Per dire come ogni accadimento
per gli umani non avvenga per volontà perversa del “cielo”. In fondo il “cielo”
è vuoto. È che giorno per giorno costruiamo la nostra “Storia” futura, ché “Storia”
ancor non lo è anche se stiamo lì a mettere assieme tutti i tasselli necessari
al suo inverarsi. Così come non avrebbe un “perché” alcuno la “Storia” dell’oggi,
senza quei tasselli messi maldestramente assieme, “Storia” della quale siamo
stati chiamati ad esserne testimoni in questo scorcio di secolo. Questa “memoria”
è di una domenica “agostana”, del 30 di agosto dell’anno 2009. Scrivevo: Punto ed a capo. Chiusa una spaventevole, opprimente
stagione – anche se la calura incombe ancora – il ritorno alle case ancora
infuocate ed alle cose proprie di tutti i giorni ripropone impietosamente i
problemi di sempre. È pur vero che le “veline”
e le “escort” – termine che ignoravo; ma non era la “escort” un modello d’auto Ford? -
hanno distolto l’attenzione del bel paese da ben più stringenti e gravi
problemi; hai voglia ad indirizzare altrove l’interesse o la poca attenzione spesso
inconcludente della cosiddetta “gente”,
poiché a distrarla bastano i reality show, con le marachelle e scorribande di un
satrapo impenitente; hai voglia a sollecitarne gli spiriti migliori; giunge
sempre un momento della vita in cui quella stessa “gente” deve pur cimentarsi con i problemi veri, quelli di sempre.
Una lettura fatta sotto la calura di questa estate mi ha aperto alla speranza.
Andando a memoria si diceva, in quella tale lettura, che nel decorrere tumultuoso
della storia, i vinti, gli annichiliti dal potente di turno, non avrebbero mai
sperato, nel loro tristissimo quotidiano, in una repentina caduta e scomparsa
degli spregevoli intrallazzatori del momento. Ed in quella lettura si faceva
riferimento preciso a quegli invincibili, come allora saranno sembrati alle
genti frastornate del vecchio continente, a quegli invincibili condottieri – si
fa per dire – che rispondono alla fattispecie di Hitler, del suo italico
compagno di merenda, e di Stalin. Di essi sopravvive oggigiorno solamente la traccia
indelebile delle loro malefatte e disfatte, a futuro perenne monito per la memoria e coscienza collettiva. Riconosco di
averla presa alla larga, ma sono confortato da quella speranza, che diviene
certezza nei momenti bui della vita, che alla fine a prevalere siano i vinti o
almeno i sopravvissuti dei vinti. Di seguito trascrivo una interessante lettura
della mia estate, lettura rubata ad un supplemento del quotidiano “la
Repubblica” a firma di Roberto Grande che è uno psicoterapeuta torinese ed autore
del libro “Il bambino di cioccolato”
di recente pubblicazione per i tipi Ponte alle Grazie (2009). Perché questa lettura? Abbandonate le
spiagge solatie i forzati della tintarella avranno modo di ritrovare i problemi
di sempre e nel caso specifico, della “terribilità” dei bambini o degli adolescenti
che dir si voglia. L’Autore ne tratteggia il problema con grande competenza,
evidenziandone gli aspetti negati o disconosciuti. Una lettura molto
interessante da consigliare a tutti i cosiddetti operatori scolatici o, meglio,
educatori: I bambini rischiano di
passare da vittime a bulli. E questo dipende soprattutto da una parola:
carestia. Una carestia di relazioni profonda, incisiva. In stato di bisogno, le
persone compiono atti che non appartengono alla loro indole e/o contrastano con
il loro senso morale. Nei bambini e negli adolescenti il meccanismo di
costruzione della personalità è ancora in divenire: immersi nella carestia
relazionale di oggi, sono a rischio costante. Il disagio e la sofferenza
possono tradursi in mutismo ed estraniazione come in violenza e bullismo. In
ribellione, anche violenta, o in forme meno eclatanti come lo scarso rendimento
scolastico e un generale atteggiamento di sfida nei confronti di insegnanti e
genitori. Salvo casi limite, di natura estremamente violenta, non esistono però
ragazzini cattivi. Si tratta di ragazzi spaventati da reazioni violente o da
