Da “Siamo
rincoglioniti?” di Marco Travaglio, pubblicato su “il Fatto Quotidiano” del
9 di febbraio 2018: (…). Decine di sentenze, tutte disponibili sul web, ci dicono quanto
segue (in estrema sintesi, si capisce, perché la biografia criminale integrale
del personaggio occuperebbe un paio di Treccani). Nel 1973 B. comprò la sua
prima villa, quella di Arcore, raggirando Annamaria Casati Stampa, una povera
orfana per giunta assistita da Cesare Previti, pagandole una cifra ridicola,
per giunta in azioni di una immobiliare non quotata che non valeva una cicca.
Nel 1974 strinse un patto con Cosa Nostra tramite Marcello Dell’Utri e ingaggiò
un mafioso doc, Vittorio Mangano, per travestirlo da stalliere e portarselo in
casa come guardaspalle e tenerlo lì anche dopo che i carabinieri vennero due
volte ad arrestarlo. Nel 1978 si iscrisse a una loggia massonica segreta
deviata, la P2, poi sciolta dal Parlamento. Negli anni 80 accumulò un monopolio
fuorilegge nella tv commerciale, facendosi poi legalizzare l’illegalità da due
decreti Craxi, appena i pretori tentarono di fargli rispettare le regole. Intanto
mise in piedi un intero comparto riservato della Fininvest all’estero,
accumulando centinaia di miliardi di lire di fondi neri esentasse su 64 società
nei paradisi fiscali, con la consulenza dell’avvocato inglese David Mills. Con
quei fondi teneva a libro paga svariati politici (al solo Craxi e solo nel 1991
girò 23 miliardi di lire in Svizzera) e diversi giudici romani che gli
garantivano impunità e sentenze à la carte. Nel 1991 scippò a De Benedetti la
Mondadori, il primo gruppo editoriale che controllava Repubblica, Espresso,
Epoca, Panorama e vari giornali locali, grazie a una sentenza comprata dagli appositi
Previti&C.. Nei primi anni 90 la Guardia di Finanza stava per scoprire i
suoi reati fiscal-contabili e i suoi manager – ispirati chissà da chi –
pagarono quattro mazzette a ufficiali e sottufficiali perché chiudessero un
occhio. Poi andò al governo e, siccome stavano per arrestargli il fratello e
vari manager per le mazzette alle Fiamme Gialle, varò il decreto Biondi per
vietare le manette per corruzione. Siccome poi Mills doveva testimoniare ai
processi All Iberian e Gdf, nel 1999 gli ammollò 600 mila dollari in nero
perché mentisse ai giudici e – come scrisse lo stesso legale al suo
commercialista – lo salvasse “da un mare di guai”. Dal 2001 al 2006 tornò al
governo per farsi solo i cazzi suoi, con una raffica di leggi anti-giudici e
pro Mediaset. Ma qualche processo sopravvisse e allora lui, perse le elezioni
del 2006, cominciò a comprare senatori (il dipietrista De Gregorio venne via
per 3 milioni, di cui 2 in nero cash) per far cadere il secondo governo Prodi,
tornare al governo e liquidare le ultime pendenze. Nel 2008 andò al governo per
la terza volta e ricominciò. Poi saltò fuori il fiorente import-escort nelle
sue varie ville e lui finì nei guai perché almeno una delle bungabunga-girl,
Ruby, era minorenne, e lui aveva chiamato in Questura per farla rilasciare dopo
un fermo per furto, spacciandola per la nipote di Mubarak. Condannato in
tribunale, trovò in appello e in Cassazione giudici abbastanza spiritosi per
assolverlo, complice anche la legge Severino che aveva cambiato la concussione.
Intanto era così sicuro di essere innocente che iniziò a pagare una trentina di
ragazze, temendo che dicessero la verità (di qui i nuovi processi per
corruzione giudiziaria). Purtroppo gli andò male con la frode fiscale sui
diritti Mediaset (7,2 milioni di euro, a fronte della mega-evasione di 368
milioni di dollari prescritta dalla sua Cirielli). Così, dopo 8 prescrizioni e
5 assoluzioni perché s’era abolito i reati, nel 2013 arrivò la prima condanna
definitiva. Pregiudicato, espulso dal Senato e affidato ai servizi sociali
nell’ospizio di Cesano Boscone, col braccio destro Dell’Utri in galera per
mafia al posto suo e il braccio sinistro Previti condannato per corruzione
giudiziaria e radiato dai pubblici uffici al posto suo, pensava di essere
finito. Ma aveva sottovalutato gli odiati “comunisti”, sempre pronti a
resuscitarlo. E anche la generosità di centinaia di giornalisti e milioni di
italiani, che non sono affatto rincoglioniti. Anzi: sono come lui, o almeno vorrebbero
tanto.
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