“Discoteche” è stato scritto da Alessandro Robecchi su “il Fatto Quotidiano” del 19 di agosto dell’anno 2020. In piena “pandemia”, anche se vi era stato il solito – all’italiana – “liberi tutti” di qualche mese prima. E quel “liberi tutti”, a quel tempo, è stato letto ed interpretato nel modo più largo, larghissimo possibile. Anche in quella afosa estate del 2020 non poteva mancare all’appello del bel paese il dibattito sul “problema” basilare – si fa per dire – delle “discoteche”; aprirle o non aprirle, per farci cosa o per non farci qualcosa di altro, che non si determinava – non avendone la voglia, il coraggio o quant’altro attinente ai pubblici uffici - al tempo; poi tutto è filato liscio come ai bei tempi andati. Ha scritto Alessandro Ribecchi:
"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
giovedì 19 agosto 2021
Leggereperché. 98 «Discoteche».
A lato. "Barca con capanno" acquerello (2021) di Anna Fiore.
I
gestori dichiarano solo 18mila euro all’anno: cifre da Caritas. C’è sempre da
diffidare quando si sente la formuletta facile che recita: “Trasformare un
problema in un’opportunità”. Di solito si intende che la sfiga resta per molti,
quasi per tutti (il problema), e pochi, pochissimi, colgono la palla al balzo
per guadagnarci (la famosa opportunità). Insomma, mi scuso in anticipo se userò
questa formuletta in modo un po’ libero, ma insomma, i tempi sono quelli che
sono e quindi sì, potremmo tentare davvero di trasformare un problema in
opportunità. Caso di scuola: gli aiuti che lo Stato, giustamente, elargisce ai
settori in difficoltà, sia ai lavoratori (la cassa integrazione e gli altri
ammortizzatori) e alle aziende. Distribuiti a pioggia e senza troppi controlli
nei primi mesi dell’emergenza Covid, sono diventati una coperta – corta, come
sempre – che ognuno tira di qua e di là, sempre dalla sua parte, ovvio. Così la
sora Meloni poteva tuonare “Mille euro a tutti”, dal bracciante a Briatore, e i
capataz di Confindustria implorare di darli tutti a loro. Sono ben note le
condizioni di partenza: una situazione drammatica mai vista, con il paese
chiuso, molte produzioni ferme, i lavoratori chiusi in casa, eccetera eccetera.
Un errore, non aver messo limiti e paletti adeguati alla distribuzione di
soldi, vero, e un’unica scusante abbastanza potente: la fretta e – appunto –
l’emergenza. Poi si è scoperto che almeno il trenta per cento delle aziende ha
fatto lavorare i dipendenti lo stesso, pagandoli con soldi nostri (la cassa
integrazione invece dello stipendio), il che è stato quantificato come un furto
di circa 2,7 miliardi, non un dettaglio, insomma. Questo il problema. Veniamo
all’opportunità. Il decreto di chiusura delle discoteche offre un buon esempio
per la discussione. Attentato al libero mercato, dicono i gestori, con Salvini
che si accoda, forse memore dei balletti con le cubiste del Papeete, e lady
Santanché che si fa riprendere mentre danza, si ribella, dice che la sua, di
discoteca, non chiuderà. Tutto bellissimo. Poi vai a cercare qualche dettaglio
ed eccolo qui. Proprietari e gestori di discoteche, a leggere gli studi di
settore (quando ancora c’erano) e le dichiarazioni dei redditi degli anni
successivi, non superano in media i 18.000 euro di reddito annui, un giro
d’affari che sembrerebbe miserabile anche per una piccola salumeria. I titoli
dei giornali se la prendono sempre con i gioiellieri che guadagnano meno delle
loro commesse – un classico -, ma a giudicare dai dati del Ministero
dell’Economia (basta cercare “discoteche dichiarazioni dei redditi”) si direbbe
che chi possiede una sala da ballo col bar, le luci abbaglianti, il dj, le
cubiste e altre cose utili al divertimento, passi le sue giornate in fila alla
Caritas, guidi una vecchia Panda del ’99 e mantenga la famiglia con meno di
1.200 euro al mese. Francamente, anche con molta buona volontà, è difficile da
credere. Ecco dunque l’opportunità: perché non cogliere l’occasione degli aiuti
(sacrosanti, ripeto) per fare un serio controllo in alcuni (anche tutti) i
settori economici? Intanto, ovvio, commisurare gli aiuti alle dichiarazioni dei
redditi, dato che sarebbe pazzesco rimborsare oltre i guadagni dichiarati. E
poi approfittare dei controlli per verificare le condizioni di lavoro: quali
contratti? Quali inquadramenti professionali? Quanti lavoratori in nero?
Possiamo vedere il cedolino di fine mese dei buttafuori o delle cubiste? I
contratti dei dj? Coraggio, Inps, Inail, Ministero del lavoro! Trasformiamo un
problema in un’opportunità!
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento