Tratto da “Il
patto mancato tra amore sacro e amor profano” del teologo Vito Mancuso,
pubblicato sul quotidiano la Repubblica del 18 di settembre dell’anno 2014: La
prima elementare critica che occorre muovere alla morale sessuale cattolica è
che semplicemente non funziona, come dimostra il fatto che la gran parte dei
cattolici la disattende. L’etica autentica nasce dalla concretezza della vita e
torna alla concretezza della vita. L’attuale etica sessuale ecclesiastica
invece si rivela astratta, scolastica, libresca, non nasce dalla vita ma dal
desiderio di conformità alle decisioni magisteriali del passato. In questa
prospettiva per la morale sessuale ecclesiastica il ruolo decisivo spetta al
concetto di lex naturalis, nella convinzione che obbedire alla natura e ai suoi
cicli equivalga a obbedire a Dio. La natura è assunta come criterio di
legislazione etica, natura come legge, da cui procede una legge ritenuta naturale.
Le cose però non stanno così. Oltre al logos la natura conosce anche il caos, e
per questo essa non è la longa manus di Dio, e obbedire alla natura non
equivale necessariamente a obbedire a Dio. Chi ritiene il contrario deve essere
coerente e istituire la diretta connessione Dio-natura non solo per le
manifestazioni naturali benigne, ma anche per quelle maligne, le malattie e le
sciagure naturali. La lettura astratta e ideologica della natura ha condotto a
un duplice risultato: da un lato alla trasformazione della morale in moralismo;
dall’altro alla perdita di contatto con la coscienza contemporanea per la quale
il concetto di legge naturale risulta del tutto vuoto. Conosce solo la
biologia. Il fatto di concepire la natura come governata direttamente da Dio e
quindi tale da assumere valore di lex naturalis ha condotto la morale
ecclesiastica ad assegnare un primato indiscusso alla biologia e ai suoi ritmi,
a scapito della coscienza e della sua spiritualità. Ne è scaturita una morale
sessuale contrassegnata da una visione biologistica della sessualità,
intendendo con ciò la riconduzione del sesso pressoché solo alla procreazione.
Il primato della funzione biologica procreativa ha avuto nei secoli anche un
altro effetto negativo: quello di concepire la donna quasi esclusivamente in
funzione della generazione dei figli. Non conosce bene la biologia. La morale
sessuale ecclesiastica parla così tanto di natura e di natura umana, ma in
realtà, a causa della sua astrattezza e del suo dogmatismo, mostra di non conoscere
adeguatamente la natura umana, in particolare la natura femminile. Stante
l’assunto dell’inscindibilità tra amplesso e procreazione, essa propone ai
coniugi che intendono evitare una gravidanza di ricorrere ai periodi infecondi
per fare l’amore e di astenersi nei periodi fecondi, ma viene a rappresentare
in questo modo una potente quanto nociva mortificazione dell’istinto naturale.
Infatti il periodo in cui nella donna è più forte il desiderio di rapporti
sessuali è proprio quello dell’ovulazione, nel pieno del periodo fertile quando
la donna risulta più disposta e più disponibile, più attratta e più attraente.
Gli specialisti spiegano che ciò avviene perché nei giorni fertili gli ormoni
sessuali femminili risultano più concentrati. Quasi tutte le persone, cattolici
compresi, naturalmente si guardano bene dal prendere in considerazione tali
precetti elaborati da una morale di uomini celibi, e in- fatti secondo la
rivista scientifica «Human Reproduction» della Oxford University Press durante
l’ovulazione la frequenza dell’attività sessuale risulta aumentata del 24%.
