A lato: Veduta di "Sarlat la Caneda" (Francia), "acquarello" (2020) di Anna Fiore.
Tratto
da “La velocità, madre dell’oblio”
di Roberto Saviano, pubblicato sul settimanale “L’Espresso” del 9 di agosto
2020: Prendiamo una situazione delle più banali: un uomo cammina per la
strada. A un tratto cerca di ricordare qualcosa, che però gli sfugge. Allora,
istintivamente, rallenta il passo. Chi invece vuole dimenticare un evento
penoso appena vissuto accelera inconsapevolmente la sua andatura, come per
allontanarsi da qualcosa che sente ancora troppo vicino a sé nel tempo». Milan
Kundera pubblica “La lentezza” nel 1995 consegnandoci riflessioni sull’essere
umano, sull’utilizzo che fa e sulla percezione che ha del tempo; riflessioni
che oggi ci sono utili per capire cosa accade quando deleghiamo alla tecnologia
la mediazione tra uomo e vita, tra uomo e ciò che accade, tra uomo e politica
e, in ultima istanza, tra uomo e uomo. «C’è un legame segreto fra lentezza e
memoria, fra velocità e oblio”, dice Kundera e aggiunge: “[…] la nostra epoca è
ossessionata dal desiderio di dimenticare, ed è per realizzare tale desiderio
che si abbandona al demone della velocità». Questa ultima considerazione non ha
solo un valore filosofico, ma anche e soprattutto pratico, perché non si
dimenticano solo le sofferenze: si dimentica soprattutto l’esperienza, la
storia, le best practice e ciò che è accaduto e che possibilmente non dovrebbe
ripetersi mai più. È qui la chiave di volta. Al motociclista l’ebbrezza della
velocità fa dimenticare tutto, fa dimenticare il futuro perché la
concentrazione è tutta sul momento attuale. E senza il pensiero del futuro,
l’uomo dismette ogni paura. Nel camminare invece - gli arti inferiori che
impattano il suolo, l’affanno, la stanchezza, magari la sete - il corpo ci
ricorda che la sua velocità di crociera è esattamente quella che può
sopportare. Nessuna possibilità di appaltare quel lavoro. Il movimento affidato
al mezzo meccanico è una metafora che spiega benissimo cosa accade quando il
corpo non è coinvolto nell’azione che stiamo compiendo. Semplificando si giunge
a una deresponsabilizzazione che spiega bene la superficialità - per non dire
la ferocia - di certa politica, la violenza di certi commenti sul web che,
dapprima incorporei e immateriali, finiscono per entrare prepotentemente nelle
nostre materialissime e concretissime vite, condizionandole, spesso
peggiorandole. «La velocità è la forma di estasi che la rivoluzione tecnologica
ha regalato all’uomo», continua Kundera. «Ma quando (l’uomo ndr) delega il
potere di produrre velocità a una macchina, allora tutto cambia: il suo corpo è
fuori gioco, e la velocità a cui si abbandona è incorporea, immateriale –
velocità pura, velocità in sé e per sé, velocità estasi». E nell’estasi della
velocità, che decisamente smette di essere un valore e che diventa,
filosoficamente, un mezzo per raggiungere l’oblio e, praticamente, una
scorciatoia per portare attenzione su di sé, finiamo per accettare un racconto
della realtà incompatibile con ciò che viviamo, che vediamo, che sperimentiamo,
ma perfettamente in linea con la volontà di perdersi nell’oblio che impone le
sue regole sui social. Il grado di lentezza è direttamente proporzionale
all’intensità della memoria; il grado di velocità è direttamente proporzionale
all’intensità dell’oblio: cerchiamo di non dimenticare queste due equazioni
della matematica esistenziale di Kundera; ricordiamocene quando pretendiamo che
tutto accada nel minor tempo possibile, quando pensiamo di non avere tempo da
concedere all’approfondimento, alla comprensione, alla lettura, all’ascolto.
Ricordiamocene quando avvertiamo forte lo scollamento che tra ciò che viviamo e
ciò che ci raccontano; quella è la spia, e ci dice: fermati! Prenditi del
tempo. Non è l’oblio la strada da seguire. Non si vive per dimenticare, ma per
ricordare.
"Alla monotonia non si sfugge con la velocità. Anzi più alta è la velocità, più profonda è la noia". (Haruki Murakami).
RispondiElimina"In un mondo che corre vorticosamente, con logiche spesso incomprensibili, il problema della lentezza si affaccia alla mente con prepotenza, come una meta del pensiero e della via da percorrere. Andare più veloci non significa conoscere più di quello che la strada offre e nessuno vuole arrivare prima alla fine della propria strada ".( Lamberto Maffei).