Tratto da “Le
nuove tecnologie e i loro effetti” di Umberto Galimberti, pubblicato sul settimanale
“D” del quotidiano “la Repubblica” del 15 di luglio dell’anno 2017: Come
incidono l'uso e l'abuso dei mezzi informatici sui processi cognitivi ed
emotivi dell'uomo? (…). …Clifford Stoll, uno dei pionieri di Internet (…), dopo
averlo portato in trent'anni al livello che oggi conosciamo, scrive in
Confessioni di un eretico high-tech (Garzanti): «Quali problemi possono crearsi
se dedichiamo sempre più tempo a strumenti elettronici? A scuola per esempio,
grazie all'elettronica digitale, gli studenti sfornano risposte senza elaborare
concetti: la soluzione dei problemi diventa la pressione sui tasti. Le
calcolatrici sfornano risposte senza richiedere il minimo pensiero. Gli
studenti pigiano sui tasti, guardano i risultati e accettano ciò che la
macchina dice loro». Nella Postfazione al libro di Stoll, il linguista Raffaele
Simone mette in guardia dai processi di "de-realizzazione" generati dall'uso
incontrollato del computer, e in proposito scrive che: «Possiamo non accorgerci
che la diffusione della conoscenza mediata dall'informatica è la più
formidabile barriera che si sia mai presentata nella storia verso il contatto
con la realtà. Con un software opportuno posso visitare Roma senza averci mai
messo piede, navigare sotto l'oceano senza bagnarmi, e perfino fingere un gioco
violento senza neppure graffiarmi. È reale questo?». Oltre ai processi di
de-realizzazione si aggiungono quelli di de-socializzazione, perché se è vero
che con Internet possiamo farci amici in ogni parte del mondo, quanto tempo
sottraiamo ai rapporti faccia faccia con chi ci circonda, col compagno di
scuola, col vicino, con chi ci sta di fronte al ristorante in un incontro tra
amici, tutte persone con cui parliamo distrattamente perché preferiamo
comunicare via e-mail o con inespressivi messaggi. E così perdiamo i moti
emozionali e la qualità dei sentimenti che di solito traspaiono dagli
atteggiamenti del corpo che accompagnano le parole, confermandole o
smentendole, e creando quei rapporti di fiducia che non si scaricano da un sito
web. Lo psicologo Giorgio Nardone, che ha lavorato con Paul Watzlawick della
Scuola di Palo Alto, ha scritto con Federica Cagnoni Perversioni in rete. Le
psicopatologie da Internet e il loro trattamento (Ponte alle Grazie), dove
mette a fuoco i tratti di dipendenza dalla Rete, non dissimili dai tratti
tipici della tossicodipendenza ("tolleranza" che comporta la
necessità di aumentare gradatamente le dosi, "crisi di astinenza", e
"smania" che comportano il bisogno irresistibile di connettersi). La
dipendenza da internet soddisfa sul piano virtuale il bisogno di controllo che
non si riesce a realizzare sul piano di realtà; alimenta il tratto ossessivo-compulsivo,
come nel caso dello shopping online che consente di entrare in qualsiasi centro
commerciale del mondo, soddisfacendo il vissuto infantile di onnipotenza e
libertà che compensano le frustrazioni del mondo reale. Chattando, si ha la
possibilità di realizzare virtualmente ciò che si vorrebbe ma non si riesce a
essere. Da qui il bisogno di stare ore davanti al computer che, a nostro
piacimento, realizza il sogno della nostra identità agognata. Se a questo si
aggiunge il cybersesso, dove la solitudine della masturbazione viene compensata
da una rappresentazione condivisa, e la possibilità di esprimere nell'anonimato
tutte le fantasie vissute nel privato, ecco che il computer diventa l'oggetto
erotico per eccellenza, dove, come davanti a una macchina magica, si esaltano
le perversioni e le allucinazioni del desiderio, a scapito dei rapporti reali
che, al confronto, appaiono insignificanti. (…). Chi verrà dopo di noi dirà
come è cambiato l'uomo. Oppure non lo dirà, perché non saprà nulla di come
l'uomo era prima dell'informatica, nel caso in cui questa ne abbia cambiato la
natura.
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