Tratto da “Il
bottino di Bettino” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano”
del 19 di gennaio 2020: (…). Segnatevi questa data: 29 settembre
1994. Mentre il premier Silvio B. compie 58 anni, il pool Mani Pulite fa arrestare
Giorgio Tradati, vecchio amico di Craxi e uno dei prestanome dei suoi conti
esteri. Il 4 ottobre il pm Antonio Di Pietro lo fa deporre al processo Enimont.
E il suo racconto rade al suolo la difesa di Craxi sui “finanziamenti
irregolari alla politica”: “Nei primi anni 80, Bettino mi pregò di aprirgli un
conto in Svizzera. Io lo feci, alla Sbs di Chiasso, intestandolo a una società
panamense (Constellation Financière). Funzionava così: la prova della proprietà
consisteva in una azione al portatore, che consegnai a Bettino. Io restavo il
procuratore del conto… il prestanome”. Lì cominciano ad arrivare “somme
consistenti”: nel 1986 sono già 15 miliardi. E altri 15 su un secondo: quello
che Tradati, sempre su input di Bettino, intesta a un’altra panamense
(International Gold Coast) presso l’American Express di Ginevra. Ma stavolta
c’è una variante: un conto di transito, il Northern Holding, messo a
disposizione da un funzionario della banca, Hugo Cimenti, per rendere meno
individuabili i versamenti. Come distinguevate – domanda Di Pietro – i bonifici
per Cimenti da quelli per Craxi-Tradati? Risposta: “Per i nostri si usava il
riferimento “Grain”, che vuol dire grano…”. Risate in aula. Poi con
Tangentopoli tutto precipita. “Intorno al 10 febbraio 1993 Bettino mi chiese di
far sparire il denaro dai conti, per evitare che fossero scoperti dai giudici
di Mani Pulite. Ma io rifiutai… avrei inquinato le prove… E fu incaricato un
altro. I soldi non finirono al partito… Hanno comprato anche 15 chili di
lingotti d’oro (poi ritrovati dai giudici elvetici, per un valore di 300milioni
di lire, ndr). Craxi rimpiazza Tradati e affida i suoi conti a Maurizio Raggio,
ex barista di Portofino, strano personaggio con interessi in Italia e
all’estero, fidanzato con la contessa Francesca Vacca Agusta, vecchia amica di
Craxi. Raggio si precipita in Svizzera, svuota i conti e si ritrova fra le mani
40 miliardi di lire. Di Pietro sguinzaglia i carabinieri a Portofino, dove vive
con la contessa a Villa Altachiara. Troppo tardi. La coppia se l’è già svignata
in motoscafo, prima a Montecarlo, poi in Messico. Cimenti intanto conferma ai
pm: Raggio ha lasciato sui conti solo un milione di dollari e trasferito il
resto su depositi alle Bahamas, alle Cayman e a Panama. Intanto Tradati continua
a raccontare: “I prelievi dai conti svizzeri di Craxi servivano anzitutto per
finanziare una tv privata romana, la Gbr di Anja Pieroni (una delle amanti,
ndr)… e acquistare un appartamento a New York e uno a Barcellona”. Donne e
motori. Il resto lo racconta Raggio, arrestato il 4 maggio ’95 in Messico, dal
carcere di Cuernavaca. In poco più di un anno di latitanza, ha speso 15
miliardi su 40. Il resto, l’ha riportato a Craxi, latitante ad Hammamet, che
gli ha detto come e dove spenderlo. La sua deposizione verrà autenticata dal
Tribunale e dalla Corte d’appello di Milano, nelle sentenze del processo All
Iberian confermate dalla Cassazione (Craxi e B., condannati in primo grado e
prescritti in appello). Ecco quella d’appello: “Craxi dispose prelievi… sia a
fini di investimento immobiliare (l’acquisto di un appartamento a New York),
sia per versare alla stazione televisiva Roma Cine Tivù (di cui era direttrice
generale Anja Pieroni, legata a Craxi da rapporti sentimentali) un contributo
mensile di 100 milioni di lire… Dispose l’acquisto di una casa e di un albergo
(l’Ivanhoe, ndr) a Roma, intestati alla Pieroni”. Alla quale faceva pure pagare
“la servitù, l’autista e la segretaria”. A Tradati diceva sempre:
“Diversificare gli investimenti”. E Tradati eseguiva, con varie “operazioni
immobiliari: due a Milano, una a Madonna di Campiglio, una a La Thuile”. Senza
dimenticare gli affetti familiari: una villa e un prestito di 500 milioni per
il fratello Antonio (seguace del guru Sai Baba) bisognoso di soldi per una
mostra itinerante e una fondazione dedicate al santone indiano. Intanto il Psi
è finito in bolletta per l’esaurimento delle mazzette e prima il tesoriere
Vincenzo Balzamo, poi i segretari Giorgio Benvenuto e Ottaviano Del Turco, non
sanno più come pagare i dipendenti. Ma Craxi se ne infischia e tiene tutto per
sé. Poi vengono le spese di Raggio: 15 miliardi per “il mantenimento della sua
detenzione” in Messico e la latitanza in Centroamerica con la contessa e certe
distrazioni piuttosto care: 235.000 dollari “per un’amica messicana”; e una
Porsche acquistata a Miami. Case, aerei e Bobo. Il resto rimase nella
disponibilità di Craxi, che da Hammamet commissionò a Raggio alcune spesucce:
l’acquisto di “un velivolo ‘Citation’ del costo di 1,5 milioni di dollari”,
l’estinzione di un “mutuo personale” acceso da Raggio (circa 800 milioni di
lire), le parcelle degli avvocati e una raffica di “bonifici specificatamente
ordinati da Craxi, tutti in favore di banche elvetiche, tranne che per i
seguenti accrediti”: 100.000 dollari al finanziere arabo Zuhair Al Katheeb; 80
milioni di lire alla Bank of Kuwait Ltd “in pagamento del canone relativo a
un’abitazione affittata dal figlio di Craxi in Costa Azzurra”.
