"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 9 aprile 2022

Eventi. 56 Raniero La Valle: «Noi non abbiamo parole. Solo un lieve sospetto che la realtà adattata a spettacolo ci porti alla fine del mondo».

Ha scritto, con la consueta Sua lucidità e la profetica Sua lungimiranza, Raniero La Valle – novantunenne – in “La propaganda di guerra in Tivù ci porta alla fine”, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” di oggi, sabato 9 di aprile 2022: Quando gli uomini erano alle prime armi si interrogavano per capire cosa fosse la giustizia. E Socrate, come racconta Platone nella Repubblica, parlando con Glaucone, che dello stesso Platone era fratello, disse che la giustizia consiste nel fatto che “ciascuno faccia la cosa propria”, cioè, in un senso più filosofico, che ciascuno sia se stesso, che le cose si svolgano secondo la loro natura. Il cinema rappresenta, ma non cambia le cose. La Televisione invece ha oggi il potere di cambiare la natura delle cose e assegnare a suo piacere agli uomini i ruoli che vuole. In ciò sta un grande pericolo. Si pensi ad esempio che cosa sarebbe stato se il “grande dittatore” impersonato da Charlot, come era chiamato Charlie Chaplin, fosse diventato davvero il Fuhrer dei Tedeschi, o se il dottor Stranamore dal suo ufficio al Pentagono avesse davvero preso in mano i destini del mondo. Oggi viviamo un incubo. C’è un attore-Presidente che diventa Presidente-attore che chiede lo scioglimento dell’ONU, per il caso che ancora si opponga al rischio di una guerra nucleare, e abbiamo il mondo intero trasformato in un immenso studio televisivo in cui avvengono le cose più estreme, se non più incredibili. Il racconto è che la Russia, dopo essersi seduta al tavolo dei negoziati a Istanbul, per allentare la tensione decide di ritirarsi da Bucha. Però organizza una clamorosa prova della propria crudeltà, con una strage efferata che cosparge le strade di vittime non solo uccise ma in tutti i modi straziate. Il sindaco di Bucha, tutto contento per la liberazione della città, rilascia un’intervista in cui appare sorridente e orgoglioso per la vittoria ottenuta, e il giorno dopo dei filmati della polizia ucraina mostrano le strade devastate come sono in ogni dopoguerra ma senza tracce di massacri. Intanto però si sta preparando un gigantesco set satellitare e quattro giorni dopo tutto il mondo, attonito, vede una strada dove una quantità di cadaveri sono disposti a intervalli regolari, con la stessa postura, la faccia in giù, con i più fantasiosi segni di violenza e di sfregio. Putin nel racconto viene denunciato al Tribunale dell’Aja, perché si pensa che come Re soldato abbia direttamente dato ai suoi soldati gli ordini del genocidio (che è come dire: uccidete il soldato Putin) e così il capo russo non solo fa la figura di un dittatore sanguinario, criminale e assassino, ma anche incredibilmente stupido, autolesionista e utile idiota a vantaggio dei suoi nemici, e tuttavia responsabile di una grande nazione della Terra e di centinaia di milioni di persone. Il racconto prosegue con la esecrazione universale, e come potrebbe non essere così se si tratta di un racconto vero? Ma se vero, in che mondo saremmo, con quale uomo, con quali fratelli, con quale Dio? Noi non abbiamo parole. Solo un lieve sospetto che la realtà adattata a spettacolo, e lo spettacolo fatto esso stesso realtà, ci porti, sotto la spinta della visione a distanza detta Televisione, alla fine del mondo. Chi scrive ricorda quando nei suoi giovani anni lavorava in Televisione per un programma giornalistico che si chiamava Tv7. Eravamo con Barbato, Furio Colombo, Giuseppe Fiori, Fabiani, Mimmo Scarano e altri grandi giornalisti, tutti desiderosi di dare al giovane Servizio pubblico che era la RAI un’informazione avvincente, fedele, non obbediente a censure. Un giorno arrivò dal Brasile un filmato che raccontava di una manifestazione di operai su cui la polizia aveva sparato – come purtroppo talvolta accadeva anche da noi – e aveva fatto un morto. E quel corteo di meravigliosi operai aveva preso il cadavere e in processione lo aveva portato fin sulla soglia del Parlamento a Rio de Janeiro (che era allora la capitale) e l’aveva lasciato lì, come a restituirlo al potere che l’aveva ucciso. Stavamo per mandarlo in onda ma Ettore Bernabei, che aveva capito prima di noi l’ambivalente onnipotenza del mezzo, ce lo impedì, pensando che in quel modo alla prossima tragedia avremmo dato l’idea di scaricare il morto sulla porta di Montecitorio. Era una censura. Ma adesso penso che avesse ragione. Allora però si trattava solo del piccolo teatro italiano. Adesso la scena è tutto il mondo, e anche le bugie che la ragion di Stato suggerisce ai potenti, hanno un effetto diverso se il mondo è cambiato. Il falso incidente del golfo del Tonchino, poi ammesso dai “Pentagon Papers”, servì solo a legittimare la guerra del Vietnam, la falsa fialetta dello sterminio agitata all’ONU da Colin Powell, di cui lui stesso poi si pentì, servì solo a fare la guerra all’Iraq e a mandare a morte Saddam Hussein, della discussa strage di Račak fu fatto uso solo per motivare la guerra della NATO per il Kosovo punire la Serbia e far morire in carcere Milosovic: ma oggi lo spettacolo è universale, una propaganda servile può servire a dilaniare il mondo, oggi gli attori protagonisti compaiono in diretta su tutti gli schermi di casa e in molte aule parlamentari del pianeta, possono eccitare all’odio e alla vendetta, far credere che non ci sia più niente da fare, che la guerra sia un fatto di natura e la pace un artificio, far cadere il tabù della bomba, sopprimere, insieme con l’ONU, il diritto e la sua giustizia, comunque fosse definita da Socrate o da Platone. Ma in realtà non c’è in ballo la Televisione. In causa è il cuore, il “chi è dell’uomo”. Di seguito, “La guerra Usa è fino all’ultimo ucraino”, estratto dal dialogo tra l’attivista e scienziato politico Bill Fletcher jr. e l’intellettuale e attivista politico Noam Chomsky curato da Sabrina Provenzani e riportato su “il Fatto Quotidiano” di oggi: Fletcher. Partiamo da tre assunti. Il primo: la Nato non è un’alleanza difensiva. Il secondo: alla dissoluzione del Patto di Varsavia sarebbe dovuta seguire la dissoluzione della Nato. Infine: l’espansione della Nato, in particolare durante le presidenze di Clinton e Bush jr, è stata un errore e una provocazione.

