"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi

"Il bruco (2017)". Foto di Aldo Ettore Quagliozzi
"Il bruco" (2017). Nikon Coolpix P900. Foto macro. Stato larvale della falena diurna "Macroglossum stellatarum" volgarmente detta "sfinge colibrì".

venerdì 23 marzo 2018

Lalinguabatte. 52 “Bullismo e quant’altro miseramente in cronaca”.


Propongo alla comune riflessione l’interessante corrispondenza “Il bullismo oggi” di Umberto Galimberti, corrispondenza letta – ed amorevolmente conservata - su di un supplemento del quotidiano “la Repubblica”. Sembra, su questo fronte, ovvero del bullismo in tutte le sue salse, che sia in corso un momento di tregua; tregua, suppongo, legata alle recenti defatiganti vicende elettorali. Concluse le quali non si farà molto attendere il ritorno su tutti i mass media delle bravate dei bulletti di turno con il conseguente pascersi ed il rivoltarsi compiaciuto dei mezzi della comunicazione non già sulle notizie in sé, liquidabili in pochissime battute, quanto sui risvolti più o meno pruriginosi ed urticanti per la libido del popolo astante. E mi trovo a pensare che “lor signori” di melloniana memoria , ovvero coloro che dispongono a piacimento dei mezzi della comunicazione, che comunica ma non informa, abbiano del popolo del piccolo schermo quel concetto tanto caro a quel signore che dicesi “unto”, sceso in campo per ispirazione ultraterrena, che molto candidamente ebbe a dire, osannato forse anche, che il telespettatore in fin dei conti presenta uno sviluppo cerebro-intellettivo di un dodicenne, di quelli non proprio svegli. Ed essendo tale la considerazione del popolo astante da parte di “lor signori”, di un popolo televisivo quasi lobotomizzato, diviene giocoforza necessario centellinare la comunicazione stessa nei suoi aspetti tematici: oggi il rumeno – o l’extracomunitario, di colore preferibilmente - con la sua voglia bavosa di stupro, domani l’uxoricida, e poi ancora un infanticidio, e perché no, ad un certo punto il ritorno trionfale dei bulletti e delle loro mirabolanti imprese. Bullismo di sempre verrebbe da dire col Pasolini migliore, con una grossissima novità dovuta proprio ai moderni mezzi della comunicazione; ovvero, degli effetti tragicamente pervasivi ed esasperatamente capaci di sviluppare al massimo il senso più primitivo della imitazione, al pari degli animali della più bassa scala evolutiva, senso della imitazione dovuto proprio ai moderni mezzi della comunicazione che accecano le menti al punto da spingere sino all’inverosimile la caparbietà e l’irresponsabilità dell’imitazione dei gesti più inconsulti se non folli, pur di accedere a quel momento veramente esaltante e vivificante che è divenuto l’essere solamente menzionati. È un pensiero terribilmente tragico appena esplicitato, solamente tragico. Non già l’essere, con tutto ciò che ne deriva in fatto di responsabilità e doveri di cittadinanza, quanto solo l’apparire, meglio ancora se sul piccolo schermo. Annotava il professor Galimberti (13 di marzo dell'anno 2007): Scrive Pasolini nelle Lettere Luterane (1976): “Sanno raffinatamente come far soffrire i loro coetanei, meglio degli adulti. La loro volontà di far soffrire è gratuita”. (…). …anche l'intervento dell'insegnante più dedito all'educazione dei soggetti più refrattari è scarsamente efficace se non si comprende cosa c'è alla base del bullismo che, come ci ricorda Pasolini, c'è sempre stato come eccesso dell'esuberanza giovanile. Oggi il fenomeno ha passato paurosamente il limite al punto da generare nei genitori angoscia, negli insegnanti impotenza, e nella società nel suo complesso disorientamento. Le ragioni vanno cercate nel fatto che siamo passati dalla “società della disciplina” dove ci si dibatteva nel conflitto tra permesso e proibito, alla “società dell'efficienza e della performance spinta” dove ci si dibatte tra il possibile e l'impossibile senza nessun riguardo e forse nessuna percezione del concetto di limite, per cui oggi siamo a chiederci: qual è il limite tra un atto di esuberanza e una vera e propria aggressione, tra un atto di insubordinazione e il misconoscimento di ogni gerarchia, tra le strategie di seduzione troppo spinte e l'abuso sessuale? E questo solo per fare degli esempi che dimostrano come le frontiere della persona e quelle tra le persone siano saltate, determinando un tale stato d'allarme da non sapere più chi è chi. Questa è la ragione per cui i giovani non si sentono mai sufficientemente se stessi, mai sufficientemente colmi di identità, mai sufficientemente attivi se non quando superano se stessi, senza mai essere se stessi, ma solo una risposta ai modelli o alle performance che la televisione e Internet a piene mani distribuiscono, con conseguente inaridimento della vita interiore, desertificazione della vita emozionale, insubordinazione alle norme sociali. Nel 1887, un anno prima di scendere nel buio della follia, Nietzsche annunciava profeticamente: - L'avvento dell'individuo sovrano riscattato dall'eticità dei costumi -.
Oggi, a cento anni dalla morte di Nietzsche, possiamo dire che l'emancipazione ha forse affrancato i nostri giovani dai drammi del senso di colpa e dallo spirito d'obbedienza, ma li ha innegabilmente condannati al parossismo dell'eccesso e dell'oltrepassamento del limite. Per cui genitori e insegnanti non sanno più come far fronte all'indolenza dei loro figli o dei loro alunni, ai processi di demotivazione che li isolano nelle loro stanze a stordirsi le orecchie di musica, all'escalation della violenza, allo stordimento degli spinelli che intercalano ore di ignavia. Tutti questi sintomi sono inscrivibili più come scrive il filosofo francese Miguel Benasayag “nell'oscurarsi del futuro come promessa che nell'affacciarsi di un futuro come minaccia”. La mancanza di un futuro come promessa arresta il desiderio nell'assoluto presente. Meglio star bene e gratificarsi oggi se il domani è senza prospettiva. O come il sociologo tedesco Falko Blask: - Meglio esagitati ma attivi che sprofondati in un mare di tristezza meditativa, perché se la vita è solo uno stupido scherzo dovremmo almeno poterci ridere sopra -. Questo significa che oggi i nostri ragazzi si trovano ad avere un'emotività carica e sovreccitata che li sposta dove vuole a loro insaputa, senza che un briciolo di riflessione, a cui non sono stati educati, sia in grado di raffreddare l'emozione e non confondere il desiderio con la pratica violenta per soddisfarlo. L'eccesso emozionale e la mancanza di raffreddamento riflessivo li portano a oscillare tra “lo stordimento dell'apparato emotivo”, attraverso quelle pratiche rituali che sono le notti in discoteca, o i percorsi della droga, o “il disinteresse per tutto”, messo in atto per assopire le emozioni attraverso i percorsi dell'ignavia e della non partecipazione che conducono all'atteggiamento opaco dell'indifferenza. Di fronte a questi ragazzi, che inconsciamente avvertono l'incertezza del futuro che li induce ad attardarsi in una sorta di adolescenza infinita, resta solo da dire a genitori e professori: non interrompete mai la comunicazione, buona o cattiva che sia, qualunque cosa i vostri figli o i vostri studenti facciano. A interromperla ci pensano già loro e, come di frequente ci dicono le cronache quotidiane, anche in maniera distruttiva.

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