A lato. "Marina", acquerello (2021) di Anna Fiore.
Le “notiziedalbelpaese” giungono, nell’occasione, dal
quasi estremo lembo di esso. Da questa Sicilia, da questo capo Lilibeo che sembra
quasi volersi tuffare nel grande mare scintillante d’agosto a fronteggiare la
vicinissima, prossima terra d’Africa. Questa Sicilia che, nel bene o nel male, rappresenta
la quint’essenza di un paese “sgarrupato” assai e senza grandi prospettive. Una
terra che innalza alla nota più alta le storture nazionali che da sole sono
riuscite nel miracolo di creare quella “unità” – dalle Alpi al capo Lilibeo per
l’appunto - tanto vagheggiata dai cosiddetti “padri” della patria. Ne ha
scritto Selvaggia Lucarelli in “Noto, la
bellezza nella mondezza. Ma guai a dirlo” pubblicato su “il Fatto
Quotidiano” del 17 di agosto 2021: È tempo di fare chiarezza, di metterci la
faccia”. Il discorso che annuncia la sua candidatura a sindaco di Rosolini è
lì, sul mobile della villa da sogno che ho affittato in Sicilia, a ridosso
dell’oasi di Vendicari, per le vacanze. Scopro dunque che il mio locatore, Tino
Di Rosolini, medico del 118, ex consigliere comunale, è un politico locale di
discreta fama. La sua proprietà viene venduta dall’agenzia che fa da
intermediaria come una specie di sogno (costa quanto Ronaldo). Inizia così, con
le migliori premesse e una carabina trovata sotto un divano (giuro), la peggior
vacanza della vita. Intendiamoci, la casa è all’apparenza molto bella. Anche
Noto, che vediamo subito in una mattina assolata di fine luglio, ci sembra
stupenda. Poi, al calar del sole, quella villa diventa la perfetta metafora di
una regione che sembra illuminata da luci a intermittenza: splendente o nera
come la pece, nel tempo di un attimo. Giorno dopo giorno, la bellezza
sfolgorante del primo sguardo viene inquinata da una serie infinita di problemi
della villa che si rivelano poco a poco. Poi iniziano i guasti Enel,
quotidiani. Il turismo è massiccio, la rete elettrica è vecchia. Si inizia a
rimanere al buio in tanti, in Sicilia. “Accade ogni anno ormai”, mi spiegano in
un hotel accanto. “Per questo abbiamo un generatore, i clienti non se ne
accorgono”. Noi invece ce ne accorgiamo perché oltre alla luce va via anche
l’acqua. La villa dei sogni non ha un allaccio alla rete idrica, ma una
trivella. Il giorno dei 49 gradi nella vicina Floridia, a mezzanotte, come
sfollati, ci presentiamo nell’hotel disponibile più vicino, a Siracusa, per
dormire al fresco. È un lockdown al contrario: vorremmo solo stare in una casa,
non ci riusciamo. Allargando lo sguardo succede che notiamo quello che c’era
sfuggito, come nella villa dei sogni: c’è immondizia ovunque. Sulle strade, a
ridosso delle spiagge, nell’oasi faunistica, sulla strada per Marina di Noto, a
Noto, patrimonio dell’Unesco. Biliardini abbandonati, pannolini, materiale
edile, frigoriferi, tv, randagi, sporcizia all’ingresso dei relais di lusso,
nel fiume Tellaro, buste che seppelliscono il centro raccolta differenziata “I
love Noto”, sacchi dell’immondizia in mezzo alle carreggiate che costringono
spesso gli automobilisti a passare nella corsia opposta. Non è la Noto delle
guide, dei libri d’arte, del matrimonio dei Ferragnez (prima del quale sono
state pulite in fretta tutte le strade, mi dicono). Mi chiedo come sia
possibile. Scopriamo che, paradossalmente, è colpa della raccolta differenziata.
Obbligatoria. Si paga la Tari, il Comune fornisce 5 mastelli, si ritira porta a
porta. I cassonetti non esistono più. Solo che molti evadono la Tari (il 60%)
perché non vogliono pagare, perché sono in case abusive, perché vuoi mettere il
lancio del sacco dal finestrino? E poi, perché il Comune di Noto è terzo per
estensione, l’azienda adibita al ritiro non ritira l’indifferenziata per strada
e fatica anche con la differenziata. “Sono stati sospesi i bike tour per gli
stranieri, i resort si vergognavano”, mi racconta una guida del posto. Il
proprietario di un’azienda agricola mi spiega “Noi facciamo il biologico
nell’immondizia, come lo spiego ai compratori?”. Mi raccontano anche che un
gruppo di cittadini ha raccolto delle firme per protesta e, strano, il giorno
dopo si sono ritrovati tutti con controlli fiscali. Vedo il quartiere dei
“caminanti” (rom) in cui esiste una grande discarica bruciata da poco. “Sono
1200 voti, qui nessuno li tocca”. E torniamo alla villa da sogno. Quando sono
arrivata nessuno mi ha spiegato il sistema di immondizia a Noto. “Butti tutto
in un sacco, lasci davanti alla porta, poi ci pensa il giardiniere”, mi è stato
detto dall’agenzia. Dunque, uno di quei sacchi per strada potrebbe essere mio.
