"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

martedì 25 agosto 2020

Leggereperché. 31 « La tecnologia sta cambiando le nostre vite a una velocità inaudita. I cambiamenti concreti - sociali, economici, politici - non seguono lo stesso passo. Questo crea ansia».


A lato: "Villaggio portoghese", "penna ed acquarello" (2020) di Anna Fiore.

Tratto da "La nostra vita nell'era della guerra permanente", intervista di Anna Lombardi allo scrittore pachistano Mohsin Hamid pubblicata sul quotidiano “la Repubblica” del 25 di agosto dell’anno 2015: "Viviamo in una sorta di guerra permanente. Ogni giorno aprendo il giornale fronteggiamo scenari di guerra. Ci guardiamo intorno con sospetto, continuamente". (…).

Cos'è, esattamente, quel che chiama guerra permanente? "Quella che vive la gente sotto le bombe in Siria: ma anche quella di un padre che accompagna i figli a scuola a Peshawar temendo che i Taliban la prendano d'assalto. Quella di chi entra in un caffè a Sidney o in un supermercato a Parigi e si trova all'improvviso nel mirino dei terroristi. Senza dimenticare quella che in America vivono tanti ragazzi neri, che rischiano di farsi sparare addosso solo perché a un poliziotto bianco il loro comportamento appare sospetto...".
Lo considera un effetto collaterale della globalizzazione? "Credo che più della paura il sentimento che ci accomuna tutti è l'ansia. Intesa come paura emotiva che la nostra società, così come la conosciamo, venga completamente ribaltata. Cioè il punto non è la globalizzazione, che fin dai tempi dell'Impero romano, in fondo, è sempre esistita: ma la velocità, data oggi dalla tecnologia, con cui certi cambiamenti accadono. La tecnologia sta cambiando le nostre vite a una velocità inaudita fino a poco tempo fa: penso a certi villaggi qui in Pakistan dove 20 anni fa nessuno sapeva leggere e scrivere e oggi invece i bambini sono continuamente collegati a Internet, sanno cose che i loro genitori non immaginavano nemmeno 5 anni fa. Ma poi i cambiamenti concreti - sociali, economici, politici - non seguono lo stesso passo. Questo crea ansia: e porta la gente a chiudersi, a creare distinzioni. Nuove tribù".
Cosa intende per tribù? "Sistemi di identità rigidi: cattolici o musulmani, per esempio, nel caso delle religioni. Ma anche bianchi o neri, europei o americani e così via per sottogruppi. Questo fa sì che stiamo perdendo ogni vocabolario comune, ogni modo articolato per parlare in modo universale. Prendiamo la religione: da sempre dovrebbe essere questo, un sistema universale. Ma sempre di più in questo ambito, nessuno accetta quel che viene detto al di fuori dei propri canoni e parametri, rifiutando, ad esempio, quello che le altre religioni dicono. Lo stesso accade per la democrazia...".
La democrazia? Cosa cos'è che non va con la democrazia? "Anche questo in teoria è un concetto universale. Ma non è affatto vero che ogni essere umano è un voto. Se lo fosse dovremmo chiedere a tutta l'umanità di votare per sapere se davvero ci devono essere restrizioni sulle migrazioni. Se davvero abbiamo il diritto di buttare a mare chi fugge da una guerra. Come possiamo parlare di diritti umani se non accogliamo chi è in pericolo? Allora non siamo tutti uguali... Ecco, penso che molti dei concetti che fin qui abbiamo usato per valutare il mondo stiano fallendo: socialismo, religione, nazionalismo, democrazia...".
È da questo che nasce il nuovo fondamentalismo? È per questo che un ragazzo come Jihadi John, laureato in un'università inglese, lascia tutto per andare a tagliar gole in Siria? "Abbiamo già visto nel corso della Storia che i giovani sono quelli che più facilmente si lasciano sedurre da ideologie pericolose. Vale per chi ha fatto parte della Gioventù hitleriana, per gli squadristi mussoliniani, gli anarchici che mettevano bombe come per chi gira incappucciato con le insegne del Ku Klux Klan. Cercare è nella natura dei giovani: e qui il discorso si fa complesso, intervengono innumerevoli fattori. Ma sono convinto che quello più importante oggi sia la gerontocrazia. La crisi dei giovani è un problema globale, ma lo è a maggior ragione in Occidente dove mai come ora i vecchi hanno denaro, potere, influenza, case, pensioni: sicurezze che ai giovani vengono negate. I fondamentalismi nascono dalla marginalizzazione. E lo sbilanciamento del potere è un fattore di marginalizzazione che prende, fra le tante forme, anche quella religiosa ".
Vede una via d'uscita? "Bisogna contrastare la narrazione degli ideologi religiosi, dei razzisti, dei demagoghi politici. Ricordarci che anche l'Is racconta storie. E questo, oggi, è il ruolo degli intellettuali, degli artisti, degli scrittori, della letteratura. Dobbiamo riscoprire valori universali che ci facciano parlare la stessa lingua e rompano i tabù delle tribù. Usare la creatività, la filosofia per avere nuove idee che c'impediscano di piangerci addosso perché l'economia va a rotoli ma spingano a cercare soluzioni post-capitalistiche, post- religiose, post-nazionaliste..."
È per questo che la cultura è nel mirino dei fondamentalisti? "Sì, è esattamente questo il motivo per cui lo Stato Islamico distrugge opere d'arte, uccide gli intellettuali. Se vuoi imporre un sistema unico, dove solo tu sei nel giusto, la cultura è il tuo nemico perché ti dice che non ha senso, che non ci sono cose giuste o sbagliate, la mia gente o la tua gente. Ma che la civiltà è qualcosa di molto più sfumato, cui tutti apparteniamo".

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