Tratto da «Vivere è pensare», colloquio di Ilaria Bonaccorsi Gardini con il
regista Marco Bellocchio pubblicato sul settimanale “Left” del primo di
settembre dell’anno 2012: In concorso a Venezia nonostante le
polemiche, Bella addormentata di Marco Bellocchio ha come sfondo la storia di
Eluana Englaro. Ma è l’occasione per parlare di vita, eutanasia, morale
cattolica. E del difficile risveglio della cultura e della politica italiana Non è un film su Eluana Englaro, lo ha
ripetuto più e più volte. «Correggere la realtà, andare oltre l’evento», questo
l’ intento. In Bella addormentata lo fa raccontando la storia di tre donne? - Procedo
in modo parallelo, come in Buongiorno notte. Si può raccontare in modo
fantasticato personaggi realmente esistiti. Li trasformi, mantenendo un
contesto in cui ci sono molte verosimiglianze. In Bella addormentata le
immagini televisive scandiscono il tempo e il racconto ma le tre storie sono
totalmente inventate. Come ho già detto, possono richiamare altri miei
personaggi passati. (…) -.
Conoscendo molto bene la favola,
perché ha scelto questo titolo? E chi è la sua bella addormentata? La drogata
che cerca il suicidio (Maya Sansa), la figlia in coma dell’attrice pazza
(Isabelle Huppert), la giovane cattolica (Alba Rohrwacher)… o forse l’Italia,
la Sinistra? - L’ho scelto perché mi piaceva. L’interprete dei sogni potrebbe
dirmi che è una negazione… ma, l’ho detto, non voglio essere angosciato dalla
correttezza. Chi è? Sicuramente vari personaggi, può fare riferimento a tutti.
È sicuramente il personaggio di Maya Sansa, è la figlia cattolica del senatore,
è – nel senso di riconoscere l’impossibilità di un suo risveglio – la figlia
dell’attrice ed è – essendo io dalla parte del senatore e di Beppino Englaro –
la totale certezza di un impossibile risveglio di Eluana. L’Italia? Non ci ho
pensato. La Sinistra… forse. Per esempio il senatore è un personaggio anomalo,
una persona per bene, uno di quei socialisti che pur essendo onesti, per un
anticomunismo che aveva delle sue ragioni, ha scelto di stare con Forza Italia
in buona fede. Ma che poi arriva a una resa dei conti, come accade nella vita,
e deve fare una scelta -.
In una recente intervista ha detto: «Oramai i mezzi di informazione ci assediano con la ripetitività instancabile della cronaca. Al cinema resta il compito di interpretare, di dare un senso alla realtà». Che senso ha voluto “restituire” con questo film? - Più che il senso, sicuramente volevo restituire la prima reazione. La corsa di quei giorni per votare pur di non permettere che una sentenza venisse rispettata, dimostrando un asservimento della politica al Vaticano, in special modo del presidente del Consiglio di allora, è stata una cosa insopportabile per me. Ed esigeva da parte mia una risposta. Certo questo non bastava, ci sono voluti due anni per decantare la cosa e far venire fuori delle storie e delle immagini -.
Questa reazione oltre che alla
specifica vicenda umana e politica, potrebbe essere legata anche al fatto che
da anni assistiamo a uno scontro tra ideologie zoppe? Penso a quel dialogo tra
sordi che da decenni riempie le pagine dei nostri giornali. Tra quei cattolici
(veri o falsi) con la loro concezione di Vita con la v maiuscola e quei laici
che si professano razionalisti e che con la loro “logica” arrivano al massimo a
teorizzare il diritto all’autodeterminazione del proprio corpo… - Ne ho parlato
a lungo anche con un mio amico medico che mi ha raccontato come, a volte, ci
sia un momento in cui per i parenti il malato è già morto. E questo produce
un’accelerazione per arrivare alla morte che lui, da medico, non condivide.
Ovviamente, da ematologo abituato ad affrontare situazioni estreme, è a favore
dell’eutanasia laddove non c’è più alcuna possibilità, nessuna autonomia
mentale. Solo sofferenza. Ma cercava di spiegarmi come alcune volte ci sia una
reazione in chi è vicino al malato, come un “non poterne più”. E allora si
accelera un processo che si potrebbe ancora ritardare. Questo solo per dire
quanto sia difficile capire, delimitare un percorso… è chiaro che non faccio
riferimento al caso Englaro su cui non c’è nulla da dire -.
