A lato. Dipinto (1839) della battaglia di Smolensk
(1812) tra l'armata russa
e Napoleone.
Ha scritto Luciano Violante sul quotidiano “la Repubblica” del 14 di luglio dell’anno 2000:
Contrappongo una visione laica ad
una visione ideologica. La visione laica esamina il reale per quello che è, ne
coglie la complessità, riflette sulle cause degli accadimenti, lo valuta sulla
base del principio di responsabilità e del primato della dignità umana. La
visione laica non è meccanicistica e non si risolve nella seminagione del
dubbio. La visione laica si sforza di capire le cause dei fenomeni e di
incidere su di esse. La visione laica ha fiducia nell’uomo e crede che la
pedagogia valga più della coercizione. La visione laica non crede nella
punizione come medicina del mondo, ma la connette al principio di
responsabilità individuale come fondamento della convivenza civile. La visione
ideologica parte invece da parametri precostituiti per costringere tutto il
reale dentro quei modelli. La visione ideologica demonizza o angelizza, reprime
o perdona. Sono facce della stessa medaglia che si fondano su una
interpretazione del reale che prescinde da esso perché se ne disinteressa,
essendo interessata ad altro: il rapporto amico-nemico, l’acquisizione del
consenso o la conquista di fette di mercato. La politica, nelle sue fasi di
debolezza, sposa l’interpretazione ideologica del reale. Di seguito, “Quanto sono pericolosi i valori maneggiati
dai potenti della terra” di Gustavo Zagrebelsky pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” di oggi, 14 di aprile 2022: I morti ammazzati dai viventi sono sulla
terra, anzi sotto terra; i valori sono in cielo. I morti chiedono compassione.
Non sanno che farsene, dei valori. I potenti che ammazzano dove stanno? Sulla
terra o in cielo? Evidentemente in terra, saldissimamente in terra, perché
altrimenti non sarebbero potenti. Eppure, non fanno che evocare valori. Quando
fanno finta d’essere in cielo, sono truffatori. Più si sale verso il cielo, più
si perde di vista l’umanità. Non c’è guerra, non c’è violenza, non c’è
sopraffazione che non cerchino di giustificarsi, un tempo attraverso la
santificazione, oggi attraverso la ideologizzazione. La violenza ha bisogno di
“valorizzarsi”. Tanto più alto è il valore al quale ci si attacca, tanta più è
la violenza cui ci si sente autorizzati. Per sua natura, “il valore deve
valere”, cioè deve essere imposto con ogni mezzo. Il valore è astratto e puro
e, come tutte le astrazioni, non è interessato al concreto. Anzi, lo disprezza
perché nel concreto si annida la varietà, la relatività, l’impurità. Per
realizzarsi, ogni ostacolo può, anzi deve essere spazzato via. Trasformata in
valore anche la pace può giustificare la guerra, la “guerra giusta” o la guerra
preventiva, per esempio (si vis pacem ecc.). Perfino la vita come valore può
giustificare la morte (mors tua ecc.). Questa è la logica perversa del pensare
per astrazioni. Ripeto, a scanso di equivoci: i valori possono essere cose
bellissime ma, maneggiati dai potenti, spesso fanno paura. In nome della
promessa ad Abramo fatta dal “dio geloso” degli Ebrei, furono sterminate le
popolazioni della terra di Canaan; in nome di Allah si proclama il Jihad
offensivo contro gli infedeli; “Dio lo vuole” è il motto d’ogni “guerra santa”,
d’ogni “crociata”, d’ogni sterminio degli eretici. Yahweh, Allah, il Dio
cristiano degli eserciti hanno in comune l’assolutismo del valore. Chi potrebbe
opporsi a chi parla e agisce in nome d’un dio? L’appello diretto, esplicito, a
un dio di questa fatta, nel mondo secolarizzato odierno non fa più presa come
un tempo. Le religioni, anzi, hanno fatto passi avanti verso la reciproca
comprensione e il “dialogo interreligioso”, per essere possibile, deve
rinunciare non ai propri valori, ma alla loro assolutizzazione. Ma, hanno
trovato dei validi succedanei secolarizzati altrettanto astratti e pericolosi. Tutte
le “visioni del mondo”, le Weltanschauungen (parola del nazismo) hanno parlato
di “missioni” al servizio dell’umanità, o della civiltà, e si sono
inevitabilmente risolte in razzismo, imperialismo, invasioni, stragi, partiti
unici. Le guerre coloniali erano giuste per civilizzare i popoli primitivi,
erano dunque un regalo. Lo stesso, gli sterminî degli indios per convertirli al
cristianesimo. Il “destino manifesto” attribuito dalla Provvidenza agli
americani chiamava i governanti di Washington al compito di espandere la
libertà e la democrazia, tanto per incominciare con la cruentissima annessione
del Nuovo Messico e con l’espansione in Arizona, Colorado, Nevada e Texas a
spese dei popoli autoctoni. Napoleone conquistò l’Europa e invase la Russia al
prezzo di milioni di vittime in nome degli inviolabili valori della Rivoluzione.
