"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

lunedì 30 agosto 2021

Paginedaleggere. 41 «Si può imparare l’empatia? No, perché è una dote naturale che si acquisisce nella prima infanzia»

 

Ha scritto Umberto Galimberti in “Che cos’è l’empatia?”, pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 31 di luglio 2021: La capacità di immedesimarsi nei vissuti altrui. E chi non la possiede non può fare l’insegnante. (…). …l’empatia non è sufficiente per essere buoni insegnanti. Occorre anche una buona conoscenza della propria disciplina, una buona capacità di comunicazione, una buona competenza in psicologia dell’infanzia e dell’età evolutiva, ma senza empatia è meglio non intraprendere quella professione per evidente incapacità di sintonizzarsi con i vissuti dei propri allievi, perché l’intelligenza non si apre se prima non si è aperto il cuore, e perché l’applicazione nello studio non si attiva se prima non si è promosso l’interesse. L’empatia, che è poi la capacità di immedesimarsi in un’altra persona fino a coglierne i pensieri e gli stati d’animo (l’ansia della voce, la menzogna dell’espressione del volto, l’irritazione dalla rapidità del gesto, e tutto questo a prescindere dalla comunicazione verbale) si sviluppa in modo naturale a partire dall’infanzia. A pochi mesi dalla nascita i bambini reagiscono al dolore di un altro bambino come se fosse proprio e perciò piangono alla vista delle sue lacrime, ma già al secondo anno di vita si può assistere al bambino che, in presenza del dolore di un altro bambino, lo consola portandogli, ad esempio, dolci o giochi. Ma tutto ciò è condizionato da una buona sintonizzazione della madre con il bambino che, se si sente compreso nei suoi vissuti, impara a comprendere. Se invece i genitori non mostrano alcuna empatia rispetto alle emozioni di gioia, di pianto, di bisogno di essere accarezzato, se l’espressione dei suoi sentimenti continua a non ricevere alcuna risposta o essere apertamente scoraggiata, il bambino evita di esprimerli e successivamente di provarli. Le conseguenze in età adulta possono essere di due tipi: o un’eccessiva sensibilità per le emozioni negative, accompagnata da una vigilanza ossessiva sugli indizi che segnalano una minaccia, oppure un’assenza completa di empatia, con conseguente incapacità di entrare in sintonia con gli altri, che predispone queste persone a potenziali azioni criminali senza senso di colpa, perché incapaci di percepire cosa le loro azioni possono produrre negli altri. A prescindere da questi casi estremi (che un insegnante empatico già riconosce nei “bulli” della sua classe, che pertanto non vanno sospesi dalla scuola, ma trattenuti più a lungo, perché possano acquisire una risonanza emotiva delle loro azioni), l’empatia in età adulta si manifesta in competenze sociali che rendono l’individuo capace di trattare con gli altri, mettendo in atto interazioni che favoriscono i rapporti interpersonali. Questo vale ad esempio in una coppia tra marito e moglie, in una scuola tra insegnante e studenti, in ambito lavorativo tra colleghi e tra questi e i rispettivi capi. L’interazione sociale a queste condizioni crea un clima favorevole e riduce i contrasti nati per incomprensione. Naturalmente la propria capacità empatica deve coordinarsi con l’autocontrollo, evitando da un lato un eccesso di empatia che esagera in modo incontrollato nelle sue manifestazioni, e dall’altro un eccesso di autocontrollo che non consente di percepire la propria disponibilità emotiva. Si può imparare l’empatia? No, perché è una dote naturale che si acquisisce nella prima infanzia se le condizioni sono state favorevoli. E chi non la possiede non deve intraprendere la carriera di insegnante. E questo non solo per il bene deli studenti, ma anche per il suo bene, onde evitare la tortura di andare ogni giorno in classe con studenti con i quali non si sa come relazionarsi. Lette – su cortese segnalazione della carissima amica Agnese A. – sul sito https://www.altuofianco.blog le considerazioni di Alessia Laura Bertinetto - «Umberto Galimberti agli insegnanti: “Usate meno il pc a scuola e basate la didattica sulla comunicazione”» - del 16 di agosto 2021: Dopo quindici anni e più in cui nella didattica è promosso e incoraggiato in modo forte l’uso degli strumenti informatici e multimediali, si sente la necessità di fare un passo indietro. Siamo arrivati a un punto in cui gli studenti conoscono i dispositivi tecnologici e i loro utilizzi in modo maggiore rispetto a chi dovrebbe insegnare loro il loro uso. Siamo tutti d’accordo che i ragazzi nati negli ultimi venti anni sono immersi nella tecnologia già dalla nascita (per questo vengono definiti nativi digitali) e siccome la tecnologia abbraccia ogni aspetto della loro vita è quantomeno ipocrita e sicuramente impensabile slegarla dalla loro esperienza didattica. Ma l’uso della tecnologia non ha portato solo comodità e benefici. La velocità con cui si accede alle informazioni, la sempre più scarsa voglia di leggere, perché gli strumenti tecnologici forniscono già tutti i tipi di intrattenimento, la necessità sempre minore di consultare dizionari o manuali, stanno portando a un impoverimento del lessico. Il filosofo Umberto Galimberti ci richiama a una riflessione: si stima che uno studente del liceo di quarantacinque anni fa conoscesse più di milleseicento parole e invece uno studente di oggi arrivi a malapena a cinquecento. Il pensiero non si può sviluppare senza la conoscenza delle parole. Siccome, sempre secondo il filosofo “non si può pensare al di là delle parole che conosciamo”, c’è il rischio preponderante che anche la capacità di pensiero e riflessione stiano finendo per ridursi. Internet fornisce ai ragazzi una quantità enorme di informazioni, ma queste spesso sono incoerenti e non connesse tra di loro come invece lo sarebbero in un libro. Questo rischia di portare a una diminuzione delle occasioni in cui si sviluppa il pensiero critico perché la velocità e l’immediatezza con cui si consultano siti e pagine web non danno l’opportunità di fermarsi a riflettere e analizzare le informazioni acquisite. Il compito della scuola, secondo il filosofo, dovrebbe essere di ripristinare queste capacità di analisi e riflessione per fare in modo che non si perdano. Galimberti sostiene infatti che “la scuola è il luogo dove riattivare il pensiero” ed è importantissimo farlo anche attraverso un grandissimo e importante strumento: il dialogo, la comunicazione, il parlare in classe. Scollegarsi da pc e software per ritrovare l’autenticità della comunicazione. Leggere e analizzare i dati, comunicare e riflettere, in particolar modo riflettere tutti insieme guidati dall’insegnante, possono essere davvero attività che frenano la caduta delle competenze linguistiche che si è osservata negli ultimi anni ed è stata causata anche dall’uso sempre più massivo della tecnologia, in cui tutto è breve e sbrigativo. Infine, un’altra questione fondamentale che solleva Umberto Galimberti è quella relativa all’intelligenza emotiva. I ragazzi vanno educati ai sentimenti, alla conoscenza e alla discriminazione tra bene e male per evitare il rischio dell’analfabetismo emotivo, grave tanto quanto le lacune culturali. Anche per questo obiettivo è necessario affidarsi allo strumento che regola e accompagna tutti i rapporti umani, sempre: la comunicazione. La comunicazione e il parlare di emozioni e sentimenti sono ciò che frena l’analfabetismo emotivo e sviluppa l’empatia, e ciò è importantissimo specialmente tra i giovanissimi, sempre più catapultati in un mondo in cui ci sono sempre meno certezze, guide e figure autorevoli a cui affidarsi. (…).

