"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 9 agosto 2021

Notiziedealbelpaese. 26 «La verità è che De Donno se l’erano dimenticato anche i No-vax».

Giorni addietro quei fantasticoni di ambo i sessi dei No-vax avevano tirato dalla loro parte senza un consenso dell’interessato – come un “santo” loro protettore, ovvero vessillo delle loro battaglie di prima delle ferie agostane – financo la tragica figura del dottor Giuseppe De Donno. Giuseppe De Donno, chi? Come dire “tirare per la giacchetta” qualcuno a sua insaputa. Sgradevole assai. Che non avesse grande notorietà il dottor De Donno è accertato. Esempio tragico, nel caso in questione, di quell’opportunismo, di quel “menefreghismo” – notorio quel “chi se ne frega” dell’italico ventennio in orbace - che connota la vita pubblica del bel paese. Tanto è vero che Selvaggia Lucatelli chiude il Suo “De Donno, re del plasma tradito dai suoi miracoli” – pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 29 di luglio ultimo – così: “la verità è che De Donno se l’erano dimenticato anche i No-vax”. Per dire delle coerenze e delle suggestioni di quei bontemponi pre-agostani. Affolleranno le assolate spiagge del bel paese mischiandosi a quei “dannati della tintarella”? C’è da sospettarlo se non da crederci proprio. Tanto in questo sgarrupato paese “tutto fa brodo”. Ha scritto Selvaggia Lucarelli: Giuseppe De Donno si è tolto la vita. Se ne è andato senza lasciare neppure una riga, nel silenzio che lo aveva avvolto negli ultimi mesi, un silenzio denso di sconfitta e delusione. E la sua morte racconta molto di questo tempo storto, malato, incattivito. Perché il medico dei miracoli, l’uomo che con la plasmaterapia avrebbe guarito i malati, sconfitto il Covid, esportato la sua cura in tutto il mondo in una sorta di evangelizzazione terapeutica, aveva dovuto fare i conti con la dura realtà: la plasmaterapia non funzionava. La sperimentazione aveva dato risultati deludenti in tutto il mondo. Il suo ospedale (l’approccio di De Donno alla sperimentazione destò più di una perplessità tra scienziati e virologi) aveva deciso di abbandonarla. I dubbi sui parametri con cui venivano scelti i pazienti, le dichiarazioni (troppo) trionfalistiche del medico, lo studio mai pubblicato erano stati fatali. A questo punto, riavvolgere il nastro del “caso De Donno” sarebbe fin troppo facile, se non fosse vero che i suicidi sono materia imperscrutabile. Impossibile però non ricordare con quanta superficialità, nel periodo più duro della pandemia, si siano attribuiti a Giuseppe De Donno talenti e capacità sovrumane. La politica lo vendeva come l’uomo che aveva scoperto la cura economica e miracolosa, la stampa lo intervistava come il nuovo salvatore, le pagine Fb in suo sostegno fiorivano numerose. Giuseppe De Donno ha rappresentato la culla del complottismo, della guerra ai cosiddetti poteri forti. La scintilla che ha acceso i fuochi che illuminano queste notti lunghe di piazze inferocite contro la scienza, il buonsenso, l’evidenza. Il suo sostenere testardamente che il plasma iperimmune (utile per altre malattie) fosse la cura democratica osteggiata dalla politica e dalle grandi case farmaceutiche è stato, anche suo malgrado, il seme della confusione che stiamo vivendo. Le sue dirette Facebook con Matteo Salvini che lo presentava come l’uomo dei miracoli odiato dal sistema, le audizioni in Senato, le interviste in tv, le sue mascherine griffate “non siamo mammalucchi”, i servizi modello “Stamina” de Le iene hanno ottenuto l’effetto di creare sulla cura col plasma aspettative tanto grandi quanto rovinosamente disattese. De Donno aveva un’idea grandiosa di sé che coltivava talvolta con arroganza (tanti suoi dipendenti ne ricordano le sfuriate), talvolta in maniera ingenua (io stessa smascherai un suo profilo Fb finto con cui fingeva di essere un luminare americano che tesseva le lodi della sua sperimentazione in Italia). Questo vortice di colpevole superficialità ha travolto una personalità complessa, in cui evidenti manie di grandezza facevano i conti – ora lo sappiamo – con fragilità ben nascoste. Fragilità esplose, probabilmente, quando tutto il circo mediatico e politico che l’aveva illuso e corteggiato, ha capito che la grande speranza del plasma miracoloso era tramontata. A un certo punto De Donno non serviva più. Non poteva più supportare la narrazione del medico di campagna che combatte contro i poteri forti. Contro il governo. Che sfida Burioni e chiunque osi mettere in dubbio l’efficacia delle sue cure. Nel frattempo si era illuso di venire candidato a sindaco di Mantova e di vincere, poi era arrivata l’interruzione della sperimentazione, un progressivo demansionamento al Poma per problemi di salute che lo avevano afflitto negli ultimi tempi. Da poco aveva annunciato che sarebbe tornato a fare il medico di base a Porto Mantovano, e per quanto si cercasse di far passare questo approdo per una scelta libera e felice, era una decisione che sapeva di resa. L’uomo dei miracoli si era scoperto un mortale, fallibile e fragile come i suoi pazienti. Come certe ambizioni alimentate dagli inganni della politica. Dal cinismo di chi usa il narcisismo altrui per abbeverare il proprio. Il senso di fallimento, la vergogna per non essere riuscito a essere ciò che si aspettava da sé, le ambizioni sgretolate devono essere state un peso immane. E poi, come sempre, c’è quel pezzo di mistero sul perché si sia tolto la vita, che ogni suicidio custodisce per sempre. Non sappiamo perché si sia ucciso, ma sappiamo in quale contesto è maturato il suo disorientamento. Certo è che la strumentalizzazione che i No-vax stanno facendo della sua morte è uno dei punti più bassi di questa follia collettiva. Addirittura c’è chi ipotizza che De Donno sia stato ucciso perché lui era il medico di campagna contro i poteri forti, appunto. E dunque “l’hanno eliminato”. Eppure, ciò di cui i No-vax non si sono accorti è che il dottore da loro considerato “puro”, “che nessuna casa farmaceutica era riuscito a comprare”, si era invece vaccinato. Aveva raccontato alla stampa di essere stato uno dei primi, nel suo ospedale. Aveva ricordato l’importanza di vaccinarci tutti. Insomma, la verità è che De Donno se l’erano dimenticato anche i No-vax. Quei No-vax che ora, dopo averci urlato per mesi “usate i morti per fare propaganda!”, stanno usando un morto pro-vax per fare propaganda.

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