Ha scritto Giacomo Papi in
“Lo spazzacamino, eroe della modernità”
pubblicato sul settimanale “D” del quotidiano “la Repubblica” del 6 di ottobre
dell’anno 2012:
(…). Guardo fuori dalla finestra. Il cielo è terso. È tutto spento. Le
polveri sono così sottili che non si vedono proprio. Quand'ero bambino, invece,
tutto fumava. Le fabbriche, le macchine, gli adulti. L'universo era avvolto dai
gas. I bambini disegnavano le casette con i comignoli accesi e nelle fiabe -
cammina cammina - il fumo annunciava il miracolo del riscaldamento e del cibo
sul fuoco. In Romanzo popolare (Mario Monicelli, 1974) l'operaio Ugo Tognazzi
spiega a Ornella Muti: "La fabbrica si distingue dal fumo, come una
bandiera. Ma lo sai che un lavoratore quando vede il fumo della sua fabbrica è
come un bambino davanti al panettone? Guarda, ci sono i fumi grigi, rossi,
verdi. Ecco, vedi, la mia fabbrica è quella là, a sinistra, quella col fumo
giallo, dopo il gasometro". A Milano c'era sempre la nebbia. Chissà dov'è
andata a finire. Il fumo era ovunque, in ufficio, al ristorante, nei bar.
L'odore - che oggi sarebbe insopportabile - non era neppure percepito. Fumavano
tutti: Humphrey Bogart, James Dean, Che Guevara, il bruco di Alice. Mio nonno
le Alfa, mia nonna le Stop, mio padre le Amadis. Dalla Francia, ogni tanto,
qualcuno portava le papier mais, con la carta gialla. Arrivarono enfisemi,
infarti e tumori, naturalmente. Ma il fumo continuò ad avvolgere il mondo come
una sfida insensata, una risata o un colpetto di tosse, una pernacchia alla
morte. Perché fumare era sapersi finiti, ma non averne paura. Il fumo colora di
bianco il respiro, il ritmo primo dell'essere vivi, quello che traduce
l'esterno in interno. La cenere, intanto, si depositava sulle cose, e tingeva
l'universo di nero. (…). Nel dicembre 1952 Londra fu sommersa da una colata di
smog. Morirono in migliaia, ma senza darsene troppo pensiero. La modernità intera, a pensarci bene, è stata di fumo:
ciminiere, sigarette, locomotive, transatlantici, automobili, bombe atomiche.
Alla fine del secolo, però, il fumo, da segno di forza e potere, si trasformò
in minaccia universale. Si è fatto strada il dubbio che tutto sia un veleno.
Spesso è vero (come nel caso del tabacco o dell'Ilva di Taranto), e questo
rende ancora più paralizzante la nostra paura. La scienza ha dimostrato che, in
assenza di guerre e miseria, la morte e le malattie dipendono anche dalle
condotte individuali. Dunque, diventano scelte. Diventano colpe. Il corollario
(l'illusione) è che se ci si comporta bene - se si evita di respirare (e
mangiare) veleni - non si morirà mai. È nello scenario dipinto
magistralmente da Giacomo Papi che si sono creati (?) i presupposti per la
pandemia di oggi. Traggo riflessioni dall’intervista di Antonello Caporale ad
Enrico Giovannini pubblicata oggi su “il Fatto Quotidiano” con il titolo
“Dopo il virus saremo più cattivi,
impauriti e forse meno liberi”:
(…). Professore, la pandemia doveva liberare
le nostre energie creative. Doveva essere il nuovo inizio. Invece saremo più poveri
e più cattivi. - Quando le crisi si fanno ricorrenti il sistema diventa
instabile e ci si avvicina a quelli che si definiscono “punti di non ritorno”.
In Europa, in dieci anni abbiamo conosciuto la crisi del 2009, quella del 2011,
quella migratoria del 2015 e l’attuale da Covid -.
L’Occidente traballa infatti. - Secondo
la teoria dei giochi applicata alla democrazia quest’ultima è come un mercato
in cui i cittadini chiedono soluzioni ai loro problemi e i politici, usando
diverse piattaforme, le offrono -.
Le offrono? - Le offrono prima
delle elezioni. Dopo, quando non le realizzano, i politici possono spiegare i
motivi dell’ostacolo: ora la recessione, ora l’Europa, ora la burocrazia e per
i cittadini è difficile capire se sono motivi seri o scuse. Chi ha il potere
gode di questo vantaggio informativo e questo spiega perché politici incapaci
possono essere rieletti -.
Il potere sta sempre al coperto,
non porta mai responsabilità. - Una delle conclusioni di questi modelli è che
le elezioni non sono in grado, da sole, di risolvere questa asimmetria
informativa e quindi di spingere gli eletti a fare ciò che vogliono gli
elettori -.
Non ci resta che l’oligarchia! - No,
serve aumentare l’informazione a disposizione dei cittadini. Ma a questi
modelli razionali basati su logiche matematiche si contrappongono quelli basati
sulle neuroscienze, che ci spiegano che le elezioni si vincono se non si parla
solo alla ragione ma anche all’emozione. Drew Westen, che è stato consigliere
di Obama, ha affrontato in un saggio i motivi per cui, dai tempi di Roosevelt
in poi, Clinton fosse stato l’unico democratico a essere rieletto alla
presidenza, mentre solo un repubblicano avesse fallito la battaglia per la
rielezione. Westen fa di più: effettuando la risonanza magnetica su un gruppo
di democratici e su uno di repubblicani, dimostra che la pancia conta più della
testa e la ragione, che è democrat, soccombe davanti all’emozione, molto più
capace di essere stimolata dai repubblicani -.
Anche la paura è un’emozione. - Altro
che! Ma i social media e la profilazione degli elettori grazie ai big data mettono
in crisi il funzionamento stesso della democrazia perché riescono a manipolare
in modo puntuale, persona per persona, l’emozione. Il politico che usa il
social può riuscire invece a inoculare nel corpo elettorale una motivazione
estranea all’autonoma elaborazione: così facendo induce i cittadini a domandare
soluzioni ai problemi scelti dal politico. In questo modo, una questione, in sé
speciosa o solo propagandistica, diverrà un tema sentito e popolare e guarda
caso il politico appare come quello che ha proprio la soluzione di quel
problema -.
È per questo che lei chiede che i
fondi del Next Generation Eu siano indirizzati al sostegno di programmi per la
conoscenza? - Sì, ma non si tratta solo dello sviluppo del nostro sistema
scolastico, ma di un’azione di formazione continua. L’ultima indagine Ocse
sulle competenze della popolazione adulta ci pone, nella classifica degli
incompetenti, al posto d’onore. Circa il 30 per cento della popolazione
raggiunge solo il primo livello, quello basico, di capacità di comprendere un
testo, fare calcoli matematici, ecc., mentre negli altri Paesi solo il 5 per
cento di persone ricade in questa classe -.
Altro che creativi e talentuosi.
- Certo, i talenti non mancano. Gli incompetenti però sono tanti di più -.
La paura sale. - Anche la
democrazia si basa sulla paura, ma una quantità modica. Quando aumenta oltre
certi limiti le persone sono pronte a tutto pur di farsi difendere, anche a dar
via la libertà -.
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