Da "Pdexit:
troppo pochi, troppo tardi” di Maurizio Viroli, pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
del 24 di febbraio dell’anno 2017: “Quando non sai cosa fare, fai quel che
devi”. Questa frase che Pier Luigi Bersani ha pronunciato per motivare la sua
sofferta scelta di uscire dal Partito democratico, è una delle pochissime
affermazioni degne di rispetto e di ammirazione che spicca nel desolante
panorama del dibattito politico italiano. Merita rispetto perché chiarisce che
decisioni politiche di grande importanza devono essere assunte secondo principi
e non secondo interessi personali o di parte. Mi fa piacere render merito a
Pier Luigi Bersani perché in passato, quando ha ragionato e agito in maniera
completamente opposta, quando cioè ha collocato la ‘lealtà alla ditta’ (parte)
al di sopra della Costituzione (principio), l’ho aspramente criticato. Questa
volta, giusta la motivazione, giusta la scelta. Un Pd senza Bersani e senza
tutti coloro che già lo hanno seguito e che lo seguiranno, sarà un partito più
debole e dunque meno in grado di fare male all’Italia come il Pd renziano ha
tentato di fare con la riforma costituzionale e come ha fatto con il Jobs Act,
la Buona Scuola, lo Sblocca Italia, l’Italicum e altro ancora. (…). Nel caso
della scissione del Pd, (…), non credo si possa parlare di una tipica scissione
all’interno della Sinistra, per l’ovvia ragione che questo Pd alleato prima con
Berlusconi, poi con Alfano, per non citare l’amoroso sodalizio con Verdini, di
sinistra non ha proprio nulla. Si potrebbe forse parlare di scissione per la
Sinistra, non della Sinistra. Il giudizio sulla pericolosità di questo Pd per
il bene comune non cambia se il posto di Matteo Renzi (…) lo occuperà Andrea
Orlando. Incapace di far passare una legge che cancelli l’infamia della
prescrizione, ha però tuonato che è bene legare la figura di Craxi “non
soltanto agli errori ma anche a un’idea di innovazione che Craxi propose a un
Paese che da molto tempo non vedeva un’idea di trasformazione della politica”.
Come può il Guardasigilli chiamare ‘errori’ i comportamenti criminali e la
violazione delle leggi? Le ‘idee di innovazione’ sarebbero la spregiudicata
brama di potere e la legittimazione della corruzione? Craxi è stato un
delinquente, il vero iniziatore dei peggiori mali italiani, colui che ha
spalancato le porte a Berlusconi, il propugnatore della ostilità nei confronti
dei magistrati che combattono i criminali, recentemente ribadita da Renzi con
la vergognosa frase “basta con la barbarie giustizialista”. Un Pd forte con a
capo Orlando potrebbe fare ancor più male di quello che ha già fatto il Pd di
Renzi. Diversa considerazione merita la rispettabile scelta di Michele
Emiliano: decidere di restare e provare a combattere i gravi mali di questo Pd
dall’interno, ammesso che possa vincere il congresso, vorrebbe dire scendere a
patti con una forte componente renziana. Ma è bene e giusto, all’interno di un
partito, scendere a patti con chi ha progetti politici diametralmente opposti? Non
trovo convincente, se pur nobile, neppure la riflessione di Romano Prodi e
degli amici Alessia Mosca e Enrico Letta.
Se pur con accenti diversi, tutti e tre sostengono che un Pd forte e rinsaldato in tutte le sue componenti, è necessario per salvare la già debole Europa. A parte che questo Pd da tempo non è più il grande progetto ulivista, il prezzo da pagare sarebbe davvero troppo alto: la devastazione della nostra Repubblica. Credo, inoltre, che il ragionamento da svolgere sia esattamente l’opposto: solo una buona patria italiana, insieme ad altre buone patrie, può contribuire a una buona Europa. Un’Italia devastata non aiuta l’Europa. L’unico problema, ma è grave, che chi ha lasciato il Pd dovrà affrontare, si può sintetizzare in ‘too little, too late’(troppo poco, troppo tardi). Troppo poco perché allo stato attuale pare che a uscire non saranno molti; troppo tardi perché avrebbero dovuto uscire il giorno stesso in cui è stata messa ai voti l’oscena Riforma costituzionale Boschi-Renzi-Verdini. Ha visto bene Pippo Civati che è uscito dal Pd il 6 maggio 2015 dopo aver votato contro il Jobs Act e lo Sblocca Italia, quando misero la fiducia sull’Italicum e la Riforma costituzionale era passata in prima lettura. Se coloro che escono ora fossero usciti allora, si sarebbero presentati all’opinione pubblica con una motivazione fortissima dal punto di vista ideale e politico che avrebbe assicurato loro una bella fetta dei consensi che si sono raggruppati intorno al No. Purtroppo, il tempo in politica è determinante, e può far sì che una scelta giusta si riveli politicamente poco efficace. Ma meglio tardi che mai.
Se pur con accenti diversi, tutti e tre sostengono che un Pd forte e rinsaldato in tutte le sue componenti, è necessario per salvare la già debole Europa. A parte che questo Pd da tempo non è più il grande progetto ulivista, il prezzo da pagare sarebbe davvero troppo alto: la devastazione della nostra Repubblica. Credo, inoltre, che il ragionamento da svolgere sia esattamente l’opposto: solo una buona patria italiana, insieme ad altre buone patrie, può contribuire a una buona Europa. Un’Italia devastata non aiuta l’Europa. L’unico problema, ma è grave, che chi ha lasciato il Pd dovrà affrontare, si può sintetizzare in ‘too little, too late’(troppo poco, troppo tardi). Troppo poco perché allo stato attuale pare che a uscire non saranno molti; troppo tardi perché avrebbero dovuto uscire il giorno stesso in cui è stata messa ai voti l’oscena Riforma costituzionale Boschi-Renzi-Verdini. Ha visto bene Pippo Civati che è uscito dal Pd il 6 maggio 2015 dopo aver votato contro il Jobs Act e lo Sblocca Italia, quando misero la fiducia sull’Italicum e la Riforma costituzionale era passata in prima lettura. Se coloro che escono ora fossero usciti allora, si sarebbero presentati all’opinione pubblica con una motivazione fortissima dal punto di vista ideale e politico che avrebbe assicurato loro una bella fetta dei consensi che si sono raggruppati intorno al No. Purtroppo, il tempo in politica è determinante, e può far sì che una scelta giusta si riveli politicamente poco efficace. Ma meglio tardi che mai.
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