Tratto da “La
santificazione di Craxi e Pansa è un insulto alla Costituzione repubblicana”
di Paolo Flores d’Arcais, pubblicato sul sito di MicroMega.net il 21 di gennaio
2020: (…). In realtà la guerra dell’establishment contro la rivoluzione della
legalità tentata da Mani Pulite iniziò quasi subito, quando le tv di
Berlusconi, che per un momento avevano svolto un ruolo giornalistico con
imparziali cronache di onesta informazione sulle vicende giudiziarie che
andavano coinvolgendo l’intero gotha politico e imprenditoriale, diventarono le
cannoniere mediatiche della neonata “Forza Italia”, con cui il medesimo
Berlusconi si impadroniva di parlamento e governo. Non già l’imprenditore al
posto dei politici, come pure si vociferò nel servo encomio, ma il fuorilegge
dell’etere locupletato a imprenditore monopolistico da quello stesso Craxi, via
“legge Mammì”. E tuttavia, quella revanche di Tangentopoli contro Mani Pulite,
di cui Berlusconi, con Fini e la Lega utili e ricompensati furbi, fu cavaliere
e crociato, trovava ostacoli e resistenze, antagonisti e refrattari. Pane per i
suoi denti, insomma. Non nella politica, o comunque sempre meno, poiché la
speranza dell’Ulivo di Prodi svanì con la nomina del suo Flick a ministro della
Giustizia, la cui prima chanson de geste fu mandare ispettori contro il pool di
Borrelli. La speranza da allora sopravvisse come illusione. Ma visse nella
società civile che si manifestò e organizzò in modo autonomo, dal popolo dei
fax nel maggio 1993 ai Girotondi nel 2002, continuando con “Il popolo viola”,
“Se non ora quando” e le manifestazioni contro le leggi bavaglio, avendo sullo
sfondo la colonna sonora e visiva delle trasmissioni di Barbato, Biagi, Santoro
d’antan (quello di recenti esternazioni è ormai establishment colato), e anche
la parte migliore della carta stampata, con “la Repubblica” spesso punta di
diamante del giornalismo-giornalismo, e intellettuali che non temevano di
mettere a repentaglio notorietà e privilegi prendendo posizione in quelle
lotte, e spesso promuovendole, Bobbio, Galante Garrone, Sylos Labini,
Pizzorusso, Giolitti, Visalberghi, Laterza, (nel 1994 per l’ineleggibilità di
Berlusconi) Camilleri, Tabucchi, Margherita Hack, Dario Fo, Franca Rame... Oggi
di tanta passione civile, che nel “Resistere, resistere, resistere!” di
Francesco Saverio Borrelli all’inaugurazione dell’anno giudiziario 2002 trovò
la sua più alta e quasi unica manifestazione istituzionale, non resta quasi più
nulla. E la figlia di Bettino annuncia addirittura che il presidente della Repubblica
troverà il modo di mettere il suo sigillo alla santificazione del criminale
morto latitante venti anni fa. Perché di questo, secondo l’ordinamento
costituzionale, si tratta. Bettino Craxi è stato condannato con sentenze
definitive. Sulla base di leggi da lui stesso volute o mantenute, visto che era
membro eminentissimo del potere legislativo (oltre che esecutivo). Ma
pretendeva che lui e i suoi pari o colleghi, i politici insomma, fossero
legibus soluti, potessero violare le leggi che essi stessi facevano e alla cui
obbedienza erano invece tenuti i cittadini comuni. E infatti, nel famoso
discorso in parlamento del 3 luglio 1992, Craxi non negò affatto, anzi affermò
tonitruante, che nel finanziamento dei partiti esistesse “uno stato di cose che
suscita la più viva indignazione, legittimando un vero e proprio allarme
sociale e ponendo l’urgenza di una rete di contrasto che riesca ad operare con
rapidità e con efficacia. I casi sono della più diversa natura, spesso
confinano con il racket malavitoso, e talvolta si presentano con caratteri
particolarmente odiosi di immoralità e asocialità”. La sua difesa fu solo che
“tutti sanno”. Tutti sanno “che buona parte del finanziamento politico è
irregolare o illegale”. Questi “tutti” non sono naturalmente i cittadini, ma i
politici, per cui il discorso di Craxi non approda alla sua logica conseguenza,
secondo legge e democrazia: se nessuna “possa alzarsi e pronunciare un
giuramento in senso contrario a quanto affermo” allora “gran parte del sistema
sarebbe un sistema criminale”, e perciò tutti a casa e una nuova classe
dirigente. Bensì, contro logica e democrazia: se tutti criminali nessun
criminale, e insomma tutti impuniti, legibus soluti, appunto: tarallucci e
vino. Craxi, condannato, poteva malato venire a farsi curare in Italia. Anche
da detenuto non gli sarebbero certo state negate le cure migliori. Ma Craxi
pretendeva di essere al di sopra di quella condanna, di essere al di sopra di
ciò che come Potere legislativo aveva statuito, perché risibile era stato il
tentativo di negare nel processo che gli addebiti fattuali contestatigli non
fossero provati. Craxi fu condannato per una mole di prove, testimonianze,
riscontri. Per aver commesso quelli che egli stesso, come potere legislativo,
aveva qualificato come crimini.
