"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 23 agosto 2021

Notiziedalbelpaese. 27 «Una Sicilia arraffona, che quando può tende a fottere il turista, di coscienza civile paleolitica».

A lato. "Marina", acquerello (2021) di Anna Fiore.

Le “notiziedalbelpaese” giungono, nell’occasione, dal quasi estremo lembo di esso. Da questa Sicilia, da questo capo Lilibeo che sembra quasi volersi tuffare nel grande mare scintillante d’agosto a fronteggiare la vicinissima, prossima terra d’Africa. Questa Sicilia che, nel bene o nel male, rappresenta la quint’essenza di un paese “sgarrupato” assai e senza grandi prospettive. Una terra che innalza alla nota più alta le storture nazionali che da sole sono riuscite nel miracolo di creare quella “unità” – dalle Alpi al capo Lilibeo per l’appunto - tanto vagheggiata dai cosiddetti “padri” della patria. Ne ha scritto Selvaggia Lucarelli in “Noto, la bellezza nella mondezza. Ma guai a dirlo” pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del 17 di agosto 2021: È tempo di fare chiarezza, di metterci la faccia”. Il discorso che annuncia la sua candidatura a sindaco di Rosolini è lì, sul mobile della villa da sogno che ho affittato in Sicilia, a ridosso dell’oasi di Vendicari, per le vacanze. Scopro dunque che il mio locatore, Tino Di Rosolini, medico del 118, ex consigliere comunale, è un politico locale di discreta fama. La sua proprietà viene venduta dall’agenzia che fa da intermediaria come una specie di sogno (costa quanto Ronaldo). Inizia così, con le migliori premesse e una carabina trovata sotto un divano (giuro), la peggior vacanza della vita. Intendiamoci, la casa è all’apparenza molto bella. Anche Noto, che vediamo subito in una mattina assolata di fine luglio, ci sembra stupenda. Poi, al calar del sole, quella villa diventa la perfetta metafora di una regione che sembra illuminata da luci a intermittenza: splendente o nera come la pece, nel tempo di un attimo. Giorno dopo giorno, la bellezza sfolgorante del primo sguardo viene inquinata da una serie infinita di problemi della villa che si rivelano poco a poco. Poi iniziano i guasti Enel, quotidiani. Il turismo è massiccio, la rete elettrica è vecchia. Si inizia a rimanere al buio in tanti, in Sicilia. “Accade ogni anno ormai”, mi spiegano in un hotel accanto. “Per questo abbiamo un generatore, i clienti non se ne accorgono”. Noi invece ce ne accorgiamo perché oltre alla luce va via anche l’acqua. La villa dei sogni non ha un allaccio alla rete idrica, ma una trivella. Il giorno dei 49 gradi nella vicina Floridia, a mezzanotte, come sfollati, ci presentiamo nell’hotel disponibile più vicino, a Siracusa, per dormire al fresco. È un lockdown al contrario: vorremmo solo stare in una casa, non ci riusciamo. Allargando lo sguardo succede che notiamo quello che c’era sfuggito, come nella villa dei sogni: c’è immondizia ovunque. Sulle strade, a ridosso delle spiagge, nell’oasi faunistica, sulla strada per Marina di Noto, a Noto, patrimonio dell’Unesco. Biliardini abbandonati, pannolini, materiale edile, frigoriferi, tv, randagi, sporcizia all’ingresso dei relais di lusso, nel fiume Tellaro, buste che seppelliscono il centro raccolta differenziata “I love Noto”, sacchi dell’immondizia in mezzo alle carreggiate che costringono spesso gli automobilisti a passare nella corsia opposta. Non è la Noto delle guide, dei libri d’arte, del matrimonio dei Ferragnez (prima del quale sono state pulite in fretta tutte le strade, mi dicono). Mi chiedo come sia possibile. Scopriamo che, paradossalmente, è colpa della raccolta differenziata. Obbligatoria. Si paga la Tari, il Comune fornisce 5 mastelli, si ritira porta a porta. I cassonetti non esistono più. Solo che molti evadono la Tari (il 60%) perché non vogliono pagare, perché sono in case abusive, perché vuoi mettere il lancio del sacco dal finestrino? E poi, perché il Comune di Noto è terzo per estensione, l’azienda adibita al ritiro non ritira l’indifferenziata per strada e fatica anche con la differenziata. “Sono stati sospesi i bike tour per gli stranieri, i resort si vergognavano”, mi racconta una guida del posto. Il proprietario di un’azienda agricola mi spiega “Noi facciamo il biologico nell’immondizia, come lo spiego ai compratori?”