"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

domenica 11 ottobre 2020

Cosedaleggere. 75 «Un pensiero per Rossana Rossanda, tardiva gratitudine».

Tratto da “Le censure nascondono cattive intenzioni (o sguardi): vedi la diatriba sulla minigonna a scuola (che sia un invito di tipo erotico definisce chi lo pensa... anche se a mio avviso resta scomoda. E in generale, semplificare troppo non si può di Concita De Gregorio pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 3 di ottobre 2020: Un giorno, era la fine dell’estate dopo la maturità, il giornale per cui scrivevo cronache dai movimenti studenteschi mi mandò a seguire un convegno di tre giorni sul pensiero di Sartre. Probabilmente il redattore delle pagine culturali era in ferie, o non si fece trovare considerato il gravoso onere, ma a quei tempi non avevo pensieri così sordidi: ero solo molto felice che mi avessero dato un incarico tanto importante. Non era mai successo che mi chiedessero di “fare la giornalista”, cioè di andare a seguire un fatto fuori da scuola, nel mondo grande. Restai seduta in platea per tutti e tre i pomeriggi e riempii di appunti un intero quaderno formato protocollo. Il giornale voleva venti righe. Me lo comunicarono l’ultimo giorno: venti righe, le mettiamo oggi. Fai una sintesi. La relatrice principale era Rossana Rossanda. Durante una pausa caffè mi avvicinai a lei. Le mostrai il mio grande quaderno fitto di appunti e le dissi qualcosa come: «Ho seguito tutto, ma devo scrivere solo poche righe. Può aiutarmi?». Lei mi guardò un momento, il tempo sufficiente perché anche io potessi vedermi coi suoi occhi e indovinare i suoi pensieri, poi mi disse: «Purtroppo no». Per anni ho pensato a questo episodio come a un rito di iniziazione ai limiti del bullismo. Mi sono sentita vittima di una donna sprezzante, ingenerosa. Nel tempo, quando in molte occasioni ci siamo reincontrate, non gliene ho mai fatto parola: mi dispiaceva per lei. Oggi, vicina all’età che Rossanda aveva allora, mi capita spesso di dire «Purtroppo no», sebbene più raramente di quanto vorrei. Provo a farlo con gentilezza, perché ricordo bene la mia mortificazione di quel giorno. Ma purtroppo no. Non posso sintetizzare in venti secondi, un audiomessaggio, le ragioni della crisi della sinistra italiana e mondiale. Non è davvero possibile - non posso - riferire con una battuta a effetto la rotta del denaro che la Lega ha sottratto e nascosto, secondo indagini complesse e ancora in corso. Non posso fare un tweet sulle minigonne a scuola perché la minigonna nasce come simbolo di libertà, e lo resta naturalmente (qui ci vorrebbe il tempo per parlare di Mary Quant). Che sia un invito di tipo erotico definisce chi lo pensa (qui si potrebbe definire oscena la mentalità, non la minigonna). Dentro ogni censore c’è una ressa di cattive intenzioni, non sempre messe in riga con successo nel segreto delle private vite. E certo: si va a scuola anche per dibattere di questo, ma se c’è matematica e filosofia sarebbe ottimo concentrarsi sulle funzioni e su Spinoza. Comunque la minigonna è scomoda, resta il segno della sedia sulle gambe, si sposta, pretende continua attenzione da parte di chi la porta, una fuga di attenzione sottile e permanente. I pantaloni di felpa favoriscono la comprensione di un testo? Può darsi, non so. Ci vorrebbe una discussione di tre giorni, di cui almeno un intervento dedicato alla dirigente scolastica che a Francavilla Fontana ha imposto le gonne alle bambine con l’argomento che «il corpo femminile pretende profondo rispetto», e che «attraverso la gonna si apprende il concetto della dignità»: tremendo sdegno delle famiglie, ovvio, ma anche interesse per certi testacoda del pensiero. Dove attecchisce l’arcaismo; cosa siano la modernità, la liberta, l’educazione. Un pensiero per Rossana Rossanda, tardiva gratitudine.

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