Ha scritto Michele Serra in «In lode
della funzione “off”» pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” del 2 di aprile 2022: (…). La gravità della guerra non
basta a dissuadere la chat universale di tutti su tutto, specie se la
partecipazione al dibattito concede a ciascuno il suo quarto d'ora (al giorno)
di visibilità, che è il surrogato scadente della celebrità della quale parlava,
esagerando assai, Andy Warhol. Quando saremo in prossimità della fine del
mondo, un colorito coro di voci e di facce sorridenti o piangenti, in una pioggia
di emoticon, vorrà dire la sua su questo tema: la scomparsa dell'umanità. Per
chi vorrà trascorrere i suoi ultimi istanti con i suoi (pochi) cari, e in
silenzio, rammento la funzione "off", la sola che rassomigli alla
voce di Dio, che come è noto non ha mai aperto un account su Instagram. Di
seguito, “Io, giornalista russo di
fronte al tribunale della Storia” di Valerij Panjuskin, pubblicato sul
quotidiano “la Repubblica” del 5 di aprile 2022: Come si sente un mostro? Ora lo
so. Io mi sento un mostro, e non perché la gente mi scansi appena mi sente
parlare. Sono io che faccio un balzo indietro, quando la mattina mi avvicino
allo specchio con il rasoio in mano. È un sillogismo elementare. I russi hanno
iniziato una guerra che solo dei mostri possono scatenare. Io sono russo.
Dunque, sono un mostro. Alcuni anni fa ho tenuto una lezione di scrittura
creativa all'Università di Kiev. Parlavo agli studenti di "arco di
trasformazione del personaggio", "opposizione quadrangolare",
"compattezza del testo" e altre astuzie che servono a raccontare
storie interessanti. Ma quando venne il momento delle domande, si alzò una
ragazza e chiese se non ritenevo necessario scusarmi subito, lì in quell'aula,
a nome di tutti i russi e mio personale, perché la Russia aveva aiutato a
falsificare le elezioni in Ucraina e aveva sostenuto l'usurpatore Janukovy?, quando
aveva dato ordine di sparare sulla folla che manifestava in Majdan
Nezaležnosti. In quel momento non mi sentivo per nulla in colpa. Invitai gli
studenti a cercare il mio nome su Google e a leggere quel che diceva di me
Wikipedia. Da Majdan avevo scritto reportage che i manifestanti stessi avevano
letto ad alta voce nella piazza, per mostrare che non tutti i giornalisti russi
mentivano. Ho scritto undici libri, di cui due sull'opposizione russa. Il mio
libro Gazprom: la nuova arma russa avverte esplicitamente di quanto sia
pericolosa per il mondo libero la dipendenza energetica dalla Russia. Sono
stato arrestato a Mosca a un comizio dell'opposizione. Sono inserito nelle
liste dei "nemici della Russia" in tutti i cosiddetti siti
"patriottici". I miei amici sono in carcere o in esilio... Allora
nell'aula dell'università di Kiev ero certo di non essere complice
dell'ingerenza russa negli affari dell'Ucraina: al contrario, avevo manifestato
la mia opposizione. Ma adesso no. Dal 24 febbraio, dal momento dell'invasione
militare dell'Ucraina, ho fatto in tempo a scrivere uno degli ultimi articoli
contro la guerra, prima che subentrasse la censura totale. Quando già vigeva la
censura, ho scritto e pubblicato la canzone pacifista Il sole nero. E nondimeno
mi sento colpevole. Il russo colto ha già inscritto nel genoma il concetto di
guerra che propone Lev Tolstoj in Guerra e pace. All'inizio del terzo libro di
Guerra e pace Tolstoj scrive che una sciagura immane come la guerra non può
prodursi per volontà di un solo uomo, che sia uno zar, un condottiero o un
presidente. Perché la guerra abbia inizio, non solo il sovrano deve dare
l'ordine, ma i generali devono ubbidire, e i soldati non devono fuggire
sparpagliandosi nelle case, e i diplomatici devono essere disposti a scrivere