Il povero Bobo – spiega Raggio – “aveva affittato una villa sulla Costa nell’ottobre-novembre 1993, per sottrarsi al clima poco favorevole creatosi a Milano”. Dunque, conclude il Tribunale, i conti di Craxi servivano “alla realizzazione di interessi economici innanzitutto propri” e “Craxi è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali conti… non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari, così da mettere in difficoltà lo stesso Balzamo… Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti, se non per soccorrere finanziariamente Gbr, in cui coltivava soprattutto interessi ‘propri’”. E, da vero uomo d’affari, “si informava sempre dettagliatamente (con Tradati, ndr) dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli stessi”. I tesori nascosti. Le rogatorie dalla Svizzera confermano che Tradati non mente. E dimostrano che sui conti di Craxi, nel 1991, mentre l’amico Bettino imponeva la legge Mammì scritta su misura per la Fininvest, Berlusconi bonificava 23 miliardi di lire in più rate tramite la società occulta All Iberian. Nessuna risposta, invece, avranno le rogatorie del pool sugli altri tesori di Craxi: quelli gestiti da altri tre prestanome – Gianfranco Troielli, Mauro Giallombardo e Agostino Ruju – su conti e società fantasma fra Hong Kong, Singapore, Bahamas, Cayman, Liechtenstein e Lussemburgo. Tutti miliardi rimasti inaccessibili, almeno ai giudici. Chissà mai chi ci campa a sbafo da 26 anni.
Il povero Bobo – spiega Raggio – “aveva affittato una villa sulla Costa nell’ottobre-novembre 1993, per sottrarsi al clima poco favorevole creatosi a Milano”. Dunque, conclude il Tribunale, i conti di Craxi servivano “alla realizzazione di interessi economici innanzitutto propri” e “Craxi è incontrovertibilmente responsabile come ideatore e promotore dell’apertura dei conti destinati alla raccolta delle somme versategli a titolo di illecito finanziamento quale deputato e segretario esponente del Psi. La gestione di tali conti… non confluiva in quella amministrativa ordinaria del Psi, ma veniva trattata separatamente dall’imputato tramite suoi fiduciari, così da mettere in difficoltà lo stesso Balzamo… Significativamente Craxi non mise a disposizione del partito questi conti, se non per soccorrere finanziariamente Gbr, in cui coltivava soprattutto interessi ‘propri’”. E, da vero uomo d’affari, “si informava sempre dettagliatamente (con Tradati, ndr) dello stato dei conti esteri e dei movimenti sugli stessi”. I tesori nascosti. Le rogatorie dalla Svizzera confermano che Tradati non mente. E dimostrano che sui conti di Craxi, nel 1991, mentre l’amico Bettino imponeva la legge Mammì scritta su misura per la Fininvest, Berlusconi bonificava 23 miliardi di lire in più rate tramite la società occulta All Iberian. Nessuna risposta, invece, avranno le rogatorie del pool sugli altri tesori di Craxi: quelli gestiti da altri tre prestanome – Gianfranco Troielli, Mauro Giallombardo e Agostino Ruju – su conti e società fantasma fra Hong Kong, Singapore, Bahamas, Cayman, Liechtenstein e Lussemburgo. Tutti miliardi rimasti inaccessibili, almeno ai giudici. Chissà mai chi ci campa a sbafo da 26 anni.
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