Trascrivo un caro pensiero dell’indimenticato
Edmondo Berselli: “Anch’io voglio guardare con ottimismo al futuro. Abbinare un colore al
senso delle cose che cambiano. Anch’io voglio continuare ad avere una speranza
o magari due o tre. Perché anch’io sono un bambino degli anni sessanta. Perché
anch’io sono un eclettico”. Bene, l’ottimismo e quant’altro. Ovvero l’ottimismo
della volontà. Contrapposto al pessimismo della ragione. Di questi oscuri
tempi, quale dei due? Speranze. Tante. Colorare le proprie speranze. Abbiamo
colorato le nostre speranze giovanili. Al tempo di “Cosmonauta”. Guardare al cielo e colorare le proprie speranze di
colori accesi. Il rosso per me. È stato il colore della mia iniziazione
politica. Il rosso fuoco. Come dei tramonti che mi rapiscono osservandoli ancor
oggi. Con tanto disincanto sulle spalle. Quando sono cadute oramai tante speranze.
Ha rivelato qualcosa di me la visione di quel garbatissimo film di Susanna
Nicchiarelli che è per l’appunto “Cosmonauta”.
E che tanto mi ha rapito e rimandato, con la memoria, ai tempi giovanili ed
agli entusiasmi ed alle illusioni ed alle speranze che quei tempi suscitarono. In
tantissimi di noi. Ricordo come considerassi poco gradevole, irritante e
moralmente poco accettabile quel personaggio dei fumetti Disney che faceva
tuffi sulle sue montagne di monete. L’american way of life. Lo stile di
vita che ha colonizzato il pianeta chiamato Terra. Che ha vinto lo scontro delle
ideologie. Che ha tutto appiattito. Uomini e cose. A me piacevano altri
fumetti. Tex, intrepido e virile. Capitan Miki ed i suoi amici di ventura Doppio
Rhum ed il dottor Salasso. Blek, anzi, il grande Blek. La stagione dei
trappers. Thoureau ed il Suo capolavoro “
Walden, ovvero la vita nei boschi “. Cose di quel tempo. Avventure e vite
che si spendevano per una qualche impresa. Non certo per innalzare montagne di
monete. Mi sembrava un invito ad innalzare altari empi, già allora, al dio
denaro. Siamo all’oggi. Il denaro che deforma sempre di più l’esistenza degli
uomini e delle istituzioni. Si dirà: come sempre avvenuto. D’accordo. Ma con la
ostentazione e la sfrontatezza dell’oggi? Del dio denaro e delle sue malefatte
ne ha scritto sul Suo blog Angelo D’Orsi – che è professore di Storia del
pensiero politico contemporaneo nella Facoltà di Scienze politiche
dell’Università di Torino -. Ne ha scritto col titolo “Quel che Marx ci dice del Caimano”. Il caimano di casa nostra. Ovvero,
quello di Arcore. Quello che inaspettatamente – ma non tanto inaspettatamente in
verità – è tornato a calcare le tavole di quell’avanspettacolo della politica -
così come l’aveva definita prima ed al contempo di ricavarne vantaggi – “soi-disant”
demiurgo e salvatore delle sorti dello sgangherato bel paese. Di seguito trascrivo
in parte il testo di Angelo D’Orsi:
(…). Lui, ossia il Signor Denaro. Se c’è una fisicizzazione del Dio Denaro, essa si incarna (…) in Silvio Berlusconi. Il denaro. (…). …leggevo a lezione (…), brani dai Manoscritti economico-filosofici del 1844, un testo di eccezionale densità teorica, ma anche di rara bellezza. Si tratta del Marx definito umanista, il Marx che propone un affascinante comunismo critico, e che si intrattiene, in poche pagine di sconvolgente capacità evocativa, sugli aspetti essenziali della società capitalistica. E mentre le leggevo agli studenti in aula, commentandole, mentre da un lato eravamo tutti suggestionati dalla forza di quelle analisi, e dalla pienezza di quel pensiero, dall’altro, inevitabilmente sorridendo, abbiamo visto in controluce qualcosa e qualcuno che è il nostro schifoso presente. Che scriveva dunque un Karl Marx ventiseienne? Coglieva nel denaro e nella proprietà privata gli elementi corruttori della società capitalistica, i suoi peccati originali, le sue malattie organiche, alla lunga mortali. La proprietà privata - ci ha reso così ottusi ed unilaterali che un oggetto è considerato nostro soltanto quando lo abbiamo, e quindi quando esso esiste per noi come capitale o è da noi immediatamente posseduto, mangiato, bevuto, portato sul nostro corpo, abitato, ecc., in breve quando viene da noi usato -. Basterebbe già questa