"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 6 luglio 2021

Leggereperché. 92 «Il malessere contemporaneo dell'identità democratica».

 

Tratto da “Dove nasce la paura del futuro” di Ezio Mauro, pubblicato il lunedì 6 di luglio dell’anno 2020: (…). Il contraccolpo psicologico della pandemia era inevitabile. È la conseguenza della perdita dell'onnipotenza dell'uomo moderno che vive nel primo mondo, tutelato dallo sviluppo, garantito dalla conoscenza, protetto dalla scienza, illuso dall'avanzata lineare del progresso. Nello squarcio di questa corazza che ci prometteva invulnerabilità, ma che il virus ha immediatamente attraversato, abbiamo intravisto la morte, non più come evento privato e familiare ma come fenomeno collettivo, sociale, dunque politico, qualcosa a cui non eravamo ormai abituati. Il risultato è un'insicurezza addirittura di tipo antropologico, perché chiama in causa il nostro ruolo in un ambiente di cui all'improvviso scopriamo di essere parte, e non padroni. Dunque la politica deve adeguarsi a questo cambio di ruolo, riprendere le misure del sociale, rivedere le proporzioni, riformulare le sue ipotesi. Aggiungiamo l'azione di disvelamento che il virus - come ogni evento estremo - ha compiuto sulla funzionalità e sull'equità del nostro sistema, portando alla luce i buchi dei ritardi, degli squilibri e delle disuguaglianze che stavano nascosti sotto l'apparente benessere. Il rapporto Istat li fotografa tutti, e non possiamo più fare finta di non vederli: i posti letto negli ospedali si sono dimezzati tra il 1995 e il 2018, in otto anni nella sanità il personale è calato del 5 per cento, i medici sono 39 ogni 10 mila residenti contro i 42 della Germania, gli infermieri 58 rispetto a 129. Intanto dopo il Covid la speranza di vita diminuisce (-0,87), l'aumento della mortalità colpisce di più la fetta di popolazione meno istruita: e nell'ultima generazione, nata tra il 1972 e il 1986, per la prima volta l'ascensore sociale scende, e la percentuale di chi vivrà in condizioni economiche peggiori rispetto a quelle dei genitori supera (26,6 per cento a 24) la quota di chi si attende una crescita. Nella tensione dell'emergenza che abbiamo attraversato, il cittadino ha avvertito questi scompensi pur senza conoscerne i dati, perché ha "sentito" l'allarme sociale che nasce quando ci si trova esposti, in pericolo, e si scopre che tutte le difese che ci eravamo costruiti nel dopoguerra, a partire dal welfare, sono ormai deboli e infragilite. Aggiungiamo la grande crisi del lavoro, della produzione e del consumo, perché nella pandemia per la prima volta della modernità il mondo si è fermato: la paura del futuro nasce qui, da questo mix di spaesamento e disincanto, dove tutte le certezze tornano in revoca, e la precarietà diventa una condizione esistenziale e non solo professionale. Possiamo definirlo il malessere contemporaneo dell'identità democratica, che non garantisce più le sue promesse e sfocia nel sentimento di una perdita progressiva di cittadinanza: come se non avessimo più una piattaforma culturale comune, un'appartenenza sicura, una coscienza condivisa del portato di storia e di tradizione che ci definisce. Questa è la febbre residua del virus, dopo l'infezione. (…). Un Paese che sente l'incertezza del futuro, tanto che si prevedono 10 mila nascite in meno nel 2020 e 2021, ma che conserva un sentimento dell'insieme. Come se la società tenesse nonostante la fragilità del guscio che la protegge, e nonostante la debolezza del suo nucleo centrale. Il rischio è dunque proprio l'indebolimento del sociale, la forza di garanzia. Dalle classi siamo già tornati ai ceti, ci aspettano le gilde, le associazioni di arti e mestieri. Oggi la compressione del ceto medio, la sua proletarizzazione, può infatti produrre un'esplosione neo-corporativa della piccola borghesia, in un'atomizzazione di interessi particolari che faticano a ricomporsi in un progetto di ri-modernizzazione e innovazione, ma riescono facilmente a imprigionare una politica debole in un'azione di compensazione invece che in un progetto di trasformazione del Paese. Habermas avverte che una vitale società civile può svilupparsi solo nel contesto di una cultura politica liberale e sulla base di un'intatta sfera privata. Oggi la sfera privata è stata violata dal virus del Covid proprio mentre la cultura liberale è attaccata dal virus del nazionalismo autoritario. "In caso diverso - avverte il filosofo - sorgono dei movimenti populistici che difendono alla cieca le tradizioni ossificate". Appunto.

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