Da “Non so
niente e faccio tutto” di Denise
Pardo, pubblicato sul settimanale L’Espresso del 4 di febbraio 2018: Pensare
che un tempo era un insulto feroce, per moltissimi lo è ancora, meno male, «lei
è un incompetente, come si permette, la sfido a duello, a karate, a judo, a
sumo». Poi dal fare spallucce all’offesa si è andati un passo avanti ancora o
indietro dipende dai punti di vista e il giudizio offensivo ora si è tramutato
in una qualità. È diventato un quoziente che sta cambiando la morfologia
culturale della società occidentale, si è trasformato in una parola e una
parabola chiave dell’ampio raggio che da Donald Trump arriva a Luigi Di Maio
(con le dovute mega-galattiche differenze tra i due) e che contraddistingue la
nuova classe politica (ma non solo quella) emergente e soprattutto vincente.
Buoni a nulla diceva Leo Longanesi ma capaci di tutto. Nell’Italia del disagio
e dell’inquietudine, della disoccupazione giovanile e del precariato a metà del
guado tra liberismo e “postofissismo” il modello dell’incompetente di successo
rassicura più delle lotte sindacali. Non c’è da stupirsi se la carenza di
preparazione assurta però a dogma, dottrina e teoria politica, (…), goda di un
plauso sempre maggiore. Che liberazione aver fatto gli asini, i vitelloni, gli
sfaccendati, non essere minimamente preparati, professare zero esperienza e
competenza senza essere bollati come paria avendo sconfitto finalmente, di
fronte agli intellettuali e agli esperti arroganti (i gufi professori già
disprezzati da Matteo Renzi) il senso d’inferiorità. Ovvero il complesso di non
aver conquistato uno straccio di diploma, un brandello di laurea, un
master-borsa di studio, marchio di potenziale corruzione. O anatema degli
anatemi non aver vinto un PhD massimo grado d’istruzione universitaria, in
genere sventolato nei curricula di clan contaminati dal potere affiliati a
lobby europee fellone con posto al calduccio in una banca centrale dell’Unione.
Così il dolce far niente è diventato viatico per seggi al Senato e alla Camera,
e forse in futuro per scranni ancora più alti nonostante briciole di studi e
mozziconi d’impiego e dunque è meglio affermarlo nei salotti tv come il più
orgoglioso dei manifesti. (…). La
neo-scienza sociale dell’incompetenza è studiata con foga nei laboratori più
accreditati dell’intellighenzia e dei cervelloni nella consapevolezza culturale
che si tratti di uno scontro di sopravvivenza, di un mondo che può saltare per
aria o uscirne con un potere molto ridimensionato. Sull’argomento si sommano
articoli, titoli, pubblicazioni, simposi soprattutto nel mondo accademico
anglo-sassone dopo la Brexit e l’elezione di Trump presidente che non sa
leggere un bilancio, non conosce le leggi ma di questo ha fatto un vanto e una
bandiera che lo hanno portato dritto dritto alla Casa Bianca e a un anno di
distanza non è mai stato messo in castigo da Wall Street e inizia persino a
incassare qualche apprezzamento. Le fabbriche di teste d’uovo Harvard e Oxford
monitorano il fenomeno e da noi anche l’università Luiss di Roma benemerita dà
il suo contributo pubblicando un saggio al centro di un clamore internazionale.