folgorante proposizione a darci un’idea di come si ponesse quel giovane davanti alla realtà della sua epoca, che, a ben vedere, per tanti aspetti, certo per questi, non è diversa dalla nostra. Veniamo al denaro. Nella società capitalistica esso fa e può tutto: può anche l’impossibile, può rovesciare i naturali rapporti tra le cose. Esso trasmette il suo potere dirompente a chi lo possiede, quasi in un processo di osmosi, in una perenne metonimia. - Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere -. Ciò che il denaro è, si trasfonde nel suo possessore. Il quale così pensa secondo Marx: - Ciò che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal denaro. Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro mi procura ventiquattro gambe; quindi non sono storpio -. E, in un crescendo formidabile, ecco la presentazione di dinamiche e figure che allora come oggi, sono centrali, ben note, nel panorama in cui ci è dato vivere. - Io sono un uomo malvagio, disonesto, stupido; ma il denaro è onorato, e quindi anche il suo possessore. Il denaro è il bene supremo, e quindi il suo possessore è buono; il denaro inoltre mi toglie la pena di essere disonesto; e quindi si presume che io sia onesto. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi la possiede? -. E Marx argomenta, aggiungendo, a noi che lo leggiamo oggi, sale sulle nostre ferite: - costui [lo stupido ricco] potrà sempre comprarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti non è più intelligente delle persone intelligenti? -. Insomma, il denaro ha un potere miracoloso: trasforma ogni umana deficienza nel suo esatto contrario. Gli stupidi diventano intelligenti; i brutti, bellissimi; i malvagi, buoni; i disonesti, individui di specchiata onestà. Esso, il denaro, è dunque una potenza, ma una potenza sovvertitrice. Esso fa studiare il giovane che è ricco anche se non ha passione; consente di viaggiare al borghese che non ne ha bisogno o desiderio; consente al vile di diventare coraggioso comprando il coraggio… Insomma, esso trasforma la rappresentazione in realtà e viceversa. Sovverte i valori, rovescia la realtà, aliena l’umanità; - confonde e inverte ogni cosa, è la universale confusione e inversione di tutte le cose, e quindi il mondo rovesciato, la confusione e l’inversione di tutte le qualità naturali ed umane -. E precisa ancora: - Il denaro muta la fedeltà in infedeltà, l’amore in odio, l’odio in amore, la virtù in vizio, il vizio in virtù, il servo in padrone, il padrone in servo, la stupidità in intelligenza, l’intelligenza in stupidità -. Come non pensare al cavalier Berlusconi Silvio, e alla sua arroganza che ritiene di potere tutto comprare? (…). Come non avvertire in ogni gesto di quest’uomo la potenza devastatrice, la forza corrompitrice, il potere sovvertitore del denaro? E come non avvertire che questa potenza sta facendo il suo corso, e che in tanti anche senza bisogno di confessarlo, sentono che il denaro è la via più facile per ottenere la bellezza, l’intelligenza, l’onestà…? In fondo, il guasto maggiore del berlusconismo risiede in un dato; nel suo incarnare perfettamente l’essenza del capitalismo, e ora di un capitalismo particolarmente predatorio e cialtronesco. Dietro la maschera grottesca dell’homme qui rit, si rivela oggi sempre più nitidamente il cupo ondeggiare del caimano, che apre le fauci, sbatte la grossa coda, minaccia, muggisce. (…). …ai suoi tanti collaboratori, mi permetto di ricordare che seguendo la teoria marxiana del rovesciamento del rovesciamento, anche il potere sovvertitore del denaro può essere sovvertito e ribaltato. E che si può pensare, e magari realizzare, un mondo in cui si presupponga il rapporto dell’uomo con l’uomo, e con il resto dell’umanità, e la natura; un mondo in cui, cito ancora Marx, si potrà - scambiare amore soltanto con amore, fiducia solo con fiducia -. E così via. Un mondo nel quale essere se stessi, e non quello che il denaro ci consente di essere, camuffando, rovesciando, mistificando la verità effettuale delle cose. (…). Sì. Il denaro sovverte l’ordine naturale delle cose, mistifica la realtà, rovescia i valori. Marx ha assolutamente ragione.
