Tratto da "La
menzogna al potere" di Enzo Bianchi, pubblicato sul quotidiano “la
Repubblica” 13 di gennaio 2020: (…). Sì,
dobbiamo ammetterlo, nella menzogna e nella falsità c’è una forza: dire
menzogne significa tentare di sedurre (se-ducere, condurre a sé), cercare di
dominare e manipolare, ed è un esercizio vero e proprio di potere. Per dare un
esempio della forza della menzogna a servizio del potere, basterebbe ricordare
eventi di cui siamo stati testimoni.
Ricordiamo come lo scatenarsi della seconda guerra del Golfo nel 2004 fu motivata dal presunto possesso di armi di distruzione di massa da parte del dittatore Saddam in Iraq. Le ragioni addotte dai governi dei Paesi belligeranti erano falsità, come ha confessato nel 2015 lo stesso Tony Blair, dicendo che quelle informazioni non corrispondevano a verità. Ma intanto, anche grazie alla diffusione da parte dei media di quelle falsità, si è scatenata una guerra con centinaia di migliaia di morti, una guerra che ancora oggi non è spenta in quella terra martoriata dell’Iraq, divenuta teatro di azioni di guerra tuttora in corso. Ecco la potenza delle falsità che costantemente si rinnova e si impone pretesto per l’intervento armato delle potenze mondiali. Sottrarre le parole alla menzogna e vincolarle all’ordine della verità è assolutamente decisivo e necessario anche per la politica che, quando degenera, mostra la sua corruzione proprio a partire dalla menzogna. Anche in Italia, quante menzogne in questi ultimi decenni, proprio da parte di quelli che dovrebbero guidare la polis verso la verità e difenderla dalle affermazioni false che inducono alla paura, al sospetto, alla non credibilità dell’istituzione e alla perdita della fiducia nella società. Basterebbe ricordare le false informazioni sul numero dei migranti approdati in Italia in questi anni. Proprio questo atteggiamento menzognero da parte di chi ha responsabilità nella polis di fatto autorizza i cittadini stessi a esprimersi con violenza, a ripetere falsità, a disprezzare il diverso, all’intolleranza e al rifiuto dello straniero. Vale dunque la pena ricordare le parole che Vittorio Foa, uno dei padri della Costituzione italiana, scriveva nel 2003, al sopraggiungere di questa stagione di barbarie: «Io credo sia possibile una politica diversa. A cominciare dal suo linguaggio. Viviamo in tempi molto sgradevoli per quel che riguarda il linguaggio… Bugie clamorose, in una crescente irrilevanza del linguaggio. Chi governa può dire qualunque cosa e il suo opposto, a seconda delle convenienze immediate, a seconda di chi ascolta, e del momento in cui ascolta».
Ricordiamo come lo scatenarsi della seconda guerra del Golfo nel 2004 fu motivata dal presunto possesso di armi di distruzione di massa da parte del dittatore Saddam in Iraq. Le ragioni addotte dai governi dei Paesi belligeranti erano falsità, come ha confessato nel 2015 lo stesso Tony Blair, dicendo che quelle informazioni non corrispondevano a verità. Ma intanto, anche grazie alla diffusione da parte dei media di quelle falsità, si è scatenata una guerra con centinaia di migliaia di morti, una guerra che ancora oggi non è spenta in quella terra martoriata dell’Iraq, divenuta teatro di azioni di guerra tuttora in corso. Ecco la potenza delle falsità che costantemente si rinnova e si impone pretesto per l’intervento armato delle potenze mondiali. Sottrarre le parole alla menzogna e vincolarle all’ordine della verità è assolutamente decisivo e necessario anche per la politica che, quando degenera, mostra la sua corruzione proprio a partire dalla menzogna. Anche in Italia, quante menzogne in questi ultimi decenni, proprio da parte di quelli che dovrebbero guidare la polis verso la verità e difenderla dalle affermazioni false che inducono alla paura, al sospetto, alla non credibilità dell’istituzione e alla perdita della fiducia nella società. Basterebbe ricordare le false informazioni sul numero dei migranti approdati in Italia in questi anni. Proprio questo atteggiamento menzognero da parte di chi ha responsabilità nella polis di fatto autorizza i cittadini stessi a esprimersi con violenza, a ripetere falsità, a disprezzare il diverso, all’intolleranza e al rifiuto dello straniero. Vale dunque la pena ricordare le parole che Vittorio Foa, uno dei padri della Costituzione italiana, scriveva nel 2003, al sopraggiungere di questa stagione di barbarie: «Io credo sia possibile una politica diversa. A cominciare dal suo linguaggio. Viviamo in tempi molto sgradevoli per quel che riguarda il linguaggio… Bugie clamorose, in una crescente irrilevanza del linguaggio. Chi governa può dire qualunque cosa e il suo opposto, a seconda delle convenienze immediate, a seconda di chi ascolta, e del momento in cui ascolta».
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