Titolo “La conoscenza e i suoi nemici” sottotitolo “L’era dell’incompetenza e i
rischi per la democrazia” è scritto da Tom Nichols professore di National
Security Affairs all’US Naval War College di Newport e cattedra alla Harvard
Extension School.«Tutti dovrebbero leggere questo libro», ha consigliato il
premier Paolo Gentiloni al Forum Ambrosetti a Cernobbio consacrando la sua
uscita. La tesi è che l’enorme accesso alle porte della conoscenza offerto da
Internet non ha creato l’alba di un nuovo illuminismo ma «il sorgere di un’età
dell’incompetenza in cui una sorta di egualitarismo narcisistico e disinformato
sembra avere la meglio sul tradizionale sapere consolidato». Nichols ricorda il
tweet del fumettista e scrittore Scott Adams durante la campagna elettorale di
Trump: «Se per diventare presidente è necessaria l’esperienza ditemi un tema
politico che io non potrei padroneggiare in un’ora sotto la guida di superesperti»,
purché beninteso con l’aiuto di Google, Wikipedia e il tam tam di Facebook e
Twitter. Una teoria confortante quanto un tête-à-tête con Kim Jong-un. «La
nostra vita culturale e letteraria è piena di funerali prematuri», scrive nella
prefazione il professore di Harvard. «Se le competenze di settore non sono
morte, sono però nei guai. Qualcosa è andato terribilmente storto». Di sicuro
in Italia è andato storto il rapporto pieno di aspettative tra opinione
pubblica e approdo dei tecnici, i competenti, al governo. La pietra tombale di
quello che all’inizio sembrava un idillio fiducioso, l’esperto aveva qualcosa
di divino rispetto ai politici di professione grazie a preparazione, studi,
conoscenza delle varie materie, (…). Naturalmente non tutti hanno fortuna e
possibilità di trovare la propria strada con lungimiranza e costanza, ma quel
che non torna è la presunzione dell’incompetenza, quel saper tutto di tutto:
«persone qualsiasi persuase di essere depositarie di un patrimonio di sapere,
di essere più informati degli esperti, dei professori e di essere molto più
acuti della massa di creduloni», descrive Nichols nel libro. Li chiama
«spiegatori» entusiasti di illuminare, in conversazioni «estenuanti», dalla
storia dell’imperialismo ai pericoli connessi ai vaccini. (…).
Il caro estinto Robert Heinlein famoso scrittore di fantascienza avrebbe confutato il principio, secondo la sua storica frase «la specializzazione va bene per gli insetti». Per tornare ai terreni nostrani la tendenza a straparlare senza cognizione di causa non è ovviamente patrimonio esclusivo del grillismo rampante ignifugo alle critiche sulla questione. Anche la stagione della rottamazione renziana portava con sé il seme della diffidenza verso una classe dirigente che tra le sue migliori qualità aveva almeno quella di avere esperienza. Quel che ora rende la faccenda più complicata è il fatto che l’incompetenza punti sull’incompetenza degli altri. Pare sia l’effetto Dunning-Kruger dal nome dei due psicologi della Cornell University che hanno studiato quanto sia altamente improbabile che persone disinformate o incompetenti riconoscano la propria o l’altrui ignoranza o incompetenza. Secondo altri analisti questa dinamica spiegherebbe il trionfo di Trump il cui elettorato non era in grado di valutare a fondo le sue sparate. Come in Gran Bretagna. Quando i Brexiter vittoriosi hanno dovuto ammettere di aver influenzato gli elettori con autentiche baggianate sono stati sommersi da critiche e proteste. Ma nessuno ha fatto ammenda anzi, Daniel Hannan, politico e scrittore conservatore si è persino imbufalito: «Ci sono persone che non si accontentano proprio mai». (…). Secondo Albert Einstein assai esperto in affari di relatività c’è qualcosa di peggio dell’incompetenza. La vera crisi, sosteneva lui, è la crisi dell’incompetenza e ora forse non ci viene risparmiata nemmeno questa.
Il caro estinto Robert Heinlein famoso scrittore di fantascienza avrebbe confutato il principio, secondo la sua storica frase «la specializzazione va bene per gli insetti». Per tornare ai terreni nostrani la tendenza a straparlare senza cognizione di causa non è ovviamente patrimonio esclusivo del grillismo rampante ignifugo alle critiche sulla questione. Anche la stagione della rottamazione renziana portava con sé il seme della diffidenza verso una classe dirigente che tra le sue migliori qualità aveva almeno quella di avere esperienza. Quel che ora rende la faccenda più complicata è il fatto che l’incompetenza punti sull’incompetenza degli altri. Pare sia l’effetto Dunning-Kruger dal nome dei due psicologi della Cornell University che hanno studiato quanto sia altamente improbabile che persone disinformate o incompetenti riconoscano la propria o l’altrui ignoranza o incompetenza. Secondo altri analisti questa dinamica spiegherebbe il trionfo di Trump il cui elettorato non era in grado di valutare a fondo le sue sparate. Come in Gran Bretagna. Quando i Brexiter vittoriosi hanno dovuto ammettere di aver influenzato gli elettori con autentiche baggianate sono stati sommersi da critiche e proteste. Ma nessuno ha fatto ammenda anzi, Daniel Hannan, politico e scrittore conservatore si è persino imbufalito: «Ci sono persone che non si accontentano proprio mai». (…). Secondo Albert Einstein assai esperto in affari di relatività c’è qualcosa di peggio dell’incompetenza. La vera crisi, sosteneva lui, è la crisi dell’incompetenza e ora forse non ci viene risparmiata nemmeno questa.
Nessun commento:
Posta un commento