"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 8 agosto 2021

Notiziedalbelpaese. 25 «Attualmente è il virus a costituire il soggetto dell’economia, della politica, dell’esistenza».

Ha scritto Michele Serra in “Chi è Draghi e chi potrebbe essere”, pubblicato sul settimanale “il Venerdì di Repubblica” del 6 di agosto 2021: (…), per prima cosa (…) rassicuro: non è l’età che mi ha guastato, io sono sempre stato un conformista, anche a vent’anni. Nel senso che mi è sempre sembrato giusto e importante, politicamente parlando, essere in folta compagnia. La cosa che più mi piaceva, del Pci di Berlinguer, era il suo essere un partito di popolo: ebbe più del 30 per cento dei voti. La cosa che meno mi piaceva, delle altre vivaci componenti della sinistra di quell’epoca, era che facevano riferimento a una ristretta cerchia di amici. È bello e giusto essere anticonformisti nella vita personale, nell’arte, nell’autodifesa dalla massificazione culturale ed economica, nella satira (…). In politica no, la politica è contaminazione e promiscuità allo stato puro. Ascolto con interesse e spesso con stima quelle che un tempo si chiamavano le “mosche cocchiere” (ieri i rivoluzionari impavidi, oggi i liberali fondamentalisti che vorrebbero cancellare il populismo a colpi di Renzi e Calenda, aspetta e spera). Ravvivano il dibattito. Ma la realtà raramente coincide con i sogni. Venendo a Draghi: io mi sentivo un elettore del governo giallo-rosso, con tutti i limiti del caso, e non mi sento un elettore di questo governo, che è frutto di una lecita alchimia istituzionale (ha i voti in Parlamento), non certo di un risultato elettorale. Ma non posso non vedere e non sentire che il prestigio di Draghi poggia su solide basi. Quando parla, di solito poco, è preciso e semplice, il contrario del politicante. È un uomo di centro, laico anche se credente. È un uomo di mercato, eccome, ma anche un uomo di Welfare. Un democratico legalitario. Un forte e credibile europeista. Una specie di Prodi conservatore, ammesso che i conservatori se ne accorgano. E dunque, (…), penso che sarebbe il leader ideale di un centro-destra finalmente civilizzato. E penso che sia, in questo momento, il più autorevole e insidioso ostacolo nella corsa al potere di Salvini e Meloni, ai quali potrebbe levare, se facesse una sua lista elettorale, milioni di voti moderati; e ai quali potrebbe impedire, se la sua destinazione fosse il Quirinale, di fare carne da porco della nostra Repubblica. Come ho scritto miliardi di volte, io sono convinto che il vero problema del nostro Paese non sia la sinistra, ma la destra. La destra pistolera, fascistoide, antidemocratica che spopola nelle urne. Draghi, per questa destra oscena, è un problema grosso come una casa. Facciamo così, caro Chiarelli: se sarà evidente che mi sono sbagliato, mi riscriva. Se invece si accorgerà di avere sbagliato lei, mi riscriva lo stesso. Non è per dissentire con l’illustre opinionista ma avrei posto diversamente il titolo del “pezzo”: “Chi è Draghi?” e di seguito “chi potrebbe essere?”. Il personaggio è di difficile classificazione al di là del suo mestiere “primario” di banchiere. Nelle circostanze attuali gli si affidano le speranze ed i destini degli abitatori tutti del bel paese. Ha tentato di dare una interpretazione del “personaggio” – interpretazione che in verità esce dai canoni propri dell’agone politico” – Giuseppe Genna in “Moneta e pianeta. L’utopia di Draghi”, riflessione pubblicata sul settimanale “L’Espresso” del 27 di giugno 2021, che di seguito riporto: (…). Nel 2018 fu conferita a Mario Draghi la laurea honoris causa per l’economia, presso la Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa. In quell’occasione il futuro premier utilizzò un’espressione, su cui diventa possibile misurare il percorso personale, esistenziale e politico di un uomo apparentemente enigmatico e sicuramente laconico. Disse: «Il progetto del mercato interno consentì all’Europa, a differenza di quello che accadeva su scala globale, di imporre i propri valori al processo di integrazione, di costruire cioè un mercato che fosse, per quanto possibile, libero ma giusto». (…). …quell’espressione, «per quanto è possibile», nasce soltanto in forza della conoscenza di ciò che è impossibile. Impossibile è la misura del sogno. Impossibili sono libertà e giustizia. Ma, in altro e più lugubre senso, impossibile è anche ciò che si viene a trovare fuori dalla storia, ovvero la politica. Per quanto ha dimostrato la pandemia, la politica appare una logora e inefficace ancella della realtà. Non che essa sia finita: è piuttosto sfinita. La mala gestione politica dell’emergenza, a ogni latitudine del globo, è peraltro metà del problema. Poiché non c’è solo da rispondere all’emergenza, ma anche da inventare e lanciare su traiettorie impreviste il mondo. Detto così, parrà a tutti evidente che nessun politico e nessuna politica, per come li abbiamo finora conosciuti, ha l’energia e la visione per adempiere al compito. La fede nella moneta unica e nel mercato unico, a più riprese confessata e mai sconfessata, non è per l’attuale premier il dogma chiuso di una visione algebrica. È figlia di una visione del mondo, che ha nello stato sociale il suo principio generativo. Sembrerebbe incongruo parlare di socialismo a proposito di Draghi, ma l’incongruità è dovuta piuttosto a una questione di optometria, dipende da quali lenti si inforcano per guardare al mondo. «Vogliamo lasciare un buon pianeta, non solo una buona moneta»: così, il 17 febbraio 2021, chiedendo alla Camera la fiducia con il suo primo discorso parlamentare, Mario Draghi, la voce tremula per l’emozione (le istituzioni, quindi, emozionano), fissava il principio cardine della sua azione di governo. Questo orizzonte, cioè pianeta e moneta, consente di percepire la vastità dell’opera a cui si deve lavorare. L’umanità, nella sua interezza, ha sperimentato per la prima volta una reazione emotiva identica in ogni angolo del pianeta e ha scelto appunto sfide planetarie. Su tali sfide e più ancora sulla loro dimensione planetaria, si gioca l’orizzonte futuro. Il dettaglio dell’anima è l’impossibile, la speranza ne è il suo correlato oggettivo. Virtù ambigua, la speranza, a cui il programma planetario di Draghi sembra guardare. «La storia sarebbe estremamente deludente e scoraggiante, se non fosse riscattata dall’annuncio, sempre presente, della salvezza e della speranza», osservava Aldo Moro un anno prima della morte. Aggiungeva che non si trattava di un’asserzione religiosa, ma anche civile. Il punto di fusione tra religioso e civile sembra oggi inaspettatamente raggiunto. L’annuncio della speranza non è la speranza stessa; l’annuncio si annuncia, significa che la speranza è un dato di fatto. La frase del premier su pianeta e moneta indica una volontà certa, cioè il sintomo di ciò che sicuramente salva. Non si tratta di superinterpretare un’affermazione isolata o di flettere il pensiero altrui a desideri più o meno fuorvianti. «Per quanto è possibile» si disegnano solchi in ciò che apparentemente possibile non è. L’uomo dei silenzi, non a caso, ha coniato uno degli slogan più citati per infondersi speranza: il “whatever it takes” per salvare l’euro continuava così: «E credetemi: sarà abbastanza». Non solo è stato “abbastanza”, ma ha invertito un’intera visione dell’esistenza, dell’onnipotenza stolida dei mercati, dell’austerità imposta a milioni di cittadini riluttanti, a prezzo del discredito e del definitivo abbandono della delega finora fondamentale nei sistemi democratici, quella di rappresentanza. Pianeta e moneta, dunque. Noi ci troviamo in questo momento in corsa in una lunghissima curva della pista: stiamo accelerando, si disgregano e si trasformano il senso delle cose e la loro fisionomia. Andiamo a un altro ordine di mondo. A quale moneta si riferisce Mario Draghi? I miliardi del Recovery Plan sembrano eccedere le leggi del denaro, creano la manovra espansiva che non abbiamo mai visto. Il denaro sembra entrare in una fase magica e inventiva. Qui non si è ad altezza Keynes. Piuttosto, siamo nella teologia. La moneta per pagare le tasse permette di distinguere e unire Dio e Cesare e la parabola dei due debitori impartisce un insegnamento universale. Toccare la moneta, magari firmandola con il proprio nome, non è un atto tecnocratico - è invece un’azione che inerisce a una vita dello spirito. Nell’epoca del denaro digitalizzato e micronizzato, in cui avanzano i protocolli delle criptovalute, a scuotersi è l’intero quadro della moneta, cioè della delega di rappresentanza del valore. L’inversione e la coniugazione tra dare e prendere non è soltanto questione di fiscalità progressiva: bisogna leggere tutto l’umano, per agire su quel nesso. Allo stesso modo, se osserviamo il complesso di riforme strutturali che verranno progettate e forse realizzate grazie ai fondi europei, rischiamo di non vedere a sufficienza che essi serviranno al politico di nuova specie, per riformare l’Europa e non soltanto l’Italia. Che l’Italia riformi l’Europa sembrerebbe uno sproposito. Ma non lo è. Anni fa sarebbe stato usuale che un premier come Draghi citasse la globalizzazione. Invece viene citato il pianeta. È diverso. Occuparsi del pianeta, e quindi dei pianeti, permette di cogliere il superamento della politica, un passo che l’umanità sembra avere selezionato per continuare la sua storia. (…). Se la politica faceva perno su quel piccolo cosmo che fu la città, oggi non è più la città a fondare l’azione politica. È piuttosto il pianeta, a farlo. È un salto di livello. Si tratta di vedere in ciascuna cosa l’energia, in ogni relazione, in ogni avvenimento, in qualsiasi materia. Una totalità che chiede sviluppo e stupefazione. È un portato implicito del regno installato dal virus. Attualmente è il virus a costituire il soggetto dell’economia, della politica, dell’esistenza. La quantità delle risorse e la loro dislocazione sono determinate dal virus. La politica si sfianca nella dialettica con il virus. Regna il virus, perché esso è un fatto planetario e la politica e l’economia non lo erano a sufficienza. Nella molecola che stermina i polmoni e sfinisce la politica umana, torna a farsi vedere l’invisibile. Una nuova politica planetaria richiede un acume spirituale, che ponga gli interessi sul piano di una totalità in movimento. I prossimi anni saranno determinati da canoni nuovi e appunto stupefacenti. Nell’età in cui le banche centrali saranno divelte dalla signoria digitale e i farmaci si adatteranno agli individui per proprietà nanotecnologiche, la guerra sarà trasformata e il reddito si sgancerà dal lavoro, non abbiamo bisogno di gestori di tassi di interesse, ma di persone all’altezza dell’utopia concreta.

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