Chomsky. Penso siano punti di partenza corretti, e vorrei aggiungerne un altro. Qualunque sia la spiegazione dell’invasione russa – che è una questione cruciale – l’invasione in sé è un atto criminale di aggressione, un crimine internazionale di suprema gravità, paragonabile ad altre violazioni della legge internazionale e dei diritti umani come l’invasione statunitense in Iraq o a quella della Polonia da parte di Hitler. Ma c’è un background che risale ai primi anni Novanta, quando l’Urss collassa e il presidente Usa George Bush senior raggiunge un accordo con il presidente dell’Urss Michail Gorbaciov, un accordo ben definito. Gorbaciov acconsente all’unificazione delle due Germanie e all’ingresso del nuovo Stato nella Nato, che considerato il contesto è una concessione notevolissima, a una condizione che viene ufficializzata: che la Nato non si espanda a est nemmeno di un centimetro, Not one inch. Gli americani rispettano il patto fino al 1994, quando Bill Clinton, per ragioni di consenso interno, incoraggia Paesi come Polonia, Ungheria e Slovenia a entrare nell’Alleanza atlantica. Poi, con il pretesto di fermare le atrocità serbe in Kosovo, Clinton bombarda la Serbia senza nemmeno informare i russi che ne escono umiliati. George Bush jr. invita a entrare nella Nato praticamente tutti gli Stati satellite russi, nel 2008 anche l’Ucraina e qui interviene il veto di Francia e Germania, ma la proposta resta sul tavolo a Washington. Un approccio pericoloso e cinico, perché viola le red lines russe. Anche la rivoluzione arancione di Maidan del 2014 è istigata dagli Usa e porta quella che chiamiamo Nato, ovvero gli Stati Uniti, a integrare l’Ucraina sempre di più con l’invio di armi e addestramento. C’è un documento ufficiale firmato da Biden nel settembre 2021, ignorato dai media ma non dall’intelligence russa, in cui si finalizza lo Strategic Defence Framework con l’Ucraina, si parla di forniture militari e dell’Ucraina come Enhanced Opportunities Partner della Nato, cioè apre le porte all’ingresso di Kiev nell’Alleanza.

