A lato. "Cefalù", acquerello (2021) di Anna Fiore.
Tratto da “Le pensioni” di Giacomo Papi, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 18 di settembre dell’anno 2010:
Raccontano
che la rivoluzione francese fu annunciata da una strage di gatti. Prima del
luglio 1789, qualche servo pensò di vendicarsi dei padroni, sgozzando le loro
bestiole viziate. La cronaca è infestata di presagi e parabole. L'1settembre
2010 un grafico di Catania quarantenne è stato arrestato per avere infilato nel
congelatore la prozia di 95 anni deceduta per cause naturali. La signora era
vedova di un generale e la sua pensione cospicua. Dalla prospettiva della
defunta, non è un crimine imperdonabile. Tra inumazione, cremazione e
ibernazione non c'è gran differenza. Anzi, fare bene ai propri cari anche dal
Regno dei Cieli può essere di conforto. Per il fisco è una truffa, certo. Ma da
un punto di vista simbolico e storico, la faccenda è un bel po' più
interessante. Negli ultimi anni, congelamento a parte, l'accaparramento della
pensione dei morti è diventato una pandemia. Dal 2006 gli archivi di cronaca
registrano due casi a Treviso, e singoli episodi a Roma, Lecce, Chiavari,
Portici, Viareggio, Catanzaro. Sono figli e figlie, nipoti e pronipoti; sono
casalinghe, impiegati, disoccupati, pensionati; dimenticano in massa, al Nord
come al Sud, di comunicare all'Inps il decesso dei loro cari. E non è un
malcostume nazionale. Il 25 agosto 2010 a New York è stato arrestato il signor
Thoman Parkin perché dal 2003 andava in banca a incassare la pensione della
madre, Irene Prusik, travestito come lei, in parrucca e tailleur. Qualche
giorno prima, in Giappone, una delegazione di funzionari andava a rendere
omaggio a Sogen Kato, l'uomo più vecchio del paese, per scoprire che era
mortissimo e la famiglia era stata zittissima. In Giappone sono stati accertati
già 281 casi simili. Si va dal tipo di Tokyo con le ossa della madre nello zainetto,
alla signora 125enne deceduta in realtà nel 1981. I leggendari 40mila
ultracentenari giapponesi sono, cioè, in gran parte, un ammortizzatore sociale
e una meravigliosa truffa demografica e previdenziale. Come i poveri gatti
francesi, questi poveri vecchi virtualmente immortali danno un segnale. Chi è
vivo oggi sa che difficilmente andrà in pensione. Gli anziani sono sempre di
più, i giovani sempre di meno. S'inizia a lavorare tardi e a pagare i
contributi tardissimo. Il presente, in mancanza di futuro, vivacchia sulle
spalle del passato. Forse, ibernando la prozia, il grafico di Catania stava
solo tentando, senza saperlo, di congelare il Novecento. Le sue conquiste
sociali - pensione, ferie pagate, maternità, scuola e sanità pubbliche - che
non rappresentano, come si sperava, l'approdo della storia, ma un intervallo
felice e irripetibile. Ne hanno goduto gli uomini vissuti nella seconda metà
del XX secolo. Finché dura, vale la pena di approfittare dei rimasugli.
"So bene che picconando quei mattoni viene picconato anche il
totalitarismo comunista", scrisse nel 1989, all'indomani dell'abbattimento
del muro di Berlino, il dissidente polacco Karol Zmuda, "ma non riesco a
esserne felice. Quei mattoni sono anche le conquiste dei poveri, e saranno quelle
a essere sradicate per prima". Le pensioni dei morti a vantaggio dei vivi
sono una resistenza buffa e grottesca, ma salvifica, allo sradicamento degli
ultimi mattoni. Nel dare notizia di prozia e pronipote catanesi, l'edizione
palermitana di Repubblica concludeva con umorismo forse involontario: "Per
l'autopsia bisognerà aspettare il lento scongelamento del corpo". Sono
trascorse due settimane soltanto. Che il ghiaccio sia lieve alla signora. Ma
l'augurio al nipote, e a tutti noi, è che sia lentissima la desurgelazione.
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