Chiedo perché non ci siano i mastelli in casa. Se si paga la Tari per
quell’immobile. Interrogo il giardiniere, che sorprendo a buttare gli avanzi di
una mia cena con plastica e vetro. “Lascio tutto fuori poi ritirano. Anzi no,
prima separo io tutto poi ritirano. Anzi no, porto tutto in discarica”.
Telefono all’ufficio d’igiene che mi passa l’ufficio tributi. “Non risultano
utenze Tari presso il vostro civico”. Sarà vero? Telefono al sindaco di Noto
Corrado Bonfanti. Gli dico che non ho mastelli, che ho chiamato l’ufficio
preposto. “Ho incaricato di fare verifiche”. Da quel momento, non mi chiama più
nessuno. Tranne che un ristorante di lusso di Noto: “Il sindaco le offre una
cena il giorno di Ferragosto”. I mastelli non arriveranno mai, il proprietario
di casa mi dirà “Non devo dimostrarle di pagare la Tari perché lei non è
nessuno!”. Mentre vado via però tira fuori dei secchi creativi di cui uno di
alluminio dicendo che la differenziata a Noto si fa con quelli. Io allora gli
mostro la piccola discarica che c’è nel giardino piena di immondizia. “Io sono
Tino Di Rosolini, lei chi è? Si faccia curare, sono un medico, lo vedo
dall’espressione che ne ha bisogno”. Forse si riferisce a qualcosa tipo isteria
femminile, chissà. Racconto tutto sui social. Il sindaco di Noto mi risponde su
Fb che mostrando l’immondizia di Noto “offendo la città”. Che un problema tra
locatore e me non può diventare un caso. E poi “mica glieli devo fornire io i
mastelli!”. (quindi tocca a Musumeci, prendo nota) Già. Peccato che i rifiuti
che seppelliscono Noto siano figli di una cattiva politica, di cattivi
cittadini e di molto altro, e che nella mia storia ci sia dentro tutto, in una
specie di sunto emblematico: io nel ruolo del turista sfinito non messo nelle
condizioni di fare la differenziata, il medico facoltoso che ambisce al ruolo
di sindaco e LUI non ha i mastelli per la differenziata (paga la Tari per
quell’immobile sì o no, sindaco Bonfanti? Gli elettori lo devono sapere), la
politica che se la prende con chi denuncia perché osa dire che il re è nudo.
Anzi, perché, come si dice in Sicilia: “Sei nemico ra cuntintizza”. “Sei nemico
della felicità”. Insomma. All’indifferenziata dovevo rispondere con una beota
indifferenza. Chiedo venia, sindaco. Ha scritto Gerry Palazzotto in “Lucarelli, i rifiuti e questa terra senza
vergogna” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” – nella edizione di
Palermo – del 18 di agosto 2021: Ci voleva Selvaggia Lucarelli per ricordarci
che siamo un popolo che non rispetta i patti con la bellezza, che tende ad
azzannare la mano che ci sfama (o se non lo facciamo è perché aspettiamo che
arrivi al portafoglio), che sporca con malcelato orgoglio ciò che un orgoglio
vero dovrebbe proteggere. Ci voleva una influencer che pesa quanto un’azienda
editoriale in termini di diffusione del verbo, (…), per sbatterci in faccia una
realtà e un metodo. La realtà è, senza sconti, quella di cui sopra (senza
generalizzare, ma senza nemmeno fare i pesci in barile): una Sicilia arraffona,
che quando può tende a fottere il turista, una Sicilia di sindaci balbettanti,
di aziende pubbliche inefficienti, di coscienza civile paleolitica. Una Sicilia
che i giornali raccontano ogni giorno, cercando di schivare la foga populista
dei social. Il metodo è tutta una addizione di disattenzioni: il cittadino
butta il sacchetto dove presume che qualcuno lo raccoglierà, l’azienda preposta
non ha fretta di recuperarlo, i controllori di quell’azienda sanno che così va
la vita e non si stressano, gli amministratori si fidano dei controllori che
hanno messo lì loro (sennò che ce li mettevano a fare?) e nicchiano. Così il
sacchetto prolifera a go-go, altro che variante gamma o delta: e contagia
persino lo sguardo di chi lo incrocia a distanza, in una vergogna che è virus
senza anticorpo. Ebbene sì, ci voleva Selvaggia Lucarelli per ricordarci la
miseria di una terra millenaria che si ritrova adesso, in questa estate di
maschere e mascherine, con la memoria labile di una timeline.
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