"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 18 settembre 2021

Piccolegrandistorie. 04 «Il presente, in mancanza di futuro, vivacchia sulle spalle del passato».

 

A lato. "Cefalù", acquerello (2021) di Anna Fiore.

Tratto da “Le pensioni” di Giacomo Papi, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 18 di settembre dell’anno 2010:

Raccontano che la rivoluzione francese fu annunciata da una strage di gatti. Prima del luglio 1789, qualche servo pensò di vendicarsi dei padroni, sgozzando le loro bestiole viziate. La cronaca è infestata di presagi e parabole. L'1settembre 2010 un grafico di Catania quarantenne è stato arrestato per avere infilato nel congelatore la prozia di 95 anni deceduta per cause naturali. La signora era vedova di un generale e la sua pensione cospicua. Dalla prospettiva della defunta, non è un crimine imperdonabile. Tra inumazione, cremazione e ibernazione non c'è gran differenza. Anzi, fare bene ai propri cari anche dal Regno dei Cieli può essere di conforto. Per il fisco è una truffa, certo. Ma da un punto di vista simbolico e storico, la faccenda è un bel po' più interessante. Negli ultimi anni, congelamento a parte, l'accaparramento della pensione dei morti è diventato una pandemia. Dal 2006 gli archivi di cronaca registrano due casi a Treviso, e singoli episodi a Roma, Lecce, Chiavari, Portici, Viareggio, Catanzaro. Sono figli e figlie, nipoti e pronipoti; sono casalinghe, impiegati, disoccupati, pensionati; dimenticano in massa, al Nord come al Sud, di comunicare all'Inps il decesso dei loro cari. E non è un malcostume nazionale. Il 25 agosto 2010 a New York è stato arrestato il signor Thoman Parkin perché dal 2003 andava in banca a incassare la pensione della madre, Irene Prusik, travestito come lei, in parrucca e tailleur. Qualche giorno prima, in Giappone, una delegazione di funzionari andava a rendere omaggio a Sogen Kato, l'uomo più vecchio del paese, per scoprire che era mortissimo e la famiglia era stata zittissima. In Giappone sono stati accertati già 281 casi simili. Si va dal tipo di Tokyo con le ossa della madre nello zainetto, alla signora 125enne deceduta in realtà nel 1981. I leggendari 40mila ultracentenari giapponesi sono, cioè, in gran parte, un ammortizzatore sociale e una meravigliosa truffa demografica e previdenziale. Come i poveri gatti francesi, questi poveri vecchi virtualmente immortali danno un segnale. Chi è vivo oggi sa che difficilmente andrà in pensione. Gli anziani sono sempre di più, i giovani sempre di meno. S'inizia a lavorare tardi e a pagare i contributi tardissimo. Il presente, in mancanza di futuro, vivacchia sulle spalle del passato. Forse, ibernando la prozia, il grafico di Catania stava solo tentando, senza saperlo, di congelare il Novecento. Le sue conquiste sociali - pensione, ferie pagate, maternità, scuola e sanità pubbliche - che non rappresentano, come si sperava, l'approdo della storia, ma un intervallo felice e irripetibile. Ne hanno goduto gli uomini vissuti nella seconda metà del XX secolo. Finché dura, vale la pena di approfittare dei rimasugli. "So bene che picconando quei mattoni viene picconato anche il totalitarismo comunista", scrisse nel 1989, all'indomani dell'abbattimento del muro di Berlino, il dissidente polacco Karol Zmuda, "ma non riesco a esserne felice. Quei mattoni sono anche le conquiste dei poveri, e saranno quelle a essere sradicate per prima". Le pensioni dei morti a vantaggio dei vivi sono una resistenza buffa e grottesca, ma salvifica, allo sradicamento degli ultimi mattoni. Nel dare notizia di prozia e pronipote catanesi, l'edizione palermitana di Repubblica concludeva con umorismo forse involontario: "Per l'autopsia bisognerà aspettare il lento scongelamento del corpo". Sono trascorse due settimane soltanto. Che il ghiaccio sia lieve alla signora. Ma l'augurio al nipote, e a tutti noi, è che sia lentissima la desurgelazione.

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