. Mi raccontano anche che un gruppo di cittadini ha raccolto delle firme per protesta e, strano, il giorno dopo si sono ritrovati tutti con controlli fiscali. Vedo il quartiere dei “caminanti” (rom) in cui esiste una grande discarica bruciata da poco. “Sono 1200 voti, qui nessuno li tocca”. E torniamo alla villa da sogno. Quando sono arrivata nessuno mi ha spiegato il sistema di immondizia a Noto. “Butti tutto in un sacco, lasci davanti alla porta, poi ci pensa il giardiniere”, mi è stato detto dall’agenzia. Dunque, uno di quei sacchi per strada potrebbe essere mio. Chiedo perché non ci siano i mastelli in casa. Se si paga la Tari per quell’immobile. Interrogo il giardiniere, che sorprendo a buttare gli avanzi di una mia cena con plastica e vetro. “Lascio tutto fuori poi ritirano. Anzi no, prima separo io tutto poi ritirano. Anzi no, porto tutto in discarica”. Telefono all’ufficio d’igiene che mi passa l’ufficio tributi. “Non risultano utenze Tari presso il vostro civico”. Sarà vero? Telefono al sindaco di Noto Corrado Bonfanti. Gli dico che non ho mastelli, che ho chiamato l’ufficio preposto. “Ho incaricato di fare verifiche”. Da quel momento, non mi chiama più nessuno. Tranne che un ristorante di lusso di Noto: “Il sindaco le offre una cena il giorno di Ferragosto”. I mastelli non arriveranno mai, il proprietario di casa mi dirà “Non devo dimostrarle di pagare la Tari perché lei non è nessuno!”. Mentre vado via però tira fuori dei secchi creativi di cui uno di alluminio dicendo che la differenziata a Noto si fa con quelli. Io allora gli mostro la piccola discarica che c’è nel giardino piena di immondizia. “Io sono Tino Di Rosolini, lei chi è? Si faccia curare, sono un medico, lo vedo dall’espressione che ne ha bisogno”. Forse si riferisce a qualcosa tipo isteria femminile, chissà. Racconto tutto sui social. Il sindaco di Noto mi risponde su Fb che mostrando l’immondizia di Noto “offendo la città”. Che un problema tra locatore e me non può diventare un caso. E poi “mica glieli devo fornire io i mastelli!”. (quindi tocca a Musumeci, prendo nota) Già. Peccato che i rifiuti che seppelliscono Noto siano figli di una cattiva politica, di cattivi cittadini e di molto altro, e che nella mia storia ci sia dentro tutto, in una specie di sunto emblematico: io nel ruolo del turista sfinito non messo nelle condizioni di fare la differenziata, il medico facoltoso che ambisce al ruolo di sindaco e LUI non ha i mastelli per la differenziata (paga la Tari per quell’immobile sì o no, sindaco Bonfanti? Gli elettori lo devono sapere), la politica che se la prende con chi denuncia perché osa dire che il re è nudo. Anzi, perché, come si dice in Sicilia: “Sei nemico ra cuntintizza”. “Sei nemico della felicità”. Insomma. All’indifferenziata dovevo rispondere con una beota indifferenza. Chiedo venia, sindaco. Ha scritto Gerry Palazzotto in “Lucarelli, i rifiuti e questa terra senza vergogna” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” – nella edizione di Palermo – del 18 di agosto 2021: Ci voleva Selvaggia Lucarelli per ricordarci che siamo un popolo che non rispetta i patti con la bellezza, che tende ad azzannare la mano che ci sfama (o se non lo facciamo è perché aspettiamo che arrivi al portafoglio), che sporca con malcelato orgoglio ciò che un orgoglio vero dovrebbe proteggere. Ci voleva una influencer che pesa quanto un’azienda editoriale in termini di diffusione del verbo, (…), per sbatterci in faccia una realtà e un metodo. La realtà è, senza sconti, quella di cui sopra (senza generalizzare, ma senza nemmeno fare i pesci in barile): una Sicilia arraffona, che quando può tende a fottere il turista, una Sicilia di sindaci balbettanti, di aziende pubbliche inefficienti, di coscienza civile paleolitica. Una Sicilia che i giornali raccontano ogni giorno, cercando di schivare la foga populista dei social. Il metodo è tutta una addizione di disattenzioni: il cittadino butta il sacchetto dove presume che qualcuno lo raccoglierà, l’azienda preposta non ha fretta di recuperarlo, i controllori di quell’azienda sanno che così va la vita e non si stressano, gli amministratori si fidano dei controllori che hanno messo lì loro (sennò che ce li mettevano a fare?) e nicchiano. Così il sacchetto prolifera a go-go, altro che variante gamma o delta: e contagia persino lo sguardo di chi lo incrocia a distanza, in una vergogna che è virus senza anticorpo. Ebbene sì, ci voleva Selvaggia Lucarelli per ricordarci la miseria di una terra millenaria che si ritrova adesso, in questa estate di maschere e mascherine, con la memoria labile di una timeline. 

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