1 commento:

  1. "L'empatia è ascolto di ciò che non si ode". (Anonimo). "L'empatia è il tuo dolore nel mio cuore".(Anonimo). "Vedere con gli occhi di un altro, ascoltare con le orecchie di un altro e sentire con il cuore di un altro" (Alfred Adler). "Credo che l'empatia sia la qualità più essenziale di una civiltà".(Roger Ebert). "L'empatia fra le persone è come l'acqua nel deserto:si incontra di rado, ma,quando capita di trovarla, ti calma e ti rigenera".(Emanuela Breda). "Non c'è niente di più importante dell'essenza stessa dell'empatia. E questa,in ultima analisi, altro non è che la capacità di amare".(Jeffrey Moussaieff Masson). "Si può ben dire che colui il quale non sa immedesimarsi nelle gioie e nei dolori di tutti gli esseri viventi non è un essere umano". (Yoshida Kenko). "Il mondo è pieno di cose magiche, pazientemente in attesa che i nostri sensi si acuiscano". (William Butler Yeats). "Scambiarsi l'anima è un evento interiore rarissimo e prezioso".(M.Bisotti).L'empatia è un processo che si attiva quando cessiamo di focalizzare l'attenzione soltanto su noi stessi, per attivare un reale interesse verso l'altro. Essere empatici ci rende capaci di comunicare la nostra partecipazione, così che l'altro lo percepisca effettivamente. La vera empatia è alla base di una relazione interpersonale fondata sulla risposta emotiva che si attiva nel momento in cui si percepisce che un'altra persona sta provando un'emozione. L'empatia è alla base di ogni comunicazione efficace,è un ascolto attivo, in cui chi parla sente di essere realmente compreso e accettato. Grazie, carissimo Aldo, per questo post coinvolgente e particolarmente interessante ed incisivo per numerosi motivi. Buona continuazione.

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