"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

giovedì 9 gennaio 2020

Letturedeigiornipassati. 81 «Viviamo in una “gabbia d'acciaio”».


Ha scritto la carissima amica Agnese A. – che ringrazio per la cortese Sua attenzione – a commento del post del 7 di gennaio ultimo: (…). …viviamo ormai in un mondo dove la tecnologia è come se incatenasse le persone, privandole spesso, anche di quelle caratteristiche irrinunciabili, in quanto più autenticamente umane, che dovrebbero contraddistinguerle. L'amore è l'unica ancora di salvezza per "una società mercificata". (…). L'amore nasce dalla parte irrazionale di noi stessi ed è capace di farci rivivere il mondo delle emozioni, sempre più disertato, per fare spazio alla società della tecnologia. Platone nel Simposio considera l'amore una forza che permette di trascendere la condizione umana e tendere verso l'assoluto. Quella dell'amore è un'esperienza che consente di superare i limiti umani esistenziali e conoscitivi. L'amore è capace di togliere l'io dal centro della sua "egoità ". Per questo Platone erge "Amore" a simbolo della condizione dell'uomo mai in possesso di sé e quindi sempre alla ricerca incessante di pienezza. Il vero amore è come la stella polare nelle tempeste della vita. Se è leale, sicuro, sincero è il più gratificante degli impegni. Dovremmo imparare ad amare e rispettare gli altri, per vivere in un mondo migliore. E dal ricchissimo “spicilegio” di Umberto Galimberti traggo oggi “L'amore liquido in un mondo duro come il cemento”, pubblicato sul settimanale “D” del 9 di gennaio dell’anno 2016, un’altra “spiga d’oro” che non sfuggirà alla cortese attenzione dell’amica carissima: L'arte è l'unica risposta alla mancanza di uno scopo? No, non penso che basti "seguire le Muse". E neppure rassegnarsi alla rinuncia a ogni responsabilità. (…), io con Zygmunt Bauman non sono molto d'accordo, perché la società odierna a me non pare assolutamente "liquida". Anzi, (…) mi sembra terribilmente "cementata". Se Bauman giustifica la sua tesi facendo riferimento alla perdita di valori e dei punti di riferimento tradizionalmente ritenuti sicuri, allora diciamo che queste cose le aveva anticipate Nietzsche un secolo e mezzo fa, là dove parla di nichilismo, da lui così definito: «Manca lo scopo, manca la risposta al perché? Tutti i valori si svalutano». E prima di lui Hölderlin, là dove scrive: «Che più non son gli dèi fuggiti e ancor non sono i venienti». E dopo di lui Heidegger, che parla del nostro tempo come del «tempo della povertà estrema (dürftige Zeit)». Ma siccome nessuno più legge i libri dei i filosofi e c'è addirittura l'intenzione di togliere la filosofia dalle scuole superiori, basta inventare l'aggettivo "liquido" per far passare come nuova un'indagine sociologica che da tempo, chi frequenta gli autori sopra citati, già sa descritto con molta maggior chiarezza e perspicacia. Che i valori si svalutino non è un problema, perché appartiene al ritmo della storia. Altrimenti saremmo ancora all'età dei Babilonesi.
Più interessante, per rifarci ancora a Nietzsche, è che «manca lo scopo», dal momento che, come i giovani sanno, il futuro è diventato imprevedibile se non addirittura minaccioso, e perciò non retroagisce come motivazione per trovare ragioni per impegnarsi e al limite per stare al mondo: «Manca la risposta al perché?». È finito il tempo dell'ottimismo con cui il cristianesimo ha segnalato il futuro come salvezza, la scienza come progresso, la rivoluzione come giustizia sulla terra, perché, come diceva Pasolini, la tecnica non tende al "progresso", qui inteso come miglioramento delle condizioni umane, ma solo a uno sviluppo afinalizzato, quindi al suo autopotenziamento, che tutti vogliono perché la tecnica appare come la condizione per realizzare qualsiasi scopo. Quanto all'arte, anch'essa non sfugge alla razionalità tecnica, se è vero che viene riconosciuta come tale solo se entra nel mercato, a sua volta regolato dalla succitata razionalità. (…). Ma (…) in una società regolata dalla razionalità tecnica, dove ciascuno deve compiere le azioni descritte e prescritte dall'apparato di appartenenza, per conseguire gli obiettivi prefissati dall'apparato, possa realizzare se stesso e le sue aspirazioni per conseguire così la propria felicità? Come già diceva Max Weber all'inizio del secolo scorso, noi viviamo in una «gabbia d'acciaio». Infatti, di "liquido" è rimasto solo l'amore, oggi coniugato con il nuovo concetto di libertà, purtroppo intesa solo come revocabilità di tutte le scelte.

1 commento:

  1. Carissimo Aldo, è impossibile far passare inosservata questa "spiga d'oro" che meglio chiarisce il pensiero del Prof Galimberti sulla società odierna che, a giusta ragione, egli definisce "cementata", dove "di liquido è rimasto solo l'amore, oggi coniugato con il nuovo concetto di libertà, purtroppo intesa solo come revocabilità di tutte le scelte". Non è a questo tipo di amore, che amore, secondo me, non è, che mi riferivo nel commento del post del 7 gennaio ultimo. Quella intesa come revocabilità di tutte le scelte non è libertà, è libertinaggio perché promuove l'etica dell'edonismo. La libertà è la capacità di dominare i nostri istinti egoistici che spesso sono causa di molti atti inconsulti. La vera libertà non può prescindere dalla razionalità, dalla capacità di discernimento che induce a dire no alle cose illecite. La razionalità non si oppone affatto ai sentimenti, ma all'atteggiamento di chi cerca un facile alibi per giustificare ogni suo comportamento e all' incapacità di trovare una condotta coerente di vita. La ragione delimita i percorsi entro cui sentimenti veri e profondi possono esprimersi con la massima libertà e senza pericolo alcuno. Goleman chiama intelligenza emotiva quella capacità umana di provare emozioni e usarle in modo consapevole per il raggiungimento del proprio benessere psicologico, sempre senza intaccare quello altrui. Ma questo diventa possibile solo se si impara ad usare la ragione, ovvero a riconoscere le emozioni, a comprenderle e a gestirle nel modo giusto. Ragione e sentimento si devono muovere armonicamente, così da permettere ai processi di cambiamento di essere vissuti come autentici momenti evolutivi. L'uso intelligente delle emozioni è possibile ed auspicabile, per vivere meglio il rapporto con se stessi e con gli altri. Grazie e buona continuazione. Agnese A.

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