"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 31 luglio 2021

Paginedaleggere. 36 Galimberti: «Noi abbiamo la scienza, un sapere oggettivo, e la mettiamo sullo stesso piano delle convinzioni. I no vax dimostrano grande irresponsabilità».

«Soltanto la cultura classica ci può salvare dal declino», intervista di Silvia Allegri ad Umberto Galimberti letta – su cortese segnalazione dell’amica Agnese A. – sul sito www.larena.it/argomenti/cultura/: (...).Umberto Galimberti, nella passata edizione il titolo della sua conferenza era Tà Erotikà – In dialogo con Platone sulle cose dell’Amore. Quest’anno invece il suo pubblico viene condotto a riflettere su un altro tema cruciale dell’esistenza: Anima e Corpo, un dualismo ingannevole. «È Platone a inaugurare la nozione di anima, che non appartiene assolutamente alla tradizione giudaica e tantomeno a quella cristiana. La parola che utilizza l’aramaico è nefesh, che significa respiro e indica gli organi coinvolti nella respirazione. Ma quando la Bibbia viene tradotta in greco essa viene resa con il termine psyché. Inevitabilmente nella trasposizione la parola psyché si trascina dietro tutta la cultura greca, e siccome indica l’anima “altra” dal corpo, automaticamente anche la parola nefesh, una volta tradotta la Bibbia, viene ad assumere il significato dato da Platone. Per tornare a noi: l’anima non esiste, è semplicemente una bella parola che la tradizione ha reso famosa. Ricordiamo anche che i cristiani non credono nell’immortalità dell’anima, bensì nella resurrezione dei corpi. Resta il fatto che la gente ha paura della morte, e l’idea che sopravviva qualcosa che loro chiamano anima è consolante, è un modo per sentirsi immortali. Secondo Nietzsche il colpo di genio del Cristianesimo consiste nell’aver convinto l’uomo che non sarebbe mai morto. In Grecia invece il concetto di morte non era un tabù».

Lei ripercorre la storia del dualismo anima e corpo, partendo da Platone, passando per San Paolo e Sant’Agostino, arrivando a Cartesio, che ha ridotto il corpo a un insieme di organi, a Nietzsche, fino all’odierna bibbia degli psichiatri, il Dsm, Manuale diagnostico statistico dei disturbi mentali. Cosa si è trasformato in queste tappe della storia? «La psichiatria americana di oggi manda a quel paese la psichiatria europea e occidentale, che si basava sulla relazione tra medico e paziente. Karl Jaspers diceva che la psichiatria deve diventare da scientifica a comprensiva. E comprendere significa individuare il centro di un delirio: a quel punto tutte le manifestazioni di uno schizofrenico diventano coerenti in maniera perfettamente logica. E anche nel caso delle persone cosiddette normali va tenuta in considerazione la visione del mondo di ciascuno, sia essa logico-matematica, mistica, romantica. Se non conosco la visione del mondo di una persona non posso comprenderla».

Veniamo allora al rapporto con l’altro. Non basta, come spesso si vorrebbe far credere in modo semplicistico, una lingua universale come l’inglese per intendersi. E non basta neppure lo studio di materie scientifiche. «Intendersi vuol dire catturare la visione del mondo della persona con cui parlo, e questo è reso possibile esclusivamente dall’empatia, una dote di pochi e che per giunta non si può imparare perché è un dono di natura. Di sicuro chi non la possiede non dovrebbe fare il professore. Ma non solo: chi è consapevole mette in gioco le proprie idee, chi non lo è se ne sta tranquillo nella sua ignoranza. Che in questa epoca è diventata addirittura un vanto. I filosofi, invece, amano il sapere, ma amore è mancanza, non possesso: io desidero le cose che non ho. La filosofia ha un’altra funzione, e più che un sapere è un atteggiamento: mettere in dubbio le idee che si hanno in testa. Oggi la televisione e i social diffondono idee, ma mancano il fondamento e le argomentazioni».

Sarà anche dovuto al fatto che sempre meno persone studiano il greco, la lingua per eccellenza della filosofia? «All’inglese manca l’astrazione, manca la ricchezza del linguaggio. E noi stiamo buttando le nostre scuole al livello della cultura anglo-americana. Questo è un disastro. Qualche settimana fa il ministro dell’istruzione inglese ha invitato gli studenti a non iscriversi alle facoltà umanistiche. Ma è proprio coi saperi umanistici che si forma l’uomo, le competenze scientifiche si imparano tranquillamente all’università. Eppure noi stiamo riempiendo le scuole di computer invece che di letteratura, puntiamo a istruire invece di educare, e la progressiva povertà del linguaggio sta diventando una piaga soprattutto tra i giovani. E vengono trascurate la filosofia, la poesia, il greco antico con tutte le sue infinite sfumature. Il greco, ricordiamolo, contava circa ottantamila parole quando il latino ne aveva a malapena quattromila, e permette di imparare a ragionare sul valore e sul peso dei termini che si scelgono per esprimersi».

Riferendosi alla nostra epoca, lei parla della necessità urgente di diventare tolleranti. «Tollerare significa ipotizzare che quello che dice l’altro, pur avendo magari il parere esattamente contrario al mio, abbia un gradiente di verità superiore al mio. Allora c’è la possibilità di dialogare, che non è battersi le mani sulle spalle e dire che siamo tutti amici. Le parole che iniziano con dia- sono tutte greche e indicano la massima distanza: dialogo vuol dire massima distanza di pareri, così come diametro vuol dire massima distanza di punti nella circonferenza. Si può dialogare solo se l’altro è convinto di non avere in mano la verità assoluta. La verità è una strada, non una meta. Guai a irrigidirsi nelle proprie convinzioni».

A questo proposito lei critica fortemente chi ha deciso di non vaccinarsi. «In base a cosa hanno deciso questo? In base alla loro convinzione. L’hanno messa in questione? Da dove viene? Dal sentito dire? Le convinzioni sono il prodotto della soggettività. Tu la chiami libertà, ma sei davvero libero se hai delle convinzioni non verificate? Oggi noi abbiamo la scienza, un sapere oggettivo, e la mettiamo sullo stesso piano delle convinzioni, che oltretutto sono tutte diverse una dall’altra. I no vax dimostrano grande irresponsabilità. Anche qui la filosofia con la storia può venirci in aiuto: questo è un atteggiamento da ricondurre ancora al Cristianesimo, che ha instaurato il concetto di individuo, per cui la cosa più importante è salvare l’anima in un processo del tutto individuale. Per i greci invece la comunità veniva prima dell’individuo. La perdita di questa consapevolezza può avere conseguenze drammatiche su tutti noi».

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