Ha scritto Michele Serra in “Marco che parla anche per mio conto”, pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” di mercoledì 28 di luglio 2021: Marco Natali, di anni 22, è molto
più bravo di me. Passava dalla piazza di Lodi, sabato scorso, e si è imbattuto
per caso nel corteo che manifestava contro il Green Pass e i vaccini. Ha
sentito una signora dire che i morti di Covid non esistono, li ammazzano negli
ospedali al solo scopo di spaventare la gente. Marco si è fatto largo in mezzo
ai manifestanti e ha detto: mio padre era medico, è morto di Covid, se ci fosse
stato già il vaccino sarebbe ancora qui. Marco è molto più bravo di me perché
io, al posto suo, avrei cambiato strada. Le idee degli altri non mi spaventano,
il fanatismo sì. La falsità eretta a regola, sì. Se uno mi dice che il Covid è
un’invenzione del potere, o che la Terra è piatta, io scappo. Provo una specie
di orrore e al tempo stesso una sensazione di impotenza, di fine corsa, puoi
discutere della Terra con chiunque, anche con chi è convinto che sia un’arancia
da spremere, una pecora da tosare, ma come fai a discutere della Terra, cioè
della realtà, con uno che ti dice che è piatta? Marco è molto più bravo di me
perché non ha avuto paura di dire: guardate che la realtà esiste. La morte da
Covid esiste. Mio padre è esistito. Ed esistete perfino voi, che avete la testa
piena di cazzate lette sui social, di dicerie dementi. E siccome esistete, io
parlo con voi. Ecco: Marco ha avuto, per i no vax, il rispetto che io non sono
capace di avere. Li ha affrontati da persona a persona. Invidio la sua forza e
la sua generosità. La sua fiducia nel prossimo, anche quando il prossimo cade,
farnetica, e forse merita di incontrare uno come Marco che gli parla, non uno
come me che si tappa le orecchie e fugge via. Tratto da “Impauriti, narcisisti e antipolitici
viaggio nella mente del popolo no vax” di Massimo Recalcati - psicoterapeuta
– pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” di oggi venerdì 30 di luglio 2021: (…).
Può lo Stato imporre ai suoi cittadini vincoli e obblighi che riducono la loro
libertà di azione? Sebbene questa sia la condizione di ogni democrazia, in
quanto la libertà non è mai assoluta ma sempre mitigata da leggi condivise, il
popolo e gli intellettuali no vax, proprio nel nome della democrazia violata,
scendono in piazza interpretando come un abuso insopportabile la recente
introduzione del Green Pass e delle altre misure che rendono obbligatorio il
vaccino in determinate situazioni (…). È interessante osservare come popolo e
intellettuali no vax non abbiano una sola anima. La loro geografia appare
infatti piuttosto frastagliata. Possiamo innanzitutto distinguere i no vax
ideologici. In questo caso fanatismo anti-politico e fanatismo anti-scientifico
si mescolano in un solo pastone. E, tuttavia, a guardare bene è sempre il
fanatismo dell'antipolitica a trascinare con sé quello antiscientifico. Al
fondo troviamo il sospetto invincibile nei confronti del sistema della
rappresentanza democratica della politica e delle sue istituzioni. L'assioma è
chiaro: sono gli interessi più torbidi della politica che guidano le
imposizioni sanitarie. I no vax ideologici sono una manifestazione infantile
dell'antipolitica dai tratti paranoidi. È l'apologia più pura del populismo: il
potere politico e scientifico vogliono soffocare la libertà inviolabile del
popolo. Siamo divenuti cavie di un esperimento mondiale delle grandi industrie
farmaceutiche. Gli estremismi si toccano: la stessa critica al sistema trova
voci radicali sia a destra che a sinistra. Lo faceva notare nel suo Salò già
Pasolini: la Destra porta nel suo cuore più profondo una spinta anarchica che
rigetta radicalmente ogni senso del limite. Una variante significativa dei no vax
ideologici è quella dei no vax filosofici. Qui la parola chiave è biopotere. La
nostra libertà sta subendo un attentato mortale. Nel nome della difesa della
salute e della sicurezza, il biopotere invade la sfera privata imponendo le sue
leggi disciplinari, trasfigurando lo stato di eccezione in una regola. Esiste
un filo rosso che unisce le leggi speciali anti-terrorismo post 11 settembre -
l'esercizio del controllo delle vite avviene nel nome della difesa dei
cittadini - , con quello che sta accadendo ora con la dittatura sanitaria. Lo
stato di emergenza esautora le istituzioni democratiche della loro essenza
introducendo una virata totalitaria dagli esiti inquietanti. Anche in questo
caso intellettuali di sinistra e di destra si trovano riflessi nello stesso
specchio. Il che non può non impressionare. Quando la filosofia insegue le sue
tesi generali dimenticando l'analisi del particolare tende sempre a generare
mostruosità. Non discriminare l'emergenza terrorismo dall'emergenza pandemica -
esercizio che anche un bambino saprebbe argomentare - rivela come il
convincimento assiomatico delle tesi generali non sappia spesso confrontarsi
con la prova imposta dalla realtà: la vaccinazione non è espressione del
biopotere, ma la risposta della comunità degli uomini alla violenza omicida del
virus. Al fondo di questa posizione troviamo una concezione neo-libertina della
libertà: aristocraticismo, individualismo, complesso di superiorità, l'idea,
conscia o inconscia, del popolo come massa acefala, gregge, luogo di
alienazione del pensiero critico. Una categoria antropologicamente diversa è, (…),
quella dei no vax salutisti. La loro preoccupazione non si ispira né
all'antipolitica, né alle strategie occulte del biopotere, ma a una sincera
preoccupazione relativa agli effetti, soprattutto a lungo termine, dei vaccini
sui nostri corpi. Il fanatismo lascia qui il posto alla paura. Questa parte di
no vax potrebbe essere raggiunta da una informazione semplice e coerente che è purtroppo
spesso mancata. L'assenza di prese di posizione ideologiche rende ancora
possibile il confronto e la possibilità della persuasione. Ma quest'ultima
tipologia di no vax rivela altresì la cifra più elementare che probabilmente
alberga soggettivamente anche nelle altre due. (…): dal punto di vista
strettamente psichico, la paura di assumere il vaccino è la stessa di viaggiare
in aereo. La vigilanza dell'Io non vuole arretrare, non accetta di perdere il
controllo, di affidarsi ad un altro sapere. Eppure è quello che accade ogni
volta che dobbiamo sottoporci, a causa di una malattia, al discorso medico e
alle sue leggi. Al fondo c'è una strenua difesa dell'inviolabilità dei propri
confini personali, una profonda angoscia di contaminazione. Si tratta di un
prolungamento collettivo del narcisismo ipocondriaco individuale: preservare i
propri confini dalla venuta dello straniero. È una declinazione particolare di
sovranismo psichico.
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