Ignora il primato della coscienza. Occorre chiedersi che cosa sia più umano: la
libertà che comprende, vuole e decide, oppure la sottomissione a una necessità
biologica che impone se stessa quale criterio dell’agire e del non-agire? Io
credo che la dignità della persona umana consista nell’uso libero e
responsabile della propria intelligenza e della propria volontà. Io credo che
la vera natura della persona umana non sia espressa dal ritmo del ciclo
biologico, ma dall’intelligenza e dalla volontà responsabili. Io credo, in
altri termini, nel primato della coscienza. E dicendo questo, non faccio che
esprimere il senso più profondo della tradizione giudaico-cristiana. Non
rispetta il dato biblico. Con ciò non intendo ovviamente le considerazioni
spesso arretrate sulla donna e sulla vita sessuale contenute nei vari libri
biblici. Intendo piuttosto la logica complessiva del messaggio biblico, ovvero
la sua dinamica evolutiva. All’interno della Bibbia infatti si ritrovano
affermazioni a favore della poligamia e altre a favore della monogamia, e così
è per la dissolubilità e l’indissolubilità del matrimonio, la fecondità e la
verginità, l’inferiorità e la parità della donna, la svalutazione e l’esaltazione
del corpo. Tutto ciò costituisce un preciso insegnamento sulla
imprescindibilità del contesto storico. Ma c’è un’altra importante
considerazione. Nel libro biblico interamente dedicato all’amore erotico, il
Cantico dei cantici, nel quale la sessualità costituisce il centro specifico
del messaggio. Non vi è neppure un minimo accenno alla funzione riproduttiva
della sessualità e l’amore erotico non ha altra giustificazione che non se
stesso, in quanto manifestazione della più generale fioritura dell’essere.
Conclusione. La morale sessuale della Chiesa cattolica vorrebbe essere fondata
sull’oggettività di una presunta legge naturale su cui il soggetto dovrebbe
normare la propria particolare situazione. Alla prova dei fatti però essa
risulta un peso troppo gravoso da portare: lo è a livello pratico, per
l’impossibilità di attuarla con efficacia e con coerenza; e lo è a livello
intellettuale, per il massiccio ricorso a ciò che Rahner chiamava «cattiva
argomentazione in teologia morale». Occorre intraprendere un profondo percorso
di rinnovamento in materia di etica sessuale, analogo a quello compiuto
nell’ambito della morale sociale dove la Chiesa è passata dal ragionare sulla
base di un astratto criterio oggettivo (i diritti della verità) a un più
concreto criterio soggettivo (i diritti della persona), cambio di prospettiva
che l’ha condotta dall’Inquisizione al rispetto della libertà religiosa della
coscienza.
Il medesimo criterio applicato nell’ambito dell’etica sessuale porterebbe la Chiesa cattolica alle seguenti necessarie aperture: sì alla contraccezione; sì ai rapporti prematrimoniali; sì al riconoscimento delle coppie omosessuali. Qualcuno a questo punto si chiederà se si possa ancora parlare di etica cattolica. E io rispondo che in realtà non esiste una specifica etica cattolica, l’etica è la scienza teorica e pratica del bene, e il bene, per definizione, è universale. Ne consegue che non si tratta di preoccuparsi di salvaguardare lo specifico dell’etica cattolica, si tratta di voler pensare in prospettiva universale, cioè veramente cattolica, aggettivo che com’è noto significa proprio universale (dal greco katholikós formato dalla preposizione katà, «verso», e dall’aggettivo hólos, «tutt’intero»).
Il medesimo criterio applicato nell’ambito dell’etica sessuale porterebbe la Chiesa cattolica alle seguenti necessarie aperture: sì alla contraccezione; sì ai rapporti prematrimoniali; sì al riconoscimento delle coppie omosessuali. Qualcuno a questo punto si chiederà se si possa ancora parlare di etica cattolica. E io rispondo che in realtà non esiste una specifica etica cattolica, l’etica è la scienza teorica e pratica del bene, e il bene, per definizione, è universale. Ne consegue che non si tratta di preoccuparsi di salvaguardare lo specifico dell’etica cattolica, si tratta di voler pensare in prospettiva universale, cioè veramente cattolica, aggettivo che com’è noto significa proprio universale (dal greco katholikós formato dalla preposizione katà, «verso», e dall’aggettivo hólos, «tutt’intero»).
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