Ha scritto Peter Gomez in “L’immeritato benessere” pubblicato sul mensile “FQMillennium” del
7 di agosto 2021: Dicono che il termine riccanza trovi le sue radici in tre diverse
parole: abbondanza, ricchezza e arroganza. (…). Ci interessa (…) capire perché,
in un mondo sempre più diseguale e a causa della pandemia pure più povero, abbiano
tanto seguito non persone che hanno fatto fortuna grazie alla fatica, all’abilità
e al talento, ma dei tizi in genere noti solo per la loro scemenza: i rich kids.
Cioè i giovani eredi dei multimilionari il cui unico merito è avere mamma e
papà coi soldi e la voglia cafona di mostrare sui social il proprio immeritato
benessere. (…). Eppure la folla, o meglio la plebe, come direbbero loro, li
guarda e va in estasi. (…). Prima dell’avvento dei social però l’esibizione
della ricchezza era limitata. I circoli esclusivi erano davvero esclusivi. (…).
Il ricco aveva una sorta di pudore, un innato understatement, che lo spingeva a
mimetizzarsi anche per non urtare la sensibilità dei meno fortunati. Gli eccessi
c’erano, è vero. Ma non erano la regola. Oggi tutto è cambiato. Con il blocco
dell’ascensore sociale che nell’Italia del secondo dopoguerra aveva permesso a
tanti figli di nessuno di diventare qualcuno, chi sta sopra ha perso i freni
inibitori. Morta la lotta di classe, morto il marxismo e il socialismo, tutto è
diventato lecito, scontato, anzi sfrontato. Intanto nessuno tirerà le pietre. (…).
Così in tv e sui giornali si possono impunemente definire fannulloni i poveri
senza che nessuno chieda a chi attacca: “Scusi, ma lei quanto guadagna? E soprattutto,
quanto guadagnavano i suoi genitori? Attenzione: chi scrive non è stato mai
comunista. Ma vedendo ciò che accade si chiede se non siano i social, e non la
religione, il vero oppio dei popoli. Tratto da “Capitalisti su Marte” di Giuseppe Genna, pubblicato sul
settimanale “L’Espresso” del primo di agosto 2021: (…). In questa fase
apparentemente fantascientifica, la distribuzione è la regina di ciò che ancora
viene etichettato come capitalismo e che altro non è se non un disvelamento ulteriore
di ciò che può essere il denaro. Per comprenderne la natura, si pensi al
neorealismo: a Vittorio De Sica. Al modo in cui oggi si può ridiscutere la
nozione di denaro, il grande regista fu tra chi ridefinì una nozione
fondamentale: quella di realtà. Non si trattava forse di ricchi e di poveri, di
sopravvivenza e di lusso? C’è un momento di “Miracolo a Milano”, in cui i
diseredati possono chiedere quello che vogliono al protagonista, che
magicamente è in grado di realizzare qualunque desiderio: si apre una gara a
chi chiede milioni e poi centinaia di milioni, migliaia di milioni, finché
l’ultimo esclama: «Tutti questi milioni più uno!». Il denaro come invenzione
sfrenata è un sintomo a cui non riesce ad adattarsi l’uomo economico, abituato
a farsi strada tra la scarsità di risorse, un quadro di riferimento che ha la
realtà come limite e non come energia ubiqua, continuamente attingibile per via
dello sviluppo tecnologico. La realtà radice della povertà e il sogno della
realtà come magia che trascende le risorse stesse, qui si gioca il cambiamento
di paradigma che stiamo vivendo. Un mutamento radicale, una rivoluzione
planetaria, accelerata dalla pandemia. Sembrano fole filosofiche, ma è
questione concreta di vita e di morte: di virus si muore, la povertà incombe,
ma anche la sovrabbondanza si affaccia a quella che il fisico Max Tegmark ha
chiamato “Vita 3.0” (il suo splendido saggio si intitola così ed è edito per i
tipi di Cortina). Del resto, gli eroi del film di De Sica a un certo punto non
pensano più al denaro: inforcano scope e letteralmente volano verso un regno
che sta nei cieli. Trascendere il denaro per volare oltre il pianeta, è quanto
realizzato proprio da Jeff Bezos, con il suo razzo Blue Origin, che ha
inaugurato l’era del turismo spaziale. Il multimiliardario Richard Branson, che
possiede Virgin, era partito qualche giorno prima con la sua navicella, dalla
base di Truth or Consequences, in New Mexico: una cittadina che si chiama
Verità O Conseguenze sarebbe rifiutata in qualsiasi romanzo realista - invece è
più reale del reale. Le imprese di questi pionieri, più ricchi di qualsiasi
ricchezza, esprimono una vocazione del tempo che stiamo vivendo. In effetti
siamo in un capitolo della fantascienza divenuta Storia. Sembrerebbe
irrealistico un capitale da 249 miliardi di euro, devoluto dall’Europa alla
nazione celebre nel mondo per il suo debito pubblico, l’Italia: eppure è
cronaca. A gestire parte di quella cifra da capogiro, è il ministro della
Transizione Ecologica, Roberto Cingolani, a capo di un comitato