le relative note, e i giornalisti devono esaltare la guerra, e perfino i
semplici cittadini devono sostenere la guerra, se non altro permettendo ai loro
figli di andarci. Perché ci sia una guerra, - scrive Tolstoj, - è necessario il
concorso di migliaia di volontà umane, migliaia di circostanze, milioni di
azioni umane. Se è così, allora nella guerra che la Russia ha iniziato il 24
febbraio 2022 c'è anche la mia piccola volontà, che vi ha concorso insieme alle
altre. Dove ho sbagliato? Tre anni fa sono andato in vacanza in Ingria, invece
di pubblicare per la millesima volta un articolo ispirato a sentimenti
umanitari? Ho scritto testi sui bisogni dei bambini nelle cliniche oncologiche
pubbliche invece di gridare contro la sproporzione fra le spese militari russe
e quelle per la sanità? Ho pagato le tasse servite a fabbricare le armi che
oggi uccidono i civili a Mariupol', Charkiv e Kiev? Ho portato a spasso i miei
figli invece di partecipare una volta di più a una manifestazione di protesta
nel centro di Mosca? Dove ho sbagliato? Non lo so. Ma la lettura di Tolstoj
suggerisce che la guerra scatenata dalla Russia è anche colpa mia. D'altra
parte, se di questa guerra sono ritenuti colpevoli tutti, tutto il popolo
russo, il risultato è che, concretamente, non è colpevole nessuno. Se un giorno
tutti i 140 milioni di abitanti s'inginocchieranno pentiti, risulterà che sono
ugualmente colpevoli il comandante in capo e il ministro della guerra, i
propagandisti televisivi e il tornitore, il fornaio e la maestra d'asilo... E
il premio Nobel per la pace Dmitrij Muratov (il cui giornale Novaja Gazeta è
stato chiuso, ndr). E Natal'ja Sindeeva, il cui canale televisivo è stato
chiuso. E Aleksej Venediktov, caporedattore dell'emittente radiofonica
"Echo Moskvy", che è stata chiusa dopo trent'anni di attività. I
giornalisti, gli artisti, gli scienziati, i musicisti, i professori costretti a
fuggire dalla Russia. E il leader dell'opposizione Aleksej Naval'nyj, il quale
peraltro al momento dell'inizio della guerra era in carcere, cuciva guanti da
lavoro e aspettava un colloquio con la moglie Julija, che non vedeva da sei
mesi. Tutte queste persone, dunque, sono colpevoli, e il presidente, il
ministro della difesa, i deputati della Duma di Stato e i propagandisti
televisivi sono colpevoli insieme a loro - magari al pari di loro? Io capisco
che al culmine della catastrofe umanitaria, schiacciato dall'ondata di
profughi, il mondo non sia molto propenso a discernere chi ha scritto in Russia
e che cosa. Ma vorrei tanto che il mondo discernesse. Ne ho bisogno
personalmente, perché io stesso, in cuor mio, sento la colpa. Un tribunale
militare britannico dopo la Seconda guerra mondiale condannò il feldmaresciallo
hitleriano Erich von Manstein a 18 anni di carcere. Fu liberato dopo quattro
anni e in seguito il cancelliere tedesco Konrad Adenauer lo invitò a prestare
servizio nella Bundeswehr in qualità di esperto militare. La colpa era stata
espiata. La mia colpa, credo, è di gran lunga minore di quella di Manstein, ma
non esiste un meccanismo socialmente riconosciuto per espiarla. È una
sensazione infantile: spiegatemi di che cosa esattamente sono colpevole e come
posso espiare la mia colpa. Insomma, voglio comparire davanti a una corte
internazionale, poiché la determinazione della colpa e della pena mi
permetterebbe infine di liberarmi dai sentimenti che ogni istante mi rodono
dentro, di dolore per i morti e i profughi, di vergogna nei loro confronti. Purtroppo,
oggi in Russia ho molte più probabilità di comparire davanti a un tribunale
come "traditore nazionale", proprio per questi miei sentimenti e
pensieri.
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