Se tra le intenzioni di questo
film ci fosse stata anche quella di difendere il “principio dell’eutanasia”,
cosa non facile capisco, ci spiega qual è la differenza tra Eluana e la donna a
cui il medico impedisce di suicidarsi? O tra Welby, malato di Sla, che ha
chiesto di morire e Lucio Magri che si è fatto accompagnare in Svizzera per
avere la morte? - Una delle storie parla proprio di questo. Quella del senatore
che stacca la spina alla moglie che, pur credente, lo supplica di aiutarla a
morire. Mentre lui, benché laico, l’avrebbe tenuta ancora in vita. L’eutanasia
è un tema difficile, ne ha parlato lo stesso left a proposito proprio di Lucio
Magri (…). Certo le motivazioni erano enormi, il fallimento del comunismo e di
tutte le grandi aspirazioni di una vita lunga e vissuta e, certamente, va
rispettata la libertà di morire. Però lì c’era una persona perfettamente in
salute e mi chiedo, anche se mi rendo conto che è un fatto privato e che non si
può generalizzare o esportare in nessun modo, ma possibile che qualcuno
addirittura lo abbia accompagnato? E che invece non lo abbia impedito, non
abbia con tutte le sue forze cercato di dirgli “dobbiamo fare ancora un sacco
di cose”. Perché allora vuol dire accettare e proporre solo quella disperazione
-.
Non c’è differenza, dunque, tra
Maya Sansa e Lucio Magri? - Nell’episodio della giovane donna c’è questo
medico, che non è uno psichiatra, che la ferma in modo anche fisico e con
un’attenzione, quasi devozione, sta lì e le impedisce di suicidarsi. Con questa
sua affettività anche piuttosto fragile che però ha colto qualcosa. Tanto che
alla fine lei, pur avendo la possibilità di uccidersi, non lo fa. Mi sono
ispirato a un fatto che mi è stato raccontato tempo fa ma che ovviamente non
dirò -.
Nel film c’è il medico non
psichiatra che salva la vita della Sansa e invece un vecchio psichiatra che “dà
solo medicine” (ai politici). È una critica alla psichiatria? - Sì, Roberto
Herlitzka è il classico psichiatra – qualcuno ne ha parlato come una via di
mezzo tra Musatti e Andreotti -, che sa di non saper guarire la malattia, che
trova i pazienti di una “noia mortale” e che per difendersi da loro gli dà i
farmaci. Ma non perché creda nei farmaci, solo per contenere la malattia che sa
di non saper curare -.
Una delle scene più
impressionanti è il primo piano sulla ragazza in coma. Un volto intatto,
perfettamente truccato e acconciato. - Quello è l’episodio più favolistico. Nel
quale mi sono permesso una finzione, non è Eluana -.
Non intendevo questo, ho pensato
che con quel volto volesse rappresentare la follia della religione che fa
passare i morti per vivi. Un po’ come con i santi. Cadaveri profumati. - Non ci
avevo pensato ma posso senz’altro condividere questa idea, come quando vedi
quei corpi conservati nelle teche. Un’immobilità di questo tipo, una perfezione
fiabesca -.
L’oppressione della cultura
cattolica è potentissima. E fa danni. Riesce a immaginare una sua fine? Un
tempo in cui ai bambini non verrà raccontato che la vita è il dono di un dio? -
Mia figlia non ha ricevuto alcuna educazione religiosa e pur avendo delle
amiche cattoliche, non mi ha mai fatto domande. Vedo le sue angosce che
riguardano la vita, lo studio, i suoi rapporti, il dispiacere di aver subito
un’ingiustizia o di essersi comportata male. Però sono tutte cose che
riguardano la sua vita “umana”. Certo tanto più la gente si disaffeziona ai
riti, tanto più la Chiesa capisce di dover rafforzare il suo potere e lo fa con
tutta una serie di opere di misericordia. Ma per ribaltare la credenza che “credere
in Dio” sia innato negli esseri umani a me basta guardare mia figlia. Certo poi
è molto più complesso capire perché in tanti credono: persone in buona fede,
intelligenti, intellettualmente attrezzate con cui ti confronti e che non puoi
pensare che ti mentano. Ma per questo non ho la risposta -.
Per lei quando finisce la vita di
un essere umano? - Sicuramente quando perdi la capacità di relazionarti con gli
altri. Quando finisce il pensiero -.
La conclusione della favola è
nota. C’è un “bacio” che secondo lei risveglierà la cultura, la politica,
l’Italia? - Nonostante io sia un ottimista, vedo tempi ancora molto lunghi. La
Rivoluzione culturale è fallita e prima che questo bacio arrivi ce ne vorrà di
tempo… Anche leggendo tutta la stampa laica, tutte le pubblicazioni, per
esempio, sulle neuroscienze, gli scienziati sono sempre lì a cercare dove
stanno le cose nella mente, nel cervello, ed è assurdo. È una questione di
buonsenso, ed è anche pericoloso perché spinge tutto il discorso della ricerca
in altra direzione -.
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