chiusure, che i genitori considerano mal funzionanti. Quindi si rivolgono a noi
psicoterapeuti per aggiustarli. E puntualmente ti accorgi che il bambino che
picchia il compagno o aggredisce i genitori paga una mancanza, un deficit di
relazioni e apertura verso gli altri, genitori in primis. Per molti versi il
nostro è un mondo relazionale da Antico Testamento. Se cresce venendo
trascurato, prima o poi il figlio si ribellerà, butterà fuori la frustrazione e
i primi a intercettarla e subirla saranno il papà e la mamma. Occhio per
occhio, insomma. Nelle famiglie la ricerca di affermazione e successo
individuale c'è sempre stata. Ma mai così tanto a discapito dei figli come in
questo particolare momento storico. In passato c'era molta più attenzione alla
presenza: era parte dell'educare. Oggi la griglia di valori è diversa. Si deve
sempre essere impegnati. Siamo stati derubati del tempo, che è una condizione
emotiva, percettiva. Come diceva Pascal, non c'è male peggiore che non saper
stare fermi in una stanza. Ogni bambino, ogni ragazzino agisce per provocare
una reazione. Il guaio è quando il genitore percepisce i capricci come
aggressioni.
Altre volte i problemi sorgono perché, al contrario, il figlio approfitta di un eccesso di attenzioni, provoca ferite narcisistiche nei genitori e, inconsapevolmente, in qualche modo li ricatta. Considerando che siamo in un'epoca di Idiocracy, cioè caratterizzata dall'eccessiva semplificazione - banalizzazione emozionale e mentale - la via più efficace è la prevenzione, cioè avere cura e spendere energie per la salute e l'equilibrio della relazione. Ed è sempre più difficile: in uno spazio di vita tanto autoriferito, il genitore spesso si sente come se il figlio, aggressivo o viziato che sia, rubasse del tempo che non gli spetta.
Altre volte i problemi sorgono perché, al contrario, il figlio approfitta di un eccesso di attenzioni, provoca ferite narcisistiche nei genitori e, inconsapevolmente, in qualche modo li ricatta. Considerando che siamo in un'epoca di Idiocracy, cioè caratterizzata dall'eccessiva semplificazione - banalizzazione emozionale e mentale - la via più efficace è la prevenzione, cioè avere cura e spendere energie per la salute e l'equilibrio della relazione. Ed è sempre più difficile: in uno spazio di vita tanto autoriferito, il genitore spesso si sente come se il figlio, aggressivo o viziato che sia, rubasse del tempo che non gli spetta.
I bambini e gli adolescenti "immersi nella carestia relazionale di oggi, sono a rischio costante". La "carestia relazionale" è frutto dell'aridità emotiva che caratterizza la nostra società, dove si fa dell'efficienza una religione, dove si mira a realizzare ciò che è pragmaticamente utile, trascurando o escludendo alcuni aspetti essenziali della natura umana:la poesia della vita, la fantasia, l'incanto, il tempo perso, l'arte, le azioni senza finalità, l'imprevisto. L'essere umano oggi mira ad aderire a un modello socialmente accettato:quello della "persona che funziona"e, anche se pensa di metterci l'anima,in realtà l'anima resta fuori dalle priorità. È un modo di gestire la propria vita che è più simile a quello di una macchina e che poco o niente ha di veramente umano. Subentra inevitabilmente un modo di vivere caratterizzato dall'anaffettività che tanto nuoce alla crescita e alla formazione della personalità dei bambini e dei giovani. I sentimenti non sono in vendita, sono una dote interiore che va coltivata. Si sviluppano attraverso la costruzione delle relazioni emotive, dove il tempo dell'altro si fonde con il nostro. I genitori dicono di non avere tempo per stare con i propri figli e si ingannano, affermando di dare la "qualità" più che la quantità, ma i bambini hanno bisogno anche della quantità, di tempo solo per loro... Grazie, Aldo, per questo post eccezionale che appartiene alla sfera di quei problemi, che coinvolgono particolarmente la mia sensibilità, e buon lavoro.
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