(…). Lui, ossia il Signor Denaro. Se c’è una fisicizzazione del Dio Denaro, essa si incarna (…) in Silvio Berlusconi. Il denaro. (…). …leggevo a lezione (…), brani dai Manoscritti economico-filosofici del 1844, un testo di eccezionale densità teorica, ma anche di rara bellezza. Si tratta del Marx definito umanista, il Marx che propone un affascinante comunismo critico, e che si intrattiene, in poche pagine di sconvolgente capacità evocativa, sugli aspetti essenziali della società capitalistica. E mentre le leggevo agli studenti in aula, commentandole, mentre da un lato eravamo tutti suggestionati dalla forza di quelle analisi, e dalla pienezza di quel pensiero, dall’altro, inevitabilmente sorridendo, abbiamo visto in controluce qualcosa e qualcuno che è il nostro schifoso presente. Che scriveva dunque un Karl Marx ventiseienne? Coglieva nel denaro e nella proprietà privata gli elementi corruttori della società capitalistica, i suoi peccati originali, le sue malattie organiche, alla lunga mortali. La proprietà privata - ci ha reso così ottusi ed unilaterali che un oggetto è considerato nostro soltanto quando lo abbiamo, e quindi quando esso esiste per noi come capitale o è da noi immediatamente posseduto, mangiato, bevuto, portato sul nostro corpo, abitato, ecc., in breve quando viene da noi usato -. Basterebbe già questa folgorante proposizione a darci un’idea di come si ponesse quel giovane davanti alla realtà della sua epoca, che, a ben vedere, per tanti aspetti, certo per questi, non è diversa dalla nostra. Veniamo al denaro. Nella società capitalistica esso fa e può tutto: può anche l’impossibile, può rovesciare i naturali rapporti tra le cose. Esso trasmette il suo potere dirompente a chi lo possiede, quasi in un processo di osmosi, in una perenne metonimia. - Quanto grande è il potere del denaro, tanto grande è il mio potere -. Ciò che il denaro è, si trasfonde nel suo possessore. Il quale così pensa secondo Marx: - Ciò che io sono e posso, non è quindi affatto determinato dalla mia individualità. Io sono brutto, ma posso comprarmi la più bella tra le donne. E quindi io non sono brutto, perché l’effetto della bruttezza, la sua forza repulsiva, è annullata dal denaro. Io, considerato come individuo, sono storpio, ma il denaro mi procura ventiquattro gambe; quindi non sono storpio -. E, in un crescendo formidabile, ecco la presentazione di dinamiche e figure che allora come oggi, sono centrali, ben note, nel panorama in cui ci è dato vivere. - Io sono un uomo malvagio, disonesto, stupido; ma il denaro è onorato, e quindi anche il suo possessore. Il denaro è il bene supremo, e quindi il suo possessore è buono; il denaro inoltre mi toglie la pena di essere disonesto; e quindi si presume che io sia onesto. Io sono uno stupido, ma il denaro è la vera intelligenza di tutte le cose; e allora come potrebbe essere stupido chi la possiede? -. E Marx argomenta, aggiungendo, a noi che lo leggiamo oggi, sale sulle nostre ferite: - costui [lo stupido ricco] potrà sempre comprarsi le persone intelligenti, e chi ha potere sulle persone intelligenti non è più intelligente delle persone intelligenti? -. Insomma, il denaro ha un potere miracoloso: trasforma ogni umana deficienza nel suo esatto contrario. Gli stupidi diventano intelligenti; i brutti, bellissimi; i malvagi, buoni; i disonesti, individui di specchiata onestà. Esso, il denaro, è dunque una potenza, ma una potenza sovvertitrice. Esso fa studiare il giovane che è ricco anche se non ha passione; consente di viaggiare al borghese che non ne ha bisogno o desiderio; consente al vile di diventare coraggioso comprando il coraggio… Insomma, esso trasforma la rappresentazione in realtà e viceversa. Sovverte i valori, rovescia la realtà, aliena l’umanità; - confonde e inverte ogni cosa, è la universale confusione e inversione di tutte le cose, e quindi il mondo rovesciato, la confusione e l’inversione di tutte le qualità naturali ed umane -. E precisa ancora: - Il denaro muta la fedeltà in infedeltà, l’amore in odio, l’odio in amore, la virtù in vizio, il vizio in virtù, il servo in padrone, il padrone in servo, la stupidità in intelligenza, l’intelligenza in stupidità -. Come non pensare al cavalier Berlusconi Silvio, e alla sua arroganza che ritiene di potere tutto comprare? (…). Come non avvertire in ogni gesto di quest’uomo la potenza devastatrice, la forza corrompitrice, il potere sovvertitore del denaro? E come non avvertire che questa potenza sta facendo il suo corso, e che in tanti anche senza bisogno di confessarlo, sentono che il denaro è la via più facile per ottenere la bellezza, l’intelligenza, l’onestà…? In fondo, il guasto maggiore del berlusconismo risiede in un dato; nel suo incarnare perfettamente l’essenza del capitalismo, e ora di un capitalismo particolarmente predatorio e cialtronesco. Dietro la maschera grottesca dell’homme qui rit, si rivela oggi sempre più nitidamente il cupo ondeggiare del caimano, che apre le fauci, sbatte la grossa coda, minaccia, muggisce. (…). …ai suoi tanti collaboratori, mi permetto di ricordare che seguendo la teoria marxiana del rovesciamento del rovesciamento, anche il potere sovvertitore del denaro può essere sovvertito e ribaltato. E che si può pensare, e magari realizzare, un mondo in cui si presupponga il rapporto dell’uomo con l’uomo, e con il resto dell’umanità, e la natura; un mondo in cui, cito ancora Marx, si potrà - scambiare amore soltanto con amore, fiducia solo con fiducia -. E così via. Un mondo nel quale essere se stessi, e non quello che il denaro ci consente di essere, camuffando, rovesciando, mistificando la verità effettuale delle cose. (…). Sì. Il denaro sovverte l’ordine naturale delle cose, mistifica la realtà, rovescia i valori. Marx ha assolutamente ragione.
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