I nazisti e i fascisti si credevano in pieno diritto nel voler conquistare il
proprio “spazio vitale” a danno dei popoli di “razza inferiore”. I dirigenti
comunisti non dicevano certo di agire per sete di potere, ma per la felicità
del popolo finalmente senza classi. Così, i valori, nelle mani dei potenti
della terra, sono sempre stati armature ideologiche di politiche di potenza,
fantasmi che si aggirano tra le genti con lo scopo di reciproche distruzioni.
Questa è la sorte di tutte le dottrine universalistiche in mano alle potenze
della terra, anche di quelle apparentemente più nobili e benevole. Il fatto,
poi, che esse siano usate selettivamente, per intervenire qua e non là, secondo
convenienze, dice tutto sul valore dei valori. E oggi? Con quali fantasmi
abbiamo a che fare? Da una parte c’è l’ininterrotta presunzione della Russia
d’essere destinataria d’una missione universale, che sia la “Santa Russia”
imperiale o la “liberatrice dei popoli” o la patria della spiritualità
ortodossa insidiata dal materialismo occidentale. Viene in mente l’immagine
potente, meravigliosa agli occhi degli slavofili e terrificante per tutti gli
altri, che conclude Le anime morte di Gogol: la troika che attraversa il mondo
come un uragano, davanti alla quale tutti i popoli piegano il ginocchio.
Dall’altra parte, si erge l’Occidente, amministratore della civiltà dei diritti
umani, della libertà, della democrazia: tutte bellissime cose che spesso, però,
valgono soprattutto per rinfacciarne agli altri la violazione. Ma, queste sono
per l’appunto cose che stanno in cielo. Quando scendono in terra nelle mani dei
potenti si trasformano in appropriazione monopolistica della legittimità.
Servono le guerre, non la pace. Nella migliore delle ipotesi, i rapporti
possono “congelarsi” temporaneamente, come nei decenni della “guerra fredda”.
Abbiamo creduto in un “disgelo” che, in fondo, non ha mai sconfitto la politica
di potenza, l’estensione delle “zone d’influenza”, la lotta per l’affiliazione
o la dominazione dei popoli poveri e deboli che, per loro sfortuna, vivono
nelle terre ricche. Anche in quegli anni non c’era la pace, sebbene la guerra
sembrasse improbabile nell’equilibrio del terrore. Improbabile non vuol dire
impossibile e oggi ce ne rendiamo pienamente conto guardando la tragedia
dell’Ucraina che, in fondo e per ora, sembra solo un foruncolo, ma forse è
l’escrescenza su un’infezione che non è stata curata. Il che non diminuisce
l’orrore, ma l’accresce. I potenti che in tempo di guerra brandiscono una
superiorità morale brandendo i loro valori si espongono a facili ironie e,
soprattutto, non favoriscono la pace. Alzano barriere, armano i confini, creano
incomunicabilità e ostilità. Alimentano il fanatismo, il conformismo, i
“partiti unici” e comprimono le intelligenze. Si rialzano le frontiere. Si
allontanano le speranze in un futuro in cui i nostri figli possano sentirsi
membri d’una famiglia umana non divisa da vecchi e nuovi nazionalismi, possano
viaggiare liberamente, possano stringere amicizie e coltivare amori con chi e
come vogliono. Questa crisi, qualunque ne sia la fine, quando e se se ne verrà
fuori, lascerà una scia di odio, di risentimenti, di desideri di rivincita, di
altre violenze. Già ora si stanno distruggendo in un colpo solo i tanti fili
economici, culturali, politici, giuridici e sociali che nei decenni sono stati
faticosamente intessuti principalmente in Europa. Poiché, poi, la crisi dà
fiato ai nazionalisti, consolida oligarchie, avvantaggia demagoghi e produttori
di armi d’ogni tipo, è probabile che, al di là della propaganda e degli sdegni
esibiti, vi sia chi ne trae vantaggio. Con questa regressione dovremo fare i
conti. Smascherando l’uso dei valori che stanno in cielo, guardando i morti e
le sofferenze che stanno in terra. Qui, non là, sta la verità. Accogliendo
profughi senza distinzioni. Intessendo e potenziando relazioni, non
interrompendole. Salvaguardando la dignità e l’universalità della cultura.
Fornendo, nell’immediato, gli aiuti necessari a chi ne ha bisogno per vivere,
sopravvivere e difendersi. La guerra c’è, e ci sono gli aggressori e gli
aggrediti. Questa è l’unica certezza su cui non sono consentiti dubbi. Ma, una
cosa è aiutare le vittime promuovendo la pace; altra cosa è attizzare cattive
passioni. Dunque non aizzare i fanatici dell’Occidente, i nazionalisti, i
sovranisti che oggi hanno l’occasione di mostrarsi come i suoi più efficaci
difensori. Aiutare, ma contrastare le idee aggressive che prefigurano un futuro
altrettanto o, forse, peggiore e, comunque, allontanano la prospettiva di un’intesa
che metta fine alla guerra. Sobrietà e spirito critico, non per negare
l’evidenza, ma per evitare il peggio.
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