"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

mercoledì 12 settembre 2018

Riletture. 18 «Siamo nati per parlare».


Tratto da “Così le favole lette ai neonati svelano l’istinto della parola” di Elena Dusi, pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 12 di settembre dell’anno 2011: Siamo nati per parlare. Forse nulla è più inverosimile di un bambino che comprende una favola a due giorni dalla nascita. Ma le immagini ottenute dai neuroscienziati del San Raffaele di Milano sul cervello dei neonati, durante la lettura di una storia di Riccioli d´oro, dimostrano che quello del linguaggio è un motore che corre a pieni giri fin dal primo momento. Le aree dedicate alla comprensione e all´elaborazione delle parole sono ancora prive di elementi e le connessioni fra i neuroni povere, dato che il vocabolario è fatto di pagine bianche. Ma il ciak è già scattato, e ci penserà il film del mondo a riempire di contenuti un recipiente che fin dal primo giorno è già dotato di forma compiuta. «Le strutture neurali legate al linguaggio sono perfettamente attive a due giorni di vita in entrambi gli emisferi» spiega Daniela Perani, professoressa di neuroscienze all´università Vita-Salute San Raffaele (…). I ricercatori hanno sottoposto a varie tecniche di neuroimaging 15 bambini nati da 48 ore nell´ospedale milanese. «Però si tratta di strutture ancora molto immature. Ci sono infatti forti connessioni solo fra i due emisferi cerebrali, mentre negli adulti l´attivazione del linguaggio è concentrata nell´emisfero sinistro». Appurato che il cervello di un bambino "parla" e "ascolta" fin dalla nascita, la domanda successiva riguarda il contenuto di quei primi discorsi. I ricercatori milanesi hanno trovato che i neonati riconoscono fin da subito la lingua della prosodia, fatta di intonazioni, di vocali allungate, di un tono della voce che si alza e si abbassa in maniera ritmica, tingendo di emotività le parole dei genitori e degli adulti in generale. «Non è un caso che in uno studio dell´anno scorso - spiega Perani - abbiamo dimostrato la capacità dei neonati di apprezzare la musica. I bambini a pochi giorni di vita sanno già distinguere un´armonia perfetta da un brano musicale distorto». La favola di Riccioli d´oro letta ai neonati durante l´esperimento (…) riusciva ad attivare le aree del linguaggio se era letta con la giusta intonazione. Ma lasciava i bambini indifferenti quando le parole erano pronunciate in maniera fredda e piatta, imitando la sintesi vocale di un computer. «Dopo aver raccontato la storia normalmente, l´abbiamo ripetuta eliminando del tutto la prosodia. Al bambino arrivava naturalmente lo stimolo uditivo, ma l´attivazione delle aree del linguaggio si abbatteva drasticamente. Era come se ascoltasse il suono di un martello pneumatico, qualcosa di non umano» spiega Perani. Nei bambini piccoli - dimostra lo studio - è la prosodia a guidare l´apprendimento del linguaggio. Le parole cariche di intonazioni e di variazioni nell´altezza del suono (la cui comprensione è affidata soprattutto all´emisfero destro, come per la musica) più facilmente si imprimeranno nella memoria con i loro contenuti (elaborati dalle aree del linguaggio, che sono concentrate invece nell´emisfero sinistro). L´equilibrio fra le due sezioni del cervello, notato dai ricercatori del San Raffaele a due giorni di vita, si sfalderà gradualmente per sfociare nella specializzazione dell´area sinistra del cervello, che avviene intorno ai cinque anni di età e si mantiene da adulti. Ai filosofi greci che si interrogavano sul legame fra significato delle parole e realtà, alle ardite teorie sulla natura divina del linguaggio e al dibattito moderno sull´esistenza di una grammatica universale, le neuroscienze danno il loro contributo con gli strumenti che hanno a disposizione. «La lingua nasce da una combinazione di "nature" e "nurture", cioè di biologia e ambiente» riassume Perani. «Il fatto che i circuiti cerebrali del linguaggio siano pronti alla nascita conferma il ruolo della biologia. Ma quei rari bambini che sono cresciuti senza essere esposti a parole e discorsi, da grandi non hanno più imparato a parlare. Questo dimostra che anche l´ambiente è fondamentale». E Charles Darwin, più abituato a osservare e descrivere che a offrire conclusioni, forse si era avvicinato al giusto quando notava perplesso che "il linguaggio non è vero istinto, perché deve essere imparato". Ma allo stesso tempo "è differente dalle altre arti" perché il bambino ha "una tendenza istintiva a parlare, ma non certo a scrivere o fare il pane".

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