Fletcher. Ma invece di accusare la Nato, Putin giustifica l’invasione con toni nazionalistici ed espansionistici. Come funziona il suo regime? Chomsky. Putin ha sempre dichiarato che la decisione di dissolvere l’Urss è stata tragica. Ma anche che chiunque pensi di ricostituire quell’impero è un pazzo. È ovvio che la Russia non ha la minima capacità di farlo: anche se ha un grosso esercito ed è una potenza nucleare, è una cleptocrazia in declino con una economia debole e della grandezza più o meno di quella italiana. Non può conquistare nessuno. L’Ucraina è sempre stato un caso a parte e su questo le richieste russe ufficiali del ministro degli Esteri Lavrov sono sempre state, oltre all’indipendenza del Donbass, la neutralità e la demilitarizzazione, cioè la rimozione delle armi che minacciano la sicurezza russa. Uno status simile a quello del Messico rispetto agli Stati Uniti, che di fatto non può aderire ad accordi militari con la Cina. La proposta Lavrov poteva funzionare? Non lo sapremo mai, perché non è stata presa in considerazione.

Fletcher. Eppure nel 1994 con il memorandum di Budapest, l’Ucraina rinuncia al suo arsenale nucleare in cambio della promessa russa di non aggressione, e non cerca di entrare nella Nato fino al 2014 quando la Russia annette la Crimea e supporta la secessione in Donbass. Sembra che Mosca non voglia garantire la propria sicurezza, ma rendere l’Ucraina uno Stato satellite. Chomsky. Il Messico è uno Stato satellite degli Usa? Lo erano l’Austria o la Finlandia? No, erano neutrali, con l’obbligo di non aderire a una organizzazione militare ostile guidata dagli Usa che facesse esercitazioni sul loro territorio [come la Nato in Ucraina, ndr]. Una limitazione di sovranità? Sì, ma non limitava la vita di quei Paesi. Uno status che si sarebbe potuto ottenere per l’Ucraina se gli Usa lo avessero voluto.

Fletcher. Ha senso per Austria e Finlandia. Perché Kiev dovrebbe fidarsi di un accordo con la Russia dopo l’annessione della Crimea nel 2014? Chomsky. L’Ucraina può non credere al fatto che la Russia rispetterebbe un accordo, così come non li rispettano gli Stati Uniti in tanti luoghi del mondo. In Ucraina, la Russia sta commettendo crimini da tribunale di Norimberga, ma gli Stati Uniti violano trattati internazionali con l’abuso della forza. La domanda è: se gli Usa avessero rispettato le red lines russe, come consigliato da esperti, alti consiglieri, diplomatici, anche Francia e Germania, e avessero lavorato per la neutralità dell’Ucraina, la Russia avrebbe invaso? Non lo sappiamo. Per citare uno di quegli esperti, l’ex ambasciatore Usa, Chas Freeman, gli Stati Uniti “hanno scelto di combattere fino all’ultimo ucraino”, ovvero di abbandonare ogni speranza di un accordo. Tutto questo si poteva provare a evitare e si potrebbe ancora. Quando Biden dice che Putin è un criminale di guerra e verrà processato, lo mette al muro: l’unica strada è il suicidio o l’escalation, anche nucleare.

Fletcher. Addossi tutta la responsabilità agli Usa, ma nella Nato ci sono anche Paesi come la Germania e la Francia contrari all’ingresso dell’Ucraina. E i proclami di Putin sulla necessità di denazificare l’Ucraina sono ridicoli. C’è qualcosa che mi sfugge… Chomsky. Ti sfugge la realtà dei rapporti di potere internazionali, dove gli Stati Uniti hanno un potere spropositato. Lo sappiamo tutti, la Russia lo sa benissimo. Chi capisce qualcosa di politica internazionale sa che gli Stati Uniti sono un violento stato canaglia che fa quello che vuole. Se al Cremlino ci fosse un uomo di stato abile e lungimirante, avrebbe cercato un compromesso con Germania e Francia, avrebbe provato ad aderire a qualche forma di casa comune europea come la immaginava Gorbaciov. Ma Putin e il suo entourage non hanno questa visione e capacità di leadership e hanno preso le armi, come fanno sempre le grandi potenze, inclusi gli Stati Uniti. Ed è una decisione criminale, che danneggia la Russia. Putin ha porto agli Stati Uniti sul piatto d’oro il più grande regalo immaginabile: potenze come Germania e Francia ora sono del tutto assoggettate agli Stati Uniti.

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