"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

sabato 10 luglio 2021

Paginedaleggere. 30 «Per affrontare il viaggio della vita occorrono coraggio e una cintura magica».

 

Scriveva Barbara Spinelli in “Il crimine dell’indifferenza” pubblicato sul quotidiano “la Repubblica” del mercoledì 10 di luglio dell’anno 2013: (…). Immaginiamo (…) questo: che Papa Francesco abbia accettato di firmare un’enciclica (“Fratelli tutti” n.d.r.) scritta quasi per intero da Joseph Ratzinger, perché all’enciclica non era affatto interessato. Quel che lo interessava sopra ogni cosa, che lo convocava, era il viaggio a Lampedusa, sul bordo di quel Mediterraneo dove sono morti, dal 1988, 19mila migranti in fuga dalla povertà, dalle guerre, dalle torture. Altri drammi vedremo, con l’Egitto che sprofonda nel caos e nell’eccidio. Così grave è il male di questo mondo, così vaste le colpe dei singoli, dei loro Stati, anche della Chiesa, che occuparsi di teologia in modo tradizionale - con precetti, verità assolute - può apparire una distrazione, se non un’incuria. Si riempie un vuoto, per occultarlo. Lo si affolla di parole dottorali, quando altra è l’emergenza: andare in quell’isola, simbolo delle nostre ipocrisie e del nostro disonore. La teologia non fa piangere, e di lacrime c’è soprattutto bisogno, ha detto il Pontefice. Il mondo è uscito dai cardini, 19 mila morti sono lo scandalo che nessun politico grida, e il Papa ha trovato la parola che lo mette a nudo e lo definisce: la globalizzazione dell’indifferenza. È come se il Papa dicesse (ma stiamo immaginando): «Io non scrivo encicliche, per ora. O meglio ne propongo una tutta nuova: facendomi testimone e pastore che non teorizza ma agisce. Io vado dove le lacrime sono sostanza del mondo». Come Achab, il cacciatore della balena bianca in Moby Dick: di sotto al cappello calcato, cade nell’oceano una sua lacrima. «Tutto il Pacifico non conteneva tante ricchezze che valessero quella misera goccia». Perché dove c’è teologia non c’è teofania: dove c’è ideologia si parla di Dio, ma Dio non si manifesta. (…). È quello che fece Gesù, che non scriveva trattati ma andava in giro fra la gente «nelle oscure vie della città» (nelle «periferie esistenziali» evocate a marzo dal Papa), come il Cristo raccontato da Dostoevskij che torna in terra e scampa alla prigione del Grande Inquisitore di Siviglia. Otto anni – come oggi - trascorsi dallo scritto di Barbara Spinelli. Otto anni per raccogliere uno “spirito nuovo”. Ce ne fa immenso dono Claudia de Lillo – in arte Elasti - con il Suo scritto del 3 di luglio 2021 - “Per affrontare il viaggio della vita occorre una cintura magica” - pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica”: «Vorrei che leggessi questo. Per capire cose di me che non sai». Mi ha consegnato alcuni fogli stampati ed è scomparso dietro la porta senza lasciarmi il tempo di fare domande. Erano pensieri, considerazioni, brevi storie, accompagnai dai nomi dei loro autori: Nia, Amadu, Samia, Kemal… E poi ho trovato anche lui: Camara, il ragazzo rifugiato della Guinea che da qualche tempo vive con noi. Mi sono ricordata che, quando lo avevamo incontrato la prima volta, aveva raccontato di avere frequentato, insieme ad altri ragazzi, un laboratorio di scrittura autobiografica poco dopo essere arrivato in Italia. Quelle pagine un po’ stropicciate erano il risultato corale di quel lavoro. In effetti, come aveva previsto lui, ho capito cose che non sapevo. Ho capito che per affrontare il viaggio della vita occorrono coraggio e una cintura magica, regalata dalla madre, capace di proteggerti dall’orrore. Ho capito che ci sono meccanismi potentissimi che consentono alle persone di sorridere e ridere e ritrovare la fiducia dopo avere attraversato l’inferno. Ho capito anche che amare un cane e portarlo a spasso e raccogliere da terra i suoi bisogni e infilarli in un sacchetto rosa sono la normalità per noi ma non per altri che possono restarne strabiliati e sconvolti. Accogliere un rifugiato non significa uscire dalla propria confort zone, ma invitare qualcuno a farne parte. A volte è un processo per tentativi ed errori in cui farsi spazio a vicenda, stringersi, aggiustarsi. Ma quasi sempre è una scuola. Da quando è arrivato Camara noi, i tubabu, gli uomini (e la donna) bianchi di casa, hanno imparato cose a cui da soli non sarebbero mai arrivati. «Oggi la mamma ha fatto una cosa molto brutta». Ha pronunciato proprio “mamma” perché è così che mi chiama. E quando un figlio che non è tuo ti chiama “mamma” smuove corde incontrollabili e può fare di te quello che vuole. L’importante è che non ne sia troppo consapevole. Senso di colpa, autocoscienza, interrogativi accusatori, il vuoto. Cosa mai avevo fatto di così brutto? Avevo buttato nella spazzatura la testa del pesce dopo averlo pulito. «Mi hai dato un grade dolore». Poi Camara si è messo a ridere perché, per fortuna, è dotato di grande ironia. Ma io non ripeterò mai più l’errore. «Come dite voi alla fine del pasto, per ringraziare i vostri genitori per avervi nutrito?». Era una domanda casuale che ha provocato nei tre virgulti un certo disagio. «Eh? Boh. Niente…». In Guinea si dice albarka. È una parola necessaria e obbligatoria. «Se te ne dimentichi, il giorno dopo salti il pasto». Perfetto. L’altro giorno mio figlio mangiare fischiettava. «Fischi?». C’era dell’incredulità. Perché a quanto pare potrebbe arrivare Sogoré, uno spirito maligno, che non lo tollera. E quindi cosa fa? «Si vendica». Nel dubbio è calato il silenzio. Infine, in questo tempo storto, di languori e ferite da sanare, c’è l’augurio perfetto: Wontanara. Camara me l’ha regalata alla fine di un giorno difficile. «Che vuol dire?». «Letteralmente “tutti insieme”. Ma in realtà vuole dire che non devi preoccuparti, che non sei sola, che tutto si risolve perché con te ci siamo noi, ci sono io». Non siamo soli. Ci ritroveremo. Del resto se ce l’hanno fatta Nila, Amadu, Samia, Kemal e Camara, a cui hanno strappato persino la cintura magica regalata dalla mamma, possiamo riuscirci anche noi. Wontanara a tutti, ne abbiamo bisogno.

1 commento:

  1. "Lentamente fioriva, lentamente maturava in Siddharta il riconoscimento, la consapevolezza di ciò che realmente sia saggezza, quale fosse la meta del suo lungo cercare. Non era niente altro che una disposizione dell'anima una capacità, un'arte segreta di pensare in qualunque istante, nel bel mezzo della vita, il pensiero dell'unità, sentire l'unità e per così dire respirarla".(Hermann Hesse). "Immagina un mondo senza possessi, mi chiedo se ci riesci, senza necessità di avidità o fame, la fratellanza degli uomini. Immagina tutta la gente condividere il mondo intero. Puoi dire che sono un sognatore, ma non sono il solo... Spero che ti unirai anche tu un giorno e che il mondo diventi uno". (John Lennon). Grazie per questo post fantastico e commovente, che ha per me il sapore di una forte e luminosa conferma, ma anche e soprattutto di un augurio da estendere a tutta l'umanità: "Wontanara".

    RispondiElimina