interministeriale per la realizzazione delle riforme legate al piano di
Recovery. Vale la pena di ricordare che nel marzo di quest’anno, audito dalle
commissioni, Cingolani ha risposto così alla domanda di un parlamentare, che
chiedeva da dove prenderemo tutta l’energia che serve: «Dalle stelle». Un
ministro che fa un’affermazione indifferentemente fantascientifica,
scientifica, politica, economica: realistica. Mentre si consuma, a una velocità
inedita, l’accelerazione verso un nuovo modello di società, che potremmo
chiamare per comodità “capitalismo extraterrestre”, si pone a questo incrocio
il problema dei costi di una simile transizione: un prezzo sociale che
rischiano di pagare i poveri del globo. E però siamo già alla domanda: di quale
globo stiamo parlando? Di quello terrestre o del marziano? Non c’è il minimo
dubbio che le dinamiche del capitale rimangano alterate. All’indomani del suo
déjeneur sur l’herbe spaziale, Jeff Bezos ha offerto alla Nasa un abbuono di 2
miliardi di dollari, pur di assicurarsi l’appalto per portare astronauti sulla
Luna, una gomitata al concorrente diretto, che è (…) Elon Musk. Nell’impresa
spaziale, tuttavia, vista l’altissima specializzazione richiesta, non solo si
faticano a trovare proletari all’opera, ma si stenta a vedere umani tout court:
l’automazione, in questa avanguardia, regna sovrana. Se lo statuto di
avanguardia non è una bestemmia, si dovrà rimodulare la nozione di alienazione,
perché il lavoro stesso è sottoposto a un’accelerazione che ne muta la natura,
provvisoriamente o definitivamente. Del resto, oggi siamo certi che la natura
sia proprio quella cosa “naturale”, con cui siamo cresciuti? Un virus, che è
“natura”, muta in pochi mesi, qual è dunque la sua natura, se si comporta come
artificio? E se il virus fosse frutto di una manipolazione, sarebbe innaturale?
Se si avesse avuto la fortuna di partecipare alle manifestazioni ambientaliste
dei Fridays for Future, si sarebbe incrociato spesso un cartello sventolato dai
ragazzi in piazza: “There is no planet B”. Avevano ragione, ma essendo nel
torto, poiché il pianeta B c’è eccome e si chiama Marte. Stiamo vedendo in
tempo reale cosa accade sulla superficie marziana, dove sono attivi tre rover
Usa e uno cinese. Sarebbe capitalismo di Stato, nell’era in cui non si riesce a
comprendere cosa sia uno Stato rispetto a Google e al contempo lo si capisce
benissimo, perché degli aiuti di Stato abbiamo avuto bisogno per tirare avanti.
Nell’ipotesi che Beppe Grillo consegnò al suo Movimento, il reddito di
cittadinanza era dopotutto questo: un violento e progressivo cambiamento di
paradigma, la rivoluzione economica e politica imposta da una trasformazione
radicale e tecnologica, nascente dalla necessità di rivedere completamente il
rapporto con il lavoro e con la decisione sugli orientamenti della società (la
questione della democrazia diretta è effettivamente il problema di una
democrazia digitale). Qual è dunque il momento economico e politico del
capitalismo extraterrestre? La tecnologia azzera tutto questo? Sono problemi
che, lo si voglia o meno, risultano apertissimi e chiedono risposte,
nell’immane transito in cui la proprietà trasmuta in affitto, l’acqua rischia
di non esserci e di creare proletari per sete, le medicine diventano nanotecnologie
intrusive che surclassano le più ardite preoccupazioni novax, gli Usa
presentano un rapporto dell’intelligence in cui si riconoscono come veri i
video di Ufo. L’invenzione è arretrata, il sogno o l’incubo rischiano di essere
norma e l’energia è un fattore spirituale. Il tempo si piega, l’orizzonte degli
eventi ci introduce all’ennesimo buco nero che la specie si appresta ad
attraversare. Ha scritto Januaria Piromallo in “Una vita in riccanza” pubblicato su “FQMillennium” del 7 di agosto
ultimo: (…). L’educazione del rich kid. L’entrata dei millennial nell’età
adulta ha coinciso con la crescita del consumo dei beni di stralusso. I millennial
più di qualsiasi altra generazione che li ha preceduti attribuiscono molto,
troppo valore al denaro: sono la generazione dello “spendo dunque sono”. Se volete
che si inebrino del profumo della riccanza già dai banchi di scuola, che alla
cultura classica preferiscano quella Chanel, che ignorino chi sia Dante
Alighieri, che facciano confusione fra Freud e Beethoven, non avete dubbi:
mandateli a Le Rosey, sulle sponde del lago di Ginevra, non so se il collegio
più esclusivo al mondo, sicuramente il più caro, perfetto per crescere la prole
in mezzo ai privilegi anziché secondo la legge morale di Kant. Costa 115 mila
euro all’anno (…) ma qui si studia davvero: come vivere da miliardari. (…).
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