Definire Craxi un criminale acclarato, morto latitante, è semplice descrizione fattuale, se si prende sul serio l’edificio costituzionale che ci rende con-cittadini. Se questa definizione è considerata calunniosa, ingiuriosa, o nel migliore dei casi “obsoleta” e da superare perché divisiva e ingenerosa, è solo perché Mani Pulite (e i pool antimafia) e le macchie di leopardo di magistratura che ancora ne onorano l’esempio, è stato e resta il vero nemico assoluto e l’unica bestia nera dell’establishment (di cui Salvini, che detesta i magistrati-magistrati, è infatti lo Scherano). Chi oggi vuole santificare Craxi, o semplicemente si rassegna a una riabilitazione, nega la validità dell’ordinamento costituzionale che ha portato alla sua condanna, vuole più che mai due giustizie, una per i cittadini comuni e una per i potenti o “eccellenti”. Vuole che la Costituzione materiale, che ha imperversato sempre più a iniziare dal giorno dopo la promulgazione della Costituzione, faccia aggio fino a cancellarla sulla Costituzione repubblicana approvata il 22 dicembre 1947 da una delle migliori Assemblee rappresentative che le democrazie dell’intero pianeta abbiano mai conosciuto nella loro intera storia. Quella Costituzione, che dovrebbe ancora essere la nostra, manifesta quasi ad ogni articolo (tranne il famigerato numero 7) il DNA della Resistenza antifascista e dei suoi valori unitari. La Resistenza antifascista è perciò la fonte storica di legittimità della nostra democrazia, la Grundnorm in senso kelseniano, senza la quale viene meno l’intero edificio giuridico del nostro vivere insieme, dello Stato, della Patria. (…). Oggi di onestà intellettuale e rigore storico rimangono sempre più solo lacerti. E della passione civile che da Mani Pulite fino ai Girotondi e oltre ha preso sul serio la Costituzione repubblicana restano solo casematte di resistenza. Sarebbe bello pensare che le Sardine annuncino un risveglio di democrazia, capace di mettere di nuovo in mora santificazioni di Craxi, Pansa e consimili degenerazioni etico-politiche, e magari addirittura riaprire una stagione di lotte per giustizia-e-libertà. Staremo a vedere, nel senso che per parte nostra faremo il possibile.
Definire Craxi un criminale acclarato, morto latitante, è semplice descrizione fattuale, se si prende sul serio l’edificio costituzionale che ci rende con-cittadini. Se questa definizione è considerata calunniosa, ingiuriosa, o nel migliore dei casi “obsoleta” e da superare perché divisiva e ingenerosa, è solo perché Mani Pulite (e i pool antimafia) e le macchie di leopardo di magistratura che ancora ne onorano l’esempio, è stato e resta il vero nemico assoluto e l’unica bestia nera dell’establishment (di cui Salvini, che detesta i magistrati-magistrati, è infatti lo Scherano). Chi oggi vuole santificare Craxi, o semplicemente si rassegna a una riabilitazione, nega la validità dell’ordinamento costituzionale che ha portato alla sua condanna, vuole più che mai due giustizie, una per i cittadini comuni e una per i potenti o “eccellenti”. Vuole che la Costituzione materiale, che ha imperversato sempre più a iniziare dal giorno dopo la promulgazione della Costituzione, faccia aggio fino a cancellarla sulla Costituzione repubblicana approvata il 22 dicembre 1947 da una delle migliori Assemblee rappresentative che le democrazie dell’intero pianeta abbiano mai conosciuto nella loro intera storia. Quella Costituzione, che dovrebbe ancora essere la nostra, manifesta quasi ad ogni articolo (tranne il famigerato numero 7) il DNA della Resistenza antifascista e dei suoi valori unitari. La Resistenza antifascista è perciò la fonte storica di legittimità della nostra democrazia, la Grundnorm in senso kelseniano, senza la quale viene meno l’intero edificio giuridico del nostro vivere insieme, dello Stato, della Patria. (…). Oggi di onestà intellettuale e rigore storico rimangono sempre più solo lacerti. E della passione civile che da Mani Pulite fino ai Girotondi e oltre ha preso sul serio la Costituzione repubblicana restano solo casematte di resistenza. Sarebbe bello pensare che le Sardine annuncino un risveglio di democrazia, capace di mettere di nuovo in mora santificazioni di Craxi, Pansa e consimili degenerazioni etico-politiche, e magari addirittura riaprire una stagione di lotte per giustizia-e-libertà. Staremo a vedere, nel senso che per parte nostra faremo il possibile.
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