi siamo gente coraggiosa. Nessun oratore potrà risollevarvi il morale stasera, perché nessun oratore può dire l'unica cosa che vorreste sentire: "In Vietnam c'è la pace". Sarebbe possibile elettrizzare alcuni di voi con un discorso carico d'odio verso gli alti papaveri dell'esercito e le grandi aziende che stanno facendo palate di soldi con questa guerra. Ma stasera qui non c'è posto per l'odio. È una serata magica. Milioni di persone sono radunate in assemblee come questa da un capo all'altro degli Stati Uniti, e il sentimento della serata è l'amore. Le parole d'amore che stiamo dicendo col nostro essere qui sono queste: "Fate finire il massacro". Quelli che ci disprezzano per le nostre parole assolutamente cristiane dicono così: "Lasciate proseguire il massacro. Voi non sapete quello che sanno i militari". Così dicono. Be', noi di morte ce ne intendiamo quanto i militari. Non c'è bisogno di fare l'accademia a West Point o a Fort Benning per imparare a conoscere la morte. Noi alla morte siamo contrari, non favorevoli. Fate finire il massacro. E come la mettiamo con i sudvietnamiti che verranno uccisi dai nordvietnamiti se ci ritiriamo? Aiuteremo anche loro a venire via. Possono venire qui da noi, e assaggiare per la prima volta la libertà. Non mi interessa ripercorrere la triste storia di questa guerra. Era una guerra civile. Non siamo stati attaccati sul nostro territorio. Abbiamo scelto da che parte schierarci nella guerra civile e abbiamo attaccato. È stato un errore terribile, che ha avuto come risultato migliaia e migliaia di morti inutili. Siamo qui per dire al nostro presidente che non ci vergogneremo se ammetterà che è stato un errore. L'imbarazzo che ne deriverà possiamo tollerarlo. Quello che ci sembra intollerabile è che l'errore vada avanti in eterno. Siamo qui per salvare delle vite. Siamo qui anche per salvare il nostro onore. Siamo qui per evitare una vittoria ottenuta col genocidio. Tutti i paesi commettono errori. Solo i paesi profondamente liberi e onesti possono bene ammetterlo. Le dittature non lo fanno mai. In Vietnam noi abbiamo commesso un errore madornale. Stasera stiamo dicendo al mondo: "L'abbiamo fatta grossa". Questo farà gongolare i comunisti di tutto il mondo. Quelli gongolano di qualunque cosa. E anche dalla nostra parte c'è tanta gente a cui piace gongolare. Benissimo: stasera gongoli pure chi vuole. Una grande orgia di gongolamento: a me non importa nulla. A proposito di errori madornali: certo ne ha commesso uno anche Hanoi quando ha elogiato pubblicamente la nostra mobilitazione. Grazie mille, Hanoi. Be', sono esseri umani anche loro. Di errori ne facciamo tutti. Hanoi. Ecco una parola sinistra. Hanoi fa questo. Hanoi fa quello. Hanoi. In altri momenti ci sono state altre parole sinistre dello stesso tipo: Roma, Berlino, Tokyo. E in altri periodi non era strano che gli americani nominassero quelle città con terrore. Ci viveva tanta gente che la guerra aveva portato alla follia. Adesso non sono più folli. Non è che gli abbiamo insegnato a comportarsi bene. Semplicemente, il massacro è finito. Abbiamo tutto il diritto di rabbrividire, oggi, quando pronunciamo la parola Hanoi. In Vietnam sono successe cose orrende a persone innocenti - su istigazione di Hanoi. Non credo a tante delle cose che dice il nostro governo sulla guerra. Ma che a Huè siano stati trucidati migliaia di civili, dietro precisi ordini di Hanoi, a questo ci credo. E credo anche che bombardiamo alla cieca, e che i nostri berretti verdi abbiano ucciso a freddo un cittadino straniero. Sono convinto che torturiamo i prigionieri, e che lo stesso faccia Hanoi. E via dicendo. La guerra porta tutti alla follia. In altre parti del mondo, "Washington" è una parola sinistra, ed è giusto che lo sia. Quindi fate finire il massacro, in modo che i folli da entrambe le parti possano ridiventare esseri umani perbene. Vorrei dire una cosa a proposito del conteggio delle vittime. È questo il metodo con cui misuriamo la vittoria, non avendone altri. Ogni giorno annunciamo: "Uccisi tot comunisti". Forse dall'altra parte contano i corpi dei nostri soldati e annunciano: "Uccisi tot capitalisti". I soldati uccisi erano poco più che bambini. Adesso sono capitalisti o comunisti morti. Che cosa ridicola e falsa - e orripilante. Fate finire il massacro. Noi viviamo in piccole comunità rurali, e per questo abbiamo la fortuna di veder compiere atti di altruismo e coraggio quasi tutti i giorni. Parlo delle nostre squadre di vigili del fuoco e soccorritori volontari. Appena suona la sirena, eccoli che arrivano! Portano avanti la tradizione dei minutemen, che Dio li benedica per questo. In passato, gli americani hanno fieramente risposto con quasi altrettanta prontezza quando sono stati chiamati a scendere in guerra. Il che giustamente viene chiamato patriottismo. Alcuni americani, però, credono che questa sia l'unica forma di patriottismo. Che cosa fa il patriota? Va in guerra. Roba da matti. Ci sono mille altre cose che può fare un patriota. Noi siamo qui con lo scopo patriottico di salvare delle vite. Se questo è tradimento, fatene buon uso.

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