Giorni addietro quei fantasticoni di ambo i sessi dei
No-vax avevano tirato dalla loro parte senza un consenso dell’interessato –
come un “santo” loro protettore, ovvero vessillo delle loro battaglie di prima
delle ferie agostane – financo la tragica figura del dottor Giuseppe De Donno. Giuseppe
De Donno, chi? Come dire “tirare per la giacchetta” qualcuno a sua insaputa. Sgradevole
assai. Che non avesse grande notorietà il dottor De Donno è accertato. Esempio tragico,
nel caso in questione, di quell’opportunismo, di quel “menefreghismo” – notorio
quel “chi
se ne frega” dell’italico ventennio in orbace - che connota la vita
pubblica del bel paese. Tanto è vero che Selvaggia Lucatelli chiude il Suo “De Donno, re del plasma tradito dai suoi
miracoli” – pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 29 di luglio ultimo – così:
“la
verità è che De Donno se l’erano dimenticato anche i No-vax”. Per dire
delle coerenze e delle suggestioni di quei bontemponi pre-agostani. Affolleranno
le assolate spiagge del bel paese mischiandosi a quei “dannati della tintarella”?
C’è da sospettarlo se non da crederci proprio. Tanto in questo sgarrupato paese
“tutto
fa brodo”. Ha scritto Selvaggia Lucarelli: Giuseppe De Donno si è tolto la
vita. Se ne è andato senza lasciare neppure una riga, nel silenzio che lo aveva
avvolto negli ultimi mesi, un silenzio denso di sconfitta e delusione. E la sua
morte racconta molto di questo tempo storto, malato, incattivito. Perché il
medico dei miracoli, l’uomo che con la plasmaterapia avrebbe guarito i malati,
sconfitto il Covid, esportato la sua cura in tutto il mondo in una sorta di
evangelizzazione terapeutica, aveva dovuto fare i conti con la dura realtà: la
plasmaterapia non funzionava. La sperimentazione aveva dato risultati deludenti
in tutto il mondo. Il suo ospedale (l’approccio di De Donno alla
sperimentazione destò più di una perplessità tra scienziati e virologi) aveva
deciso di abbandonarla. I dubbi sui parametri con cui venivano scelti i
pazienti, le dichiarazioni (troppo) trionfalistiche del medico, lo studio mai
pubblicato erano stati fatali. A questo punto, riavvolgere il nastro del “caso
De Donno” sarebbe fin troppo facile, se non fosse vero che i suicidi sono
materia imperscrutabile. Impossibile però non ricordare con quanta
superficialità, nel periodo più duro della pandemia, si siano attribuiti a
Giuseppe De Donno talenti e capacità sovrumane. La politica lo vendeva come
l’uomo che aveva scoperto la cura economica e miracolosa, la stampa lo
intervistava come il nuovo salvatore, le pagine Fb in suo sostegno fiorivano
numerose. Giuseppe De Donno ha rappresentato la culla del complottismo, della
guerra ai cosiddetti poteri forti. La scintilla che ha acceso i fuochi che
illuminano queste notti lunghe di piazze inferocite contro la scienza, il
buonsenso, l’evidenza. Il suo sostenere testardamente che il plasma iperimmune
(utile per altre malattie) fosse la cura democratica osteggiata dalla politica
e dalle grandi case farmaceutiche è stato, anche suo malgrado, il seme della
confusione che stiamo vivendo. Le sue dirette Facebook con Matteo Salvini che
lo presentava come l’uomo dei miracoli odiato dal sistema, le audizioni in
Senato, le interviste in tv, le sue mascherine griffate “non siamo
mammalucchi”, i servizi modello “Stamina” de Le iene hanno ottenuto l’effetto
di creare sulla cura col plasma aspettative tanto grandi quanto rovinosamente
disattese. De Donno aveva un’idea grandiosa di sé che coltivava talvolta con
arroganza (tanti suoi dipendenti ne ricordano le sfuriate), talvolta in maniera
ingenua (io stessa smascherai un suo profilo Fb finto con cui fingeva di essere
un luminare americano che tesseva le lodi della sua sperimentazione in Italia).
Questo vortice di colpevole superficialità ha travolto una personalità
complessa, in cui evidenti manie di grandezza facevano i conti – ora lo
sappiamo – con fragilità ben nascoste. Fragilità esplose, probabilmente, quando
tutto il circo mediatico e politico che l’aveva illuso e corteggiato, ha capito
che la grande speranza del plasma miracoloso era tramontata. A un certo punto
De Donno non serviva più. Non poteva più supportare la narrazione del medico di
campagna che combatte contro i poteri forti. Contro il governo. Che sfida
Burioni e chiunque osi mettere in dubbio l’efficacia delle sue cure. Nel
frattempo si era illuso di venire candidato a sindaco di Mantova e di vincere,
poi era arrivata l’interruzione della sperimentazione, un progressivo
demansionamento al Poma per problemi di salute che lo avevano afflitto negli
ultimi tempi. Da poco aveva annunciato che sarebbe tornato a fare il medico di
base a Porto Mantovano, e per quanto si cercasse di far passare questo approdo
per una scelta libera e felice, era una decisione che sapeva di resa. L’uomo
dei miracoli si era scoperto un mortale, fallibile e fragile come i suoi
pazienti. Come certe ambizioni alimentate dagli inganni della politica. Dal
cinismo di chi usa il narcisismo altrui per abbeverare il proprio. Il senso di
fallimento, la vergogna per non essere riuscito a essere ciò che si aspettava
da sé, le ambizioni sgretolate devono essere state un peso immane. E poi, come
sempre, c’è quel pezzo di mistero sul perché si sia tolto la vita, che ogni
suicidio custodisce per sempre. Non sappiamo perché si sia ucciso, ma sappiamo
in quale contesto è maturato il suo disorientamento. Certo è che la
strumentalizzazione che i No-vax stanno facendo della sua morte è uno dei punti
più bassi di questa follia collettiva. Addirittura c’è chi ipotizza che De
Donno sia stato ucciso perché lui era il medico di campagna contro i poteri
forti, appunto. E dunque “l’hanno eliminato”. Eppure, ciò di cui i No-vax non
si sono accorti è che il dottore da loro considerato “puro”, “che nessuna casa
farmaceutica era riuscito a comprare”, si era invece vaccinato. Aveva
raccontato alla stampa di essere stato uno dei primi, nel suo ospedale. Aveva
ricordato l’importanza di vaccinarci tutti. Insomma, la
verità è che De Donno se l’erano dimenticato anche i No-vax. Quei No-vax
che ora, dopo averci urlato per mesi “usate i morti per fare propaganda!”,
stanno usando un morto pro